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La lanterna di Mario: 66 anni dalla strage di Marcinelle

L'8 agosto 1956 A Marcinelle si consumò la più grande strage del lavoro e dell’emigrazione d’Europa: 262 uomini morirono nella miniera di carbone Bois du Cazier, la gran parte di loro erano italiani. Mario Ziccardi, un sopravvissuto, incontrò Matteo Renzi il 28 aprile 2017

di Michele Anzaldi

Charleroi-Marcinelle in Belgio pochi sanno dove sia e ancora meno sanno cosa accadde lì l’8 agosto 1956.
Anch’io sino ai trenta anni non sapevo bene cosa fosse successo. Sino a quando durante un improbabile viaggio in treno Roma-Bruxelles socializzai con un anziano signore, ex emigrato calabrese, che mi raccontò la storia della sua vita da emigrato e della tragedia di quel maledetto 8 agosto. A Marcinelle si consumò la più grande strage del lavoro e dell’emigrazione d’Europa: 262 uomini morirono nella miniera di carbone Bois du Cazier. Le vittime erano quasi tutte italiane, emigrati non in cerca della ricchezza ma di un lavoro, che se anche di una durezza estrema permetteva la sopravvivenza della famiglia.
Quasi 300 uomini bloccati a circa 1000 metri di profondità da un terribile incendio, le fiamme distruggono rapidamente gli ascensori e quindi le vie di risalita e uscita da quell’inferno.

La storia di questa toccante e tremenda tragedia è ritornata prepotentemente a scuotermi il 28 aprile del 2017. Matteo Renzi, impegnato nella battaglia congressuale del Pd, decise di chiudere la campagna con una visita a Bruxelles. Sembrava un’iniziativa come le altre se non fosse stato che ad un certo punto nella sala entrò un signore anziano, con una giacca da lavoro ed un casco da minatore. Era Mario Ziccardi, uno dei pochi minatori che si era salvato dal disastro di Marcinelle. Come tanti era arrivato in Belgio per lavorare in miniera nel 1955, e li era rimasto a lavorare sotto terra per decenni ed era soprattutto uno dei pochi montatori che si era salvato in quel terribile disastro. Disse che era venuto per salutare Renzi e augurare successo a colui che a suo avviso sarebbe dovuto diventare il prossimo segretario del Pd.

Un momento emozionante ed indimenticabile, e lo divenne ancora di più quando tirò fuori una vecchia lanterna di metallo da minatore e disse: Matteo, questa era la mia lanterna, il mezzo che ci permetteva di vivere laggiù a 1000 metri e che ci guidava nelle risalite di uscita, oggi l’ho portata per fartene dono.
La lanterna di Mario è lo strumento adatto per farci uscire al meglio da questa campagna elettorale, magari per tornare ad affidarci alla lanterna istituzionale di un altro Mario anche dopo il voto.

*deputato di Italia Viva


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