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Elezioni politiche: la violenza contro le donne resterà senza risposte?

Nell’ultimo anno sono state uccise 125 donne, più di una ogni 3 giorni. Timidamente, negli ultimi mesi, per la prima volta, qualcosa a livello legislativo sembrava si stesse muovendo per accrescere la protezione delle donne (e dei loro figli). Eppure, questo leggero fermento sembra scritto con l’inchiostro simpatico: la violenza di genere è al momento quasi del tutto assente nel dibattito elettorale. Speriamo che le proposte non finiscano in fondo al cassetto

di Sabina Pignataro

In un anno, tra il primo agosto 2021 e il 31 luglio 2022, sono state uccise 125 donne, in aumento rispetto alle 108 dei 12 mesi precedenti, in media più di una ogni 3 giorni. Lo certifica la relazione annuale in tema di criminalità e sicurezza che il Ministero dell’Interno pubblica ogni anno il 15 agosto.

«Lo Stato italiano è inadeguato nella tutela delle donne che denunciano», come osservato già dal GREVIO l’organismo indipendente del Consiglio d’Europa che monitora l’applicazione della Convenzione di Istanbul), come ripetono da anni i Centri Antiviolenz e come rilevato diverese volte dalla Corte Europea Dei Diritti Dell’uomo.

Negli ultimi mesi, la Commissione d’Inchiesta sul Femminicidio, presieduta dalla senatrice Valeria Valente, ha indagato più direttamente le disfunzioni del sistema giudiziario italiano in relazione alla violenza contro le donne, tenrando di mettere a fuoco come viene affrontata la violenza domestica dal sistema giudiziario; come viene trattato a livello giuridico il femminicidio e quali sono le dimensioni del fenomeno della vittimizzazione secondaria nei procedimenti davanti ai tribunali civili e per i minorenni.

Nonostante tutto questo fermento, e il fatto che per la prima volta qualcosa sembrava si stesse (timidamente) muovendo a livello legislativo, la violenza alle donne è al momento quasi del tutto assente nel dibattito elettorale. Mancano programmi credibili e attuabili, che agiscano per arrivare all’eliminazione della violenza maschile alle donne.

Le proposte da non cacciare in fondo al cassetto

Eppure, molto, moltissimo, resta ancora da fare. Dal punto di vista dell'attività di Governo, in sospeso, in particolare, ci sono alcune proposte rilevanti. Sarebbe un peccato che finissero in fondo al cassetto. Eccole:

  • l’approvazione della legge che riguarda l’introduzione delle molestie sessuali come fattispecie di reato a se stante (Ne avevamo scritto qui)
  • la modifica del reato di stupro, per introdurre il concetto di consenso e spostare sull’autore della violenza l’onere di provare di aver ottenuto un consenso chiaro al rapporto sessuale, mentre ora è la donna che ha subito violenza che deve dimostrare che il rapporto sessuale è stato imposto “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità”.
  • Sul tavolo anche il Ddl presentato dalle ministre Bonetti, Carfagna, Cartabia, Gelmini e Lamorgese, che avrebbe permesso di ricorrere con più facilità alle misure cautelari contro la violenza maschile e al loro controllo con il braccialetto elettronico, rafforzando in maniera significativa la protezione delle donne e dei loro figli, in particolare dopo una denuncia, quando più alto è il rischio di un’escalation della violenza.
  • Resta fuori anche il Ddl teso a impedire che uomini maltrattanti e violenti possano continuare a vedere i loro figli. (Ne avevamo scritto qui)

Positivo però che la legge 5 maggio 2022 n. 53 sulle statistiche in materia di violenza di genere abbia introdotto l’obbligatorietà di raccogliere e pubblicare ogni 3 anni una serie di dati sulla violenza di genere, per ottenere finalmente un quadro chiaro delle dimensioni del fenomeno (Ne avevamo scritto qui)

Le richieste di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza

«Delle tante domande che sono ancora senza risposta, chiediamo ai partiti: come pensano di risolvere una situazione legislativa complessa, sapendo che solo il 28% delle donne accolte dai Centri antiviolenza è disposto ad affrontare il percorso con la Giustizia, che a volte comporta una vittimizzazione istituzionale?», si chiede Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. « E quanto dovremo ancora aspettare perché l’attività di formazione per le Forze dell’Ordine, per la magistratura, per assistenti sociali, psicologi e medici, per il corpo docente delle scuole di ogni ordine e grado diventi obbligatoria?».

D.i.Re reclama risposte su punti salienti dalle forze politiche che si propongono per il governo del Paese,

1. Come pensano di affrontare, in modo sistemico, il fenomeno della violenza maschile alle donne?
Sappiamo bene, e da tempo, che la violenza alle donne è un fenomeno strutturale, basato su radici culturali profonde. Senza un intervento sistemico e sistematico, è impossibile portare avanti un cambiamento abbastanza forte da radicarsi nella società.

2. Quali interventi formativi sono previsti, nei programmi elettorali, per rafforzare la conoscenza del fenomeno della violenza e, finalmente, eliminare gli approcci sessisti e stereotipati presenti tra gli operatori che a vario titolo si occupano di violenza?
A partire dalle condanne inflitte allo Stato italiano da vari organismi internazionali e con il coinvolgimento dei centri antiviolenza, è fondamentale creare un sistema formativo che sappia eliminare il problema della vittimizzazione secondaria, contribuendo a creare un nuovo sistema culturale, anche coinvolgendo le istituzioni scolastiche.

3. Quali azioni sono previste per garantire alle donne il diritto al lavoro e a una equa retribuzione? Quali sono le strategie programmatiche sul lavoro femminile?
Durante il primo anno di pandemia, oltre il 70% dei posti di lavoro persi ha riguardato le donne lavoratrici che – quando riescono a lavorare – si trovano ancora in condizioni di svantaggio retributivo rispetto ai colleghi uomini. Questa condizione favorisce la permanenza nei rapporti segnati dalla violenza, anche a causa delle insufficienti capacità economiche per affrontare nuove condizioni di vita.

4. Quali sono i programmi che daranno modo alle donne di gestire le loro risorse senza subire ulteriore violenza economica?
Ancora oggi molte donne non sono titolari di conto corrente, rischiano di essere incentivate a lasciare ai compagni la gestione anche del loro patrimonio e restano esposte, in caso di violenza economica a condizioni debitorie con conseguenze di lunga durata. I sostegni economici per i carichi di famiglia, previsti per legge, in caso di separazione o divorzio vengono riconosciuti paritariamente a uomini e donne senza considerare le diverse condizioni di ciascun coniuge o genitore. I già scarsi assegni di mantenimento riconosciuti dai tribunali, ove non pagati, non vengono anticipati dallo Stato, come avviene in altri Paesi europei.

5. Quali sono i programmi che metteranno in atto per garantire alle donne di diritti sessuali e riproduttivi?
In uno Stato che non garantisce l’attuazione di una legge come la 194, quali sono le politiche per ovviare alla diffusione dell’obiezione di coscienza che in alcune regioni arriva al 100%? Quale tra le forze politiche in campo si impegna a una corretta e continuativa attività di educazione relazionale e sessuale nelle scuole?

6. Quali programmi sono stati pensati per garantire ai Centri antiviolenza finanziamenti strutturali, che consentano loro di programmare attività di medio e lungo termine a favore delle donne che richiedono il loro supporto?
Senza la garanzia di finanziamenti costanti, le attività dei Centri antiviolenza non potranno mai arrivare a rispondere a tutte le richieste di supporto delle donne.

Foto in apertura, European Institute for Gender Equality (EIGE)


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