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Testamento solidale, le voci di chi lo ha fatto

Nella Giornata Internazionale del Lascito Solidale, che si celebra il 13 settembre, ecco le storie di tredici persone che hanno già fatto la loro scelta scrivendo un testamento solidale. Una guida per sapere cos'è e come si fa

di Sara De Carli

Ci sono tanti modi per festeggiare i 50 anni: Simone lo ha fatto depositando dal notaio un lascito a favore di Ail, l’associazione italiana contro leucemie, linfoma e mieloma. «A cena la sera del mio compleanno ho rivelato alla mia famiglia la mia scelta, spiegandone le ragioni», racconta. «Certe scelte non si fanno solo in punto di morte: se sono frutto di un vero convincimento, non ha senso aspettare». L’incontro tra Simone e Ail risale a vent’anni fa, quando Laura, la sua compagna, si ammala di leucemia mieloide acuta. La malattia se la porta via giovanissima, poco prima di compiere 23 anni. «I volontari di Ail ci hanno aiutato tanto. Poi ho cominciato anch’io a partecipare ai banchetti delle Stelle di Natale Ail e ad organizzare alcuni spettacoli». L’obiettivo era quello di «aiutare chi stava passando la stessa esperienza vissuta con Laura». Un giorno poi, assolutamente per caso, mentre è nello studio del notaio per la compravendita di un garage, sul tavolino vede una brochure di Ail sul testamento solidale: «C’era una frase sull’avere milioni di eredi che ho subito riconosciuta come vera. Non voglio che alla fine della mia vita quello che resta di me siano solo dei soldi o delle proprietà. Voglio lasciare un segno e continuare a essere vicino a chi ha sofferto come ho sofferto io. Ora sono sereno, perché so che riuscirò a farlo».

Sono diventato volontario Ail per aiutare chi stava passando la stessa esperienza vissuta con Laura. L'idea del testamento poi è arrivata per caso, mentre ero dal notaio per altro. Non voglio che di me restino solo dei soldi. Voglio lasciare un segno e continuare a essere vicino a chi ha sofferto come ho sofferto io.

Simone, 50 anni

Quella di Simone è una delle testimonianze che Vita ha raccolto nello speciale VITA PLUS dedicato ai testamenti solidali, realizzato in partnership con il Comitato Testamento Solidale e scaricabile gratuitamente dal sito di vita.it: 48 pagine per scoprire tutto sui lasciti solidali, cosa sono e come si fanno, perché per le organizzazioni non profit sono tanto importanti, le risposte dei notai alle principali FAQ, ma soprattutto 13 interviste a persone che hanno già scritto il loro testamento solidale e il racconto di 12 interventi già realizzati.

Il lascito solidale – di cui oggi si celebra la Giornata Internazionale – è uno strumento che si sta sempre più diffondendo anche in Italia grazie a un cambiamento culturale che ora vede il testamento solidale come l’opportunità di proseguire il proprio impegno solidale anche quando non ci saremo più, la voglia di dare un contributo positivo a cambiare “un pezzetto di mondo”. Per le organizzazioni è uno strumento diventato ormai fondamentale, perché permette di pensare in grande, di fare un salto di crescita, di realizzare progetti più grandi e impegnativi rispetto al “day by day” che solitamente viene coperto da altre entrate.

Quando Dalla morì, al suo compagno non andò molto, perché non c'era un testamento. Io e mio marito Nicola pensammo che avremmo dovuto fare qualcosa per evitare che una simile ingiustizia capitasse anche a noi, dopo più di 25 anni di vita insieme. Ho fatto testamento e ho scelto di destinare una parte dei miei beni a Unicef, per contrastare l'enorme disuguaglianza che c'è tra chi nasce qui e chi nasce nella parte di mondo svantaggiata

Mauro, 69 anni

Un’altra bella testimonianza che fa capire cosa muove le persone a fare una scelta del genere è quella di Mauro, che ha deciso di fare testamento nel 2012, alla morte di Lucio Dalla: «Da Bolognese ero scosso e anche infastidito dal fatto che i suoi famigliari stessero litigando per accaparrarsi l’eredità. Al suo compagno non andò molto, perché Dalla non aveva fatto testamento. Io e mio marito Nicola pensammo che avremmo dovuto fare qualcosa per evitare che una simile ingiustizia capitasse anche a noi, dopo più di 25 anni di vita insieme». Mauro ha 69 anni e da venti è volontario di Unicef: è stato in missione in Benin e Niger, dove ha toccato con mano i progetti dedicati alla cura dei bambini sieropositivi e denutriti. Nel testamento così ha scelto di destinare una parte della propria eredità a Unicef: «Noi non abbiamo avuto figli, ma i bambini hanno sempre fatto parte della mia vita, dato che sono stato per molti anni dirigente di un istituto di ricerca dedicato allo studio dello sviluppo neurologico nello zero-sei anni, e ancora prima, maestro in una scuola elementare e preside. Era normale perciò che la mia eredità fosse indirizzata verso coloro che si prendono cura dei più piccoli e si impegnano a contrastare l’enorme disuguaglianza che c’è tra chi è nato nella parte del mondo svantaggiata e noi».


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