Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Festeggiare il compleanno di Gandhi a Kiev

Il 2 ottobre è la Giornata internazionale della Nonviolenza. Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento racconta il paradosso di celebrarla a Kiev, dove si trova con la Carovana di pace “Stop The War Now”, insieme agli attivisti ucraini. «Gli obiettori di coscienza ucraini e quelli russi, che stanno pagando di persona la loro opposizione alla guerra, sono la speranza, la luce nelle tenebre in cui stiamo vivendo»

di Mao Valpiana

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fissato al 2 ottobre, nascita di Gandhi, la Giornata internazionale della Nonviolenza. È paradossale celebrare questa data a Kiev, in un paese in guerra, dove vige la legge marziale. Siamo qui in Ucraina da una settimana con la Carovana di pace “Stop The War Now”, guidata da Un Ponte Per e dal Movimento Nonviolento.

Kiev è una bellissima città, la vita in apparenza scorre normalmente, ma la tensione è palpabile specialmente quando si scende nella metropolitana: la gente è silenziosa, assorta nei propri pensieri (mentre scrivo è risuonata la sirena dell’allarme aereo). Siamo nella capitale di una terra che sta subendo un’aggressione e che ha reagito militarmente. In una zona centrale, nel giardino botanico chiamato “oasi della pace”, c’è una grande statua di Gandhi, donata due anni fa dall’ambasciata indiana a Kiev. Ci siamo trovati lì con i rappresentanti del Movimento Pacifista Ucraino, nonviolenti italiani e ucraini per rilanciare il messaggio della nonviolenza come unica alternativa alla logica della guerra.

L’attualità di Gandhi è straordinaria. Le sue parole di ottant’anni fa sembrano pronunciate oggi: «La Russia ha un dittatore che sogna la pace e crede di riuscire ad ottenerla versando fiumi di sangue. Nessuno può dire quali effetti avrà sul mondo la dittatura russa»; e ancora: «la causa della libertà diventa una beffa se il prezzo che si deve pagare per la sua vittoria è la completa distruzione di coloro che devono godere della libertà». È quello che sta accadendo con la minaccia nucleare che pende sulle teste degli ucraini. Infatti, quando la parola “pace” diventa sinonimo di “vittoria”, e la parola “difesa” diventa sinonimo di “odio”, allora siamo già entrati in un vicolo cieco.

Il cuore della nonviolenza gandhiana è l’obiezione di coscienza: non collaborare con il male, rifiutare il metodo di rispondere con la violenza alla violenza, e praticare il metodo alternativo di rispondere al male con il bene. Vale sul piano personale, ma anche su quello politico. Per questo Gandhi insisteva moltissimo sul metodo: «Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto». E aggiungeva: «Abbiate cura dei mezzi e i fini si realizzano da soli». Questo si applica anche nel difficile terreno del conflitto: «Voi volete eliminare il nazismo, ma non riuscirete mai ad eliminarlo con i suoi stessi metodi». Non significa rinunciare alla difesa, accettare la resa, ma al contrario difendersi con uno strumento che ci permetta di uscire dalla spirale della guerra, che non faccia diventare la vittima uguale al carnefice. È la via della difesa civile, non armata, nonviolenta, quella che Gandhi ha applicato con successo.

«Le armi non portano mai la pace», ha detto Papa Francesco in piena sintonia con il Mahatma. Possono portare a imporsi nel conflitto, questo sì, e tante volte è accaduto nella storia, ma non possono “fare la pace”, cioè costruire le condizioni di convivenza per cui non possa rigenerarsi la spirale di una nuova guerra di vendetta.

Sono queste le riflessioni che abbiamo sviluppato con gli amici nonviolenti di Kiev.

La Carovana ha l’obiettivo di gettare ponti e costituire reti tra tutti quei soggetti, laici e religiosi, che si pongono il problema della convivenza tra diversi, del rispetto del pluralismo linguistico e culturale, del sostegno anche psicologico alle vittime della violenza e della guerra.

Proprio da Kiev abbiamo rilanciato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per sostenere le spese legali e processuali degli attivisti ucraini sotto inchiesta e sostenere il loro prezioso lavoro di costruzione della pace. Gli obiettori di coscienza ucraini e quelli russi, che stanno pagando di persona la loro opposizione alla guerra, sono la speranza, la luce nelle tenebre in cui stiamo vivendo.

* Presidente del Movimento Nonviolento; Carovana “Stop The War Now”

In foto, La Carovana Stop The War Now con i pacifisti ucraini davanti alla statua di Gandhi a Kiev


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA