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Sanità & Ricerca

Salute mentale, al via una rete “sentinella” per monitorare i bisogni

L'Istituto Superiore di Sanità dà il via a una rete “sentinella” per monitorare i bisogni legati alla salute mentale. Diminuiscono nel nostro Paese le persone prese in carico dai servizi dedicati alla salute mentale (complice, negli ultimi due anni, la chiusura di alcuni servizi convertiti temporaneamente in reparti Covid-19); calano anche le dimissioni dalle strutture residenziali; si intravedono, tuttavia, segnali di progressiva uscita dei servizi dall’emergenza pandemica

di Sabina Pignataro

Diminuiscono nel nostro Paese le persone prese in carico dai servizi dedicati alla salute mentale: erano 164 ogni 10 mila residenti nel 2019, 143 nel 2020, 125 nei primi sei mesi del 2021, complice, negli ultimi due anni, la chiusura di alcuni servizi convertiti temporaneamente in reparti Covid-19. Calano anche le dimissioni dalle strutture residenziali: nel primo semestre del 2021, quasi nessuno è stato dimesso. Si intravedono, tuttavia, segnali di progressiva uscita dei servizi dall’emergenza pandemica, con l’aumento delle visite psichiatriche e psicologiche tra gennaio e giugno 2021. Incrementati anche gli interventi da remoto o in modalità mista che nell’emergenza hanno consentito di mantenere la continuità assistenziale.

E’ questa la fotografia scattata dall’indagine del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’ISS, con il supporto del Ministero della Salute. Indagine che, grazie al finanziamento dello stesso Ministero, ha dato avvio alla costituzione di una rete permanente di Dipartimenti di Salute Mentale (DSM): una rete “sentinella” mirata al monitoraggio tempestivo dei bisogni di salute per aiutare i decisori pubblici nelle scelte di programmazione sanitaria, anche oltre l’emergenza SARS-CoV-2.

La ricerca ha coinvolto 37 DSM di 16 Regioni equamente distribuiti sul territorio italiano e si è articolata nel monitoraggio mensile dei servizi di salute mentale in corso di pandemia SARS-CoV-2. Con un focus su alcuni indicatori di attività dei servizi e sulle loro variazioni nel tempo e nelle diverse aree geografiche, quali: la dotazione e le tipologie di personale, le attività ospedaliere, residenziali e semiresidenziali e le prestazioni dirette alla persona inclusi gli interventi da remoto.

“La nostra analisi restituisce una fotografia dei DSM nei primi sei mesi del 2021 alle prese con carenze croniche precedenti il periodo emergenziale, sia in termini di risorse umane che economiche, e di fronte al prevedibile aumento della domanda di cura in seguito all’impatto della pandemia – dichiara Gemma Calamandrei, Direttrice del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’ISS -. Proprio da questa indagine muove i primi passi una rete “sentinella” di DSM che verrà consolidata attraverso la formazione degli operatori nel campo dell’epidemiologia clinica e lo sviluppo di una piattaforma digitale per la raccolta dei dati sul funzionamento dei servizi, che saranno in tal modo maggiormente coinvolti nella definizione e nella valutazione di indicatori di qualità dell’assistenza. Occorre, infatti ripartire dai servizi territoriali per arrivare a una salute mentale di comunità”.

I principali risultati dell’indagine conoscitiva

  • Diminuiscono gli utenti trattati, confermando un andamento già osservabile in base ai dati del Sistema informativo sulla salute mentale (SISM) a partire dal 2017. In particolare tale prevalenza (per 10.000 residenti ≥ 18 anni) era del 164,5 nel 2019, del 143,4 nel 2020 e cala al 125,4 nel primo semestre del 2021; a questa tendenza, che segnala una diminuzione costante negli ultimi anni nel ricorso delle persone con sofferenza mentale ai servizi, hanno contribuito significativamente la chiusura di alcuni servizi convertiti temporaneamente in reparti Covid-19, nonché la maggiore difficoltà di accesso alle strutture sanitarie durante i picchi dell’epidemia.

  • Diminuiscono le dimissioni da strutture residenziali, un dato già presente nei dati SISM nel 2020 rispetto al 2019 ma ulteriormente accentuata nei primi sei mesi del 2021; questa riduzione del turnover degli ospiti suggerisce che queste strutture possano funzionare più da “case per la vita” che da tappe di un più articolato itinerario riabilitativo.

  • Aumentano progressivamente gli interventi da remoto o comunque le modalità ibride di presa in cura, che nell’emergenza hanno consentito di mantenere la continuità assistenziale: l’emergenza ha di fatto legittimato l’impiego della modalità terapeutica a distanza nel campo della salute mentale. Quello della cosiddetta telepsichiatria è un territorio ancora largamente inesplorato che merita grande attenzione attraverso un adeguato monitoraggio degli esiti.

  • Aumentano, in generale, le visite psichiatriche e psicologiche dal gennaio al giugno 2021, segnalando così la progressiva uscita dei servizi dall’emergenza pandemica.

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