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Economia & Impresa sociale 

Social Enterprise Open Camp, le imprese che generano servizi e sostenibilità

Il “Social Enterprise Open Camp”, promosso da Fondazione Opes-Lcef e Consorzio Nazionale CGM, si è svolto dal 21 al 24 ottobre tra Bari e Matera per riflettere su come tecnologia e innovazione digitale possono essere generatori di impatto sociale e ambientale. Un’occasione di dialogo e confronto tra imprenditori sociali, mondo della finanza d’impatto, fondazioni

di Emiliano Moccia

Il drone si alza in volo per andare a caccia di zanzare. Le cerca soprattutto nelle zone paludose ed una volta intercettate spruzza gli insetticidi per eliminare le larve, in modo da colpire le responsabili del proliferare della malaria, che in Rwanda colpisce ancora milioni di persone. «E’ il merito della tecnologia messa al servizio della comunità, che attraverso i droni permette di prevenire e contrastare i casi di questa malattia». Mamy Ingabire è amministratrice delegata di Charis, un’impresa sociale che «proprio attraverso l’utilizzo di questi sofisticati apparecchi supporta le istituzioni pubbliche affinché adottino soluzioni intelligenti per il bene delle persone e dei territori. I droni di agricoltura di precisione, per esempio, permettono agli agricoltori di migliorare il loro raccolto attraverso tutte le informazioni raccolte e poi diffuse». Quella condivisa da Mamy Ingabire è una delle esperienze che raccontano come la tecnologia può diventare uno strumento efficace per garantire a tutti la possibilità di accedere a prodotti e servizi, migliorare la vita delle persone, aumentare le prestazioni e il valore delle imprese sociali, trovare soluzioni utili per sopperire a carenze strutturali.

Perché la terza edizione del “Social Enterprise Open Camp” aveva come tema proprio questo: Tech for change & social impact. La tecnologia e l’innovazione digitale possono essere generatori di impatto sociale e ambientale? A seguire i vari interventi, i panel ed i momenti di confronto che hanno animato le giornate di Bari e Matera, sembrerebbe proprio di sì. Ideato e promosso da Fondazione Opes-Lcef e Consorzio Nazionale CGM, con il sostegno di numerosi partner pubblici e privati, l’evento anche quest’anno ha rappresentato una grande occasione di formazione, dialogo, confronto tra imprenditori sociali, mondo della finanza d’impatto, fondazioni e grandi corporate, alla ricerca di nuovi linguaggi e nuovi modelli di economia capaci di generare profitto e allo stesso tempo trovare soluzioni alle grandi sfide planetarie. Anche per questo, i promotori hanno scelto di portare il SEOC nel Sud Italia, con l’apertura dei lavori a Bari e il resto degli eventi a Matera, con la finalità di mettere il mondo delle imprese in dialogo costruttivo sud-sud e nord-sud.

Di conseguenza, gli ospiti e le riflessioni scaturite hanno contribuito ad ispirare i partecipanti, ad approfondire l’importanza e la necessità di sviluppare l’innovazione tecnologica nell’impresa sociale senza per questo perdere di vista obiettivi e profitti. E’ il caso dell’idea illustrata da Elodie Draperi, amministratrice delegata di GiveVision, che «ha utilizzato la tecnologia al servizio delle persone con disabilità visiva. Il dispositivo portatile che abbiamo realizzato» spiega Draperi «aiuta la loro visione, migliora la loro vita e può essere usato anche allo stadio, ai concerti, in diversi eventi». Si tratta, infatti, di occhiali elettronici che consentono ai pazienti con i casi più gravi di perdita della vista incurabile di vedere di nuovo proiettando un video del mondo reale nella parte funzionante della retina.

Jordina Arcal Cunillera, invece, ha condiviso l’innovazione ideata da MJN Neuro, di cui ricopre il ruolo di amministratrice delegata. «Mia figlia soffriva di crisi epilettiche da quando aveva l’età di 7 anni e non sapevamo mai quando sarebbe arrivata la nuova crisi. Abbiamo quindi lavorato per trovare una soluzione. E’ stato un percorso difficile, ma alla fine abbiamo trovato la soluzione con un auricolare che consente di avvisare quando potrebbe avvenire la crisi epilettica. In questo modo» spiega Cunillera «possiamo mettere al sicuro la persona che soffre di crisi epilettica, aiutare i medici a prescrivere la giusta terapia anche grazie ai report he forniamo».

In questo quadro di interventi innovativi da parte dell’impresa sociale, dunque, diventa importante anche la capacità di saper intercettare finanziamenti per realizzare i propri obiettivi. Ed uno dei problemi rilevati è che non sempre il mondo della finanza e delle banche sostengono le domande delle donne imprenditrici. «Noi lottiamo per l’inclusione finanziaria. Dobbiamo far crescere il settore aziendale femminile, aiutarle ad accedere al credito delle banche» interviene Andia Chakava, Investment Director Graca Machel Trust.

«Noi viviamo una sfida continua, tra cui quella del gender gap. Abbiamo una piattaforma che può cambiare questa situazione. Con il gender lens investement noi consideriamo queste barriere quando valutiamo l’impatto, la gestione del portfolio, in modo da rendere il settore più equo». Per Chakava non ci sono dubbi: «Tante donne hanno deciso di auto escludersi perché sanno che le banche non concederanno loro un prestito. Molte donne si sono messe in comune, hanno scelto di finanziarsi tra loro all’interno del gruppo di donne. L’imprenditoria riveste un ruolo fondamentale per creare lavoro nel nostro continente. È la posta in gioco più importante nel nostro continente».

Anche per questo, diventa sempre più essenziale per chi decide di sostenere idee progettuali attraverso i propri capitali, capire il messaggio che c’è dietro una proposta, andando al di là del solo aspetto economico. «Dopo la crisi provocata dal Covid-19, abbiamo particolarmente considerato l’investimento a impatto per aumentare l’effetto del nostro contributo» aggiunge Alberto Anfossi, Segretario Generale di Fondazione Compagnia di San Paolo. «Questa situazione ci ha fatto riflettere sull’effetto di ricaduta di quel capitale che viene da noi finanziato. E’ importante accompagnare l’azienda nel tempo per capire come evolve il progetto». La riflessione su dove e come cercare i giusti finanziamenti per la propria impresa sociale, coinvolge anche Cardenia Casillo, managing director di Fondazione Vincenzo Casillo: «Abbiamo osservato il territorio per capire quali fossero bisogni e necessità di singoli e enti del terzo settore: abbiamo capito che il problema non era solo la mancanza di fondi, ma anche un forte gap di competenze. Abbiamo deciso di non essere solo un ente erogativo, ma anche una realtà capace di fornire quelle conoscenze di cui il Sud ha molto bisogno, a partire dalla scuola. Pensiamo che l’imprenditoria anche nei prossimi anni o diventa impresa sociale o non ha senso, perché anche rispetto alle emergenze che viviamo dobbiamo tenere sempre conto della sostenibilità ambientale e sociale».

A riguardo, il professor Mario Calderini del Politecnico di Milano, rilancia la necessità «di riflettere sul rapporto tra sostenibilità e obiettivo. Innovazione e sostenibilità sono sinonimi: l’innovazione può aiutare a raggiungere l’obiettivo. La tecnologia ci aiuta a vivere meglio, ma la verità è che ci sono tante innovazioni senza senso. Dobbiamo ripensare l’innovazione, dobbiamo dare un mercato al futuro». Fino alla giornata di ieri, quindi, 60 tra speaker, esperti di imprenditoria knowledge advisor e imprenditori sociali, 12 workshop leader e oltre 250 partecipanti provenienti da tutti i continenti del mondo, sono stati i protagonisti di un’esperienza formativa intensiva, immersiva e residenziale che guarda già al futuro e all’edizione del prossimo anno, con la consapevolezza che le imprese sociali saranno in grado di affrontare le sfide del mercato garantendo sostenibilità, impatto nei territori, occupazione e inclusione sociale e lavorativa.