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Bergamo & Brescia: la capitale della cultura punta sulla cura

Dialogo con Laura Castelletti, vicesindaca di Brescia e Nadia Ghisalberti, assessora alla Cultura di Bergamo. Castelletti: «Abbiamo lavorato molto sull’identità e sull’orgoglio, intesi come capacità di conoscere sé stessi per essere più inclusivi e accoglienti». Ghisalberti: «La cultura deve essere prima di tutto cultura integrata, le politiche culturali, sociali e urbanistiche non possono essere pensate separatamente»

di Fadia El Hazaymeh

Bergamo e Brescia, le due città lombarde che hanno pagato il prezzo più alto di una pandemia devastante, rinascono nel 2023 come Capitale italiana della Cultura. Un obiettivo che le amministrazioni comunali perseguivano da diverso tempo, nonostante l’evidente complessità di unire due città in una sola capitale. L’idea di candidarsi insieme nasce proprio dalla sofferenza condivisa durante il Covid, come spiega la vicesindaca di Brescia, Laura Castelletti: “dovevamo uscirne insieme, trovare insieme la soluzione a questa crisi e pensare alla cultura come a un collante di comunità ci è sembrata un’ottima opportunità di crescita condivisa. La pandemia ci ha insegnato che da soli non si va da nessuna parte.” Un’unione e una solidarietà che viene da tutta Italia: le altre città candidate Capitale alla Cultura 2023 hanno scelto volontariamente di rinunciare al titolo, riconoscendo a Bergamo e Brescia la l’opportunità di riscattarsi, attraverso la cultura, di rinascere e crescere come comunità coesa. “Non è un risarcimento, ma una sfida che accogliamo volentieri: dobbiamo prendere consapevolezza delle potenzialità culturali delle nostre città. Abbiamo lavorato molto sull’identità e sull’orgoglio, intesi come capacità di conoscere sé stessi per essere più inclusivi e accoglienti, d’altronde quando sai chi sei, fai meno fatica anche ad essere un luogo aperto e noi dobbiamo esserlo, considerando che a Brescia un cittadino su quattro è di origine straniera e abbiamo 146 etnie diverse”, continua Castelletti.

Un percorso diverso rispetto all’iter tradizionale, quello che ha visto coinvolte le due città lombarde: il parlamento ha espresso all’unanimità la volontà di assegnar loro il titolo di Capitale della Cultura 2023 ed è proprio da questa fiducia e solidarietà che le amministrazioni comunali hanno deciso di non affidarsi ad una programmazione “dall’alto” di un direttore artistico, come avviene di solito, ma di coinvolgere in un confronto aperto tutti gli stakeholders possibili. Sono stati creati dei tavoli di confronto in cui, attorno alla cornice tematica del “crescere insieme”, associazioni e istituzioni hanno lavorato congiuntamente per far emergere “dal basso” le peculiarità culturali dei due territori, dando vita a quattro aree tematiche principali: la cultura come cura, il rapporto tra città e natura, i tesori nascosti (Bergamo e Brescia come città da scoprire) e la città illuminata (intesa come visionaria e innovativa). Un lavoro di coprogettazione molto complesso, che ha riconosciuto un ruolo importante anche al terzo settore, sempre presente ai tavoli, insieme al privato, alle amministrazioni e alle associazioni culturali.

“La coprogettazione è stato il nostro metodo di lavoro: collaborare, confrontarsi, scambiarsi buone pratiche e punti di vista è fondamentale per crescere insieme e imparare reciprocamente. Il risultato finale è stato un racconto corale dei due territori che sono diventati davvero un’unica capitale, con progetti condivisi e delle reti solide e resilienti, fondamentali per resistere a qualsiasi crisi, come ci ha insegnato la pandemia”, afferma Nadia Ghisalberti, assessora alla cultura del comune di Bergamo. La cultura diventa la spinta ideale per ricostruirsi, la rigenerazione urbana e sociale necessaria per pensare nuovamente al futuro. È proprio da questi tavoli di confronto che nasce l’idea della cultura come cura, un legame insolito ma molto interessante, come spiega Ghisalberti: “la cultura deve essere prima di tutto cultura integrata, le politiche culturali, sociali e urbanistiche non possono essere pensate separatamente. È quello che si chiama welfare culturale: più le persone partecipano alla vita culturale della loro città, più benessere viene percepito, sia dal singolo che dalla comunità. Il patrimonio storico non ha solo valore artistico in sé: è fondamentale il legame che i cittadini creano con questo patrimonio, con i grandi edifici storici della città, perché questo significa riconoscersi nel proprio territorio ed essere coesi, e questo vale soprattutto per i nuovi cittadini”. Dalla “cure” alla “care”, è questo che cercano di fare le due città lombarde: non solo “curare”, come hanno dovuto necessariamente fare durante la pandemia, ma “prendersi cura” dei cittadini, rendendoli parte di una rete sociale fondamentale per ricominciare.

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La cultura, quindi, come senso di appartenenza ad una comunità, che vive e si nutre di reti e relazioni, un tessuto umano che avvicina sconosciuti dello stesso quartiere allontanando il senso di smarrimento che gli anni scorsi hanno inevitabilmente portato nelle nostre città. Un tema sul quale le due città lombarde lavorano già da molto tempo, con bandi dedicati proprio alla valorizzazione dei quartieri e all’ascolto dei cittadini.

Sono numerosi, infatti, i progetti che seguono questa direzione: “la lettura si prende cura”, “e ti chiamerò col tuo nome, la formazione nelle comunità per fare di Brescia e Bergamo città amiche della demenza”,” Cartoni animati in corsia”, “Listen project”, e molti altri, che hanno come focus centrale quello del benessere della persona e della comunità, lavorando in un’ottica sinergica in cui l'assessorato alla cultura si siede al tavolo di lavoro con l'assessorato alle politiche sociali. In questo lavoro condiviso, Bergamo e Brescia si sono trasformate in un’unica grande capitale, nonostante la difficoltà della distanza fisica che ha reso il lavoro più lungo e complesso ma, paradossalmente, l’eredità della pandemia è stata quella di scoprirsi capaci di adattarsi ad una modalità di lavoro online che è stata estremamente utile per portare a termine questo progetto culturale.

“Lavorare insieme ci ha permesso di compiere un progetto che avrà sicuramente un grande lascito: alcune reti che abbiamo costruito resteranno nel tempo e si svilupperanno, in un’ottica sempre condivisa, come è avvenuto per il progetto “Cartoni animati in corsia”, nato a Brescia e diventato patrimonio anche di Bergamo. Questo significa essere comunità coesa.” afferma Castelletti. Migliorare la produzione culturale non solo in termini di quantità ma anche e soprattutto di qualità e gestione, come sottolinea Ghisalberti: “Spesso i direttori artistici sono molto bravi nella parte teorico-creativa, poi il problema è concretizzare questi progetti. È necessario che ci sia una crescita nella capacità gestionale e questa transizione deve rimanere come uno degli obiettivi da perseguire”.

Accessibilità e protagonismo, sono queste le due parole chiave sottolineate dal vicesindaco di Brescia e dall’assessore alla cultura di Bergamo: essere Capitale della Cultura 2023 significa promuovere una maggiore partecipazione alla vita della città e fare in modo che ogni cittadino si senta protagonista del proprio territorio. Non è solo un “bello slogan”, ma una realtà vera e propria, e ne sono un esempio i numerosi progetti individuati dalle due città per iniziare a raccontare il palinsesto. “Noi sul palco non abbiamo fatto salire le grandi istituzioni, ma piccoli progetti scaturiti dal basso, proprio perché è necessario far sentire tutti protagonisti del luogo in cui si vive e trasmettere innovazione, creatività e stupore… dal giovane non vedente che fa la guida al teatro grande, alla formazione di mediatori, a tutto il lavoro fatto con la disabilità e i caregiver, questo significa rendere visibili progetti di cui spesso non si conosce l’esistenza ed è proprio per questo che abbiamo creato una piattaforma di comunicazione per permettere a tutti di dare voce alle proprie iniziative”, afferma Castelletti.


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