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Cheikh Diattara, Maestro di felicità

Qualche anno fa è arrivato dal Senegal a Milano. Ha fatto il musicista, il giocatore di basket su sedia a rotelle e infine il sarto in un piccolo laboratorio-sartoria nel quartiere Isola. E ora esce un bellissimo libro illustrato che racconta le sue tante vite e la sua storia di riscatto

di Marina Moioli

Sarebbe piaciuta a Frank Capra la storia di Cheikh Diattara, il sarto che a Milano è riuscito a dar vita a “KeChic”, una sartoria sociale e un marchio d’abbigliamento italo-africano con sede nel quartiere Isola. Cheick è senegalese, si muove su una sedia a rotelle ma il suo segno distintivo è il sorriso: contagioso, luminoso e pieno di speranza. Un uomo che con la sua forza, tenacia e passione ha saputo trasformare un handicap – la poliomielite da cui è affetto fin da piccolo – in uno straordinario trampolino di lancio per l’esistenza. Con quelle sue mani eleganti e forti lancia il pallone nel cestino e fa canestro. Accarezza il dijembè, il suo tamburo. Taglia, modella e cuce.

«La gente del quartiere entra, si siede sul divano, e parla. Si sfoga, racconta», spiega Valeria Zanoni, esperta di comunicazione che ha aiutato Cheikh a realizzare i suoi sogni. Sul divano della sartoria KeChic in via Pepe 38 entrano in tanti: anziani, mamme, bambini. E intanto la macchina da cucire non smette di ticchettare e l’ago degli apprendisti (attualmente ci sono Palmirella e Keita, rifugiato politico che viene dal Mali) cuce pezzi di tessuto wax africano nella bottega del quartiere Isola acquisita vincendo un bando di Metropolitana Milanese.
Ma in verità quello che si cuce qui è il “tessuto sociale” perché nessuno è un’isola e ora più che mai è importante ricordarselo mentre si innescano reti e comunità. E Cheikh nel quartiere Isola ha fatto un po’ da catalizzatore, suggerendo con il suo entusiasmo contagioso un mondo di possibilità.

Per questo oggi è giusto tributargli l’omaggio di “maestro di felicità” – quasi una creatura magica piovuta su questa terra a indicare a tutti noi strade e vie nascoste, e rendere la vita più leggera anche quando
leggera non è – leggendo il libro che parla di lui. Si intitola E ora vi racconto Cheikh, Maestro di Felicità, esce per Beisler editore nella collana Trasversale e si deve a Emanuela Nava e Anna Sutor, che hanno saputo trasformare in poesia un’esistenza e i suoi intrecci. Una lettura per tutti, ragazzi e adulti.
Una storia contemporanea e insieme antica, che Massimo Gramellini ha commentato così: «Una graphic novel emozionante sulla vita di Cheikh, che vive a Milano e gestisce una sartoria sociale, dopo aver imparato nella sua Africa l’arte del cucito, per unire Italia e Senegal in qualcosa di unico, sorprendente ed elegante».

Nato in un villaggio del Senegal, Cheikh si ammala di polio, viene mandato a Dakar in un centro di riabilitazione che gli insegna il mestiere del sarto e lo fa diventare campione di basket su sedia a rotelle e anche un musicista di djembé, con cui si inserisce in un trascinante gruppo di musicanti acrobati diversamente abili chiamati in Italia per uno spettacolo a Salerno. Decide poi di restare in Italia, incontra per caso Valeria Zanoni al parco Sempione – lui alle percussioni, lei al volantinaggio per una giusta causa – e decide che è la persona giusta per farsi aiutare. Niente per Cheikh è stato facile, ma lui si è mosso sempre tra la parola facile e la parola impossibile, trovando per strada tutto quello che gli serviva, comprese persone che l’hanno saputo aiutare. Del resto, fin da quando era piccolo, e nonostante la disabilità, gli hanno detto sempre che avrebbe potuto fare qualunque cosa avesse voluto.

Ed ecco come si racconta lui:

Mi chiamo Cheikh e sono nato a Diender, dove la sabbia profuma di fiori e i vestiti cuciti con i ritagli di stoffa portano fortuna. Anche la mia vita è un tessuto di ritagli. Una trama che con i suoi disegni mi ha sospinto molto lontano. Ma è anche un intreccio di fili che ha legato il mio cuore al cuore delle persone che amo.
«Cheikh – mi diceva la nonna – il tuo nome significa Maestro». Avevo otto anni. Mi ricordo il suo ampio abito di stoffa gialla con i piccoli disegni di arachidi. E il grande turbante che le copriva il capo. Eravamo seduti sulla riva dello stagno. Non era piovuto abbastanza nella stagione delle piogge e i banchi di pesci azzurri guizzavano quasi intimoriti nelle pozze d'acqua. Sul prato si muovevano a coppie gli amaranti dal becco rosso, pronti, al minimo fruscio, a spiccare il volo. Attorno, dove crescevano lente le canne delle paludi, una cicogna sellata muoveva passi vigili. «Il tuo nome significa Maestro che insegna», ripetè la nonna. Ricordo che la guardai con molta serietà.
«Posso essere chiamato Maestro anche se sono così piccolo?» .
«Sì», rispose lei, accarezzandomi i capelli intrecciati.
«Persino se non vado più a scuola?», aggiunsi.
«La farfalla non conta gli anni, ma gli istanti. Puoi essere Maestro e insegnare a te stesso a riconoscere i momenti di felicità».


E ora vi racconto Cheikh, Maestro di Felicità di Emanuela Nava, illustrazioni di Anna Sutor (Beisler Editore, 16,50 euro)
Dal 4 Novembre in libreria


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