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Its: alla qualità della formazione, servono anche i muri

La riforma degli Istituti tecnici superiori prevista dal Pnrr parla anche di campus interregionali e di filiera: il Governo Draghi, tuttavia, ha stanziato fondi solo per la costituzione di laboratori e non per l'acquisto o la ristrutturazione di strutture. L'Associazione Rete Its chiede al nuovo Governo di ripensare questa decisione

di Veronica Rossi

La riforma degli Istituti tecnici superiori (Its) – scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica, che i ragazzi possono scegliere dopo il diploma – prevista dal Pnrr è stata approvata da pochissimi mesi. Nel testo è citata la creazione di Campus tecnologici Its, sedi adeguate dove i giovani possano incontrarsi, formarsi e trovare il giusto supporto. La programmazione dei fondi del Pnrr, tuttavia, non va in questa direzione: il Governo uscente ha deciso di finanziare solo i laboratori e non i muri. Alessandro Mele, vicepresidente dell’Associazione rete Its Italy, chiede al nuovo esecutivo di recuperare questa mancanza.

Cominciamo definendo le motivazioni dell’appello al Governo Meloni.

Abbiamo un’occasione storica irripetibile. Il Pnrr ha un budget quattro volte superiore al piano Marshall, che è stato un volano per un miracolo economico nel dopoguerra. Ora dobbiamo essere capaci, di nuovo, di utilizzare le risorse per dare avvio a una ripartenza. Per gli Its sono stati stanziati un miliardo e mezzo di euro, non possiamo spenderli senza formare dei giovani che generino un valore futuro. Il che non significa necessariamente e solo aumentare il numero dei ragazzi formati, ma anche creare delle istituzioni in grado di traghettare il Paese oltre alla crisi e di rispondere alla sfida del lavoro per il domani.

Qual è il problema nel modo in cui sono stati ripartiti i fondi?

Il Governo uscente ha scelto di utilizzare le risorse per i laboratori e non per le mura non rispondendo a un appello previsto dalla riforma stessa degli Its che parla di campus interregionali e di filiera, ma basterebbe il buon senso per capire che servono le sedi. È necessario istituzionalizzare gli Its e renderli riconoscibili, creare delle strutture che abbiano laboratori, segreterie, aule.

Quali sarebbero i vantaggi nell’avere dei Campus?

Ce ne sarebbero molti. Uno è legato all’aspetto relazionale: avere un luogo in cui studiare aiuta la socialità. L’apprendimento è un atto collettivo; con buona pace di chi si occupa di formazione online, che ha tutta un’altra serie di scopi e di vantaggi, per la crescita degli individui stare insieme è fondamentale: tutti ricordiamo i nostri compagni di scuola o di università come rapporti significativi. In più c’è l’aspetto della comunità educante e del rapporto con gli adulti, che diventano dei punti di riferimento. A livello nazionale, negli Its il 75% dei docenti viene dal mondo del lavoro: questo significa che non solo saranno coloro che insegneranno ai ragazzi, ma anche coloro che li accoglieranno per gli stage e che, magari, un giorno li assumeranno.

Avere una sede aumenta anche la riconoscibilità di un’istituzione.

Certo. Qua si gioca un grosso tema identitario del sistema. A che cosa si sta iscrivendo uno studente? Dove andrà? Avere dei campus favorisce il senso di appartenenza e aumenta la responsabilità sociale.

Cosa chiedete, quindi, al nuovo esecutivo?

Al Governo che si propone di essere il Governo del lavoro e della crescita dei giovani e del Paese, chiediamo di ripensare la ripartizione delle risorse, perché vengano destinate anche alle sedi. Faccio un esempio, legato alla filiera del turismo. Per la formazione, non ci saranno robot da comprare per i laboratori. Il laboratorio è l’albergo didattico, che hanno tutte le migliori hospitality school. Ma questo, ovviamente, non può essere realizzato se non vengono finanziati muri. Gli Its sono istituti altamente professionalizzanti e necessitano di apprendimento esperienziale. C’è bisogno di istituzionalizzare il sistema e di creare un’infrastruttura che possa affrontare la sfida.


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