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Adozioni internazionali: com’è fatta una Neglect List?

Più di mille nomi, in fila in un file excel. Sono i nomi dei bambini adottabili, periodicamente inviate agli enti autorizzati. Elenchi di minori che da anni vivono in orfanotrofio e che vengono dichiarati adottabili quando forse è oramai troppo tardi per trovare accoglienza in una famiglia adottiva

di Redazione

L’ultima è arrivata pochi giorni fa dalla Colombia: un file Excel, allegato a una mail, di 174,2 KB. Aprendolo, si scorre un lunghissimo elenco di 1.147 nomi: 452 femmine e 695 maschi, con un’età media di poco più di 12 anni. È una Neglected List, così la chiamano nel gergo delle adozioni internazionali: raccolgono i nomi dei minori che per caratteristiche hanno meno possibilità di altri di venire adottati e i Paesi esteri le inviano periodicamente agli enti autorizzati nella speranza che possano verificare direttamente se esiste una famiglia disponibile per l’adozione. Ci sono minori con situazioni sanitarie complesse, minori facenti parte di fratrie estese e soprattutto bambini grandi, con 9 o più anni. Liste che stanno crescendo a dismisura e su cui AiBi da tempo richiama l’attenzione. Nella lista arrivata dalla Colombia, per esempio, ci sono 327 minori che non hanno alcun problema di salute: 7 di loro hanno già 18 anni; 26 più di 17 anni; mentre il totale di chi ha più di 14 anni è di 418. Il bambino più piccolo? Ha un anno e 8 mesi e una lunga lista di patologie.

«Tutti questi nomi, nessuno escluso, sono vite di bambini. Non dimentichiamolo mai! Sono sofferenze e sogni. Sono storie che sarebbero potute essere diverse!», commenta Ai.Bi.: «La cosa che fa più male è che quasi sempre questi bambini sono in orfanotrofio da anni, prigionieri di una combinazione mortifera di burocrazia e “miti culturali” che, di fatto, impedisce loro di avere una famiglia in cui crescere. È un dramma e serve che qualcuno inizi a considerarlo una priorità sulla quale agire, per poter dare a tutti i bambini del mondo una possibilità in più di diventare figli».

Foto di Harold David Brito Ortega su Pexels