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5 novembre: una manifestazione per la pace e la giustizia sociale

Il messaggio congiunto dei presidenti nazionali di Arci e Acli: «La questione della guerra e della pace non è ristretta a quanto accade in Ucraina o altrove, e nemmeno alle gravi ed intollerabili sofferenze del popolo ucraino, ma si lega ad un ragionamento più ampio sulle grandi questioni climatiche, energetiche e di approvvigionamento di beni alimentari che la guerra ha messo in evidenza. Ognuno di questi elementi tocca l’altro, anzi ne è parte integrante, e per questo non può che essere affrontata in modo globale»

di Daniele Lorenzi* e Emiliano Manfredonia

Di tutte le urgenze del momento la principale è la pace, poiché ad essa sono legate tutte le grandi questioni sociali del momento: chi esamina con attenzione ed onestà la piattaforma sulla quale è stata convocata la grande manifestazione del 5 novembre a Roma noterà come in essa la questione della guerra e della pace non sia ristretta a quanto accade in Ucraina o altrove, e nemmeno alle gravi ed intollerabili sofferenze del popolo ucraino, ma si lega ad un ragionamento più ampio sulle grandi questioni climatiche, energetiche e di approvvigionamento di beni alimentari che la guerra ha messo in evidenza. Ognuno di questi elementi tocca l’altro, anzi ne è parte integrante, e per questo non può che essere affrontata in modo globale.

L’urgenza del momento è il cessate il fuoco: ci è ben chiaro che in questa guerra vi è un aggressore, la Russia, ed un aggredito, l’Ucraina, e che le loro rispettive posizioni sotto il profilo morale e politico non possono essere messe sullo stesso piano. Riconosciamo anche il diritto dell’Ucraina alla resistenza e all’autodifesa.

Ciò che non possiamo accettare è l’estensione indefinita della logica bellica, l’incapacità di uscire da essa, il darne una copertura ideologica e magari anche teologica, il ritenere che essa sia l’unico strumento possibile di risoluzione di gravi controversie internazionali. Pace e giustizia sono sorelle, e una non si dà senza l’altra.

Una giustizia che chiuda alle diseguaglianze, quelle generate da un’economia estrattiva e da una finanza speculativa. Oggi abbiamo bisogno di mettere al centro del dibattito internazionale le parole di solidarietà, diritti, lavoro, perché sono temi che richiedono pensiero internazionale, non lasciando l’iniziativa a riunioni di élite come Davos o Valdai, ma costruendo ed affermando una politica popolare che faccia nascere un sentimento di giustizia sociale e climatica che sappia porre la pace e la convivenza come fondamento.

Ripartendo dal concetto fondamentale del lavoro degno come luogo della solidarietà, dell’emancipazione, della realizzazione. Lottare per una nuova cultura politica e popolare contro una logica sempre più individualista che crea egoismi, competizione e speculazione. Ma soprattutto separazione, anomia, disperazione. Siamo diventati una moltitudine di individui che non si sanno leggere in un noi, men che meno in una comunità. Riprendere le ragioni di un’economia che cura, che mette al centro le relazioni e che fa della fraternità umana non un’utopia ma un obbiettivo.

Per questo noi saremo in manifestazione il 5 novembre (qui tutte le info per partecipare), e vorremmo che fossimo in tanti, per fare eco alle esigenze di un’umanità sofferente nella prospettiva profetica indicata da papa Francesco nei suoi ripetuti appelli, per gettare le basi di un mondo diverso e migliore.


*Presidente nazionale Arci

*Presidente nazionale Acli


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