Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Troppi poveri, gli enti non ce la fanno più: “Ci spiace, ripassi”

Le associazioni di volontariato che si occupano di persone e famiglie indigenti sono prese d'assalto. E non solo in Sardegna. Vi raccontiamo un episodio al quale abbiamo assistito alla sede della Casa della Fraterna solidarietà, a Sassari, emblematico del periodo di grave difficoltà che sta investendo un crescente numero di persone. Intanto la Caritas regionale ha diffuso i dati 2021 sulla povertà

di Luigi Alfonso

È difficile dire “Oggi non ho niente per te, mi dispiace, ritorna domani” a una persona che bussa alla porta di un’organizzazione di volontariato che distribuisce pacchi viveri. Non è facile nemmeno assistere a questa scena, impotenti. È straziante vedere gli occhi gonfi di lacrime di un uomo sulla settantina, visibilmente in difficoltà. Siamo stati testimoni di questa scena, purtroppo non la prima e neppure l’ultima. È capitato per puro caso di trovarsi proprio in quei momenti nella sede della Casa della Fraterna Solidarietà, a Sassari. Una quindicina dei 30 volontari di questa Odv hanno consegnato i primi 280 pacchi alle persone che, pazientemente, si erano messe in fila sin dalle 7 del mattino. «Non ci sarebbe la necessità di stare in piedi, ad attendere, sino all’apertura prevista per le 10:30. Di solito ne abbiamo per tutti», sottolinea il presidente Aldo Meloni. Già, di solito. Ma stavolta non è andata così, e c’è una spiegazione. È accaduto che le persone in fila stavolta erano 320 circa. Le ultime quaranta di loro, però, sono arrivate al cancello d’ingresso quando i pacchi preparati di buon mattino erano stati consegnati tutti: come sempre, contenevano generi alimentari di prima necessità (pasta, olio, latte, zucchero). I volontari si sono guardati negli occhi: in pochi secondi si sono dati da fare per preparare un’altra ventina di buste. Ma non sono state sufficienti per tutti. Alla fine, la socia più anziana di turno si è dovuta assumere l’onere di informare le persone restanti: «Ci dispiace, oggi non abbiamo altri generi alimentari a disposizione. Stiamo aspettando un nuovo carico. Dovete ripassare domani».

La dignità di queste persone in grave difficoltà si misura con la comprensione mostrata nei confronti di questa Associazione che, a Sassari e dintorni, è ormai un’istituzione, per la serietà e la dedizione con cui si dedica a questa missione in tempi di crisi. «Da parecchi mesi – spiega Meloni – eravamo tornati più o meno alla normalità, con un massimo di 250 persone al giorno cui consegnare i pacchi viveri. Il picco lo avevamo raggiunto durante il lockdown del 2020, quando aiutavamo anche 500 famiglie al giorno. Non eravamo preparati a questa improvvisa impennata: di solito accade quando ci sono gli sbarchi di migranti. Oggi no, proprio non ce l’aspettavamo. Abbiamo fatto il possibile con ciò che avevamo in magazzino. Ma è un segno di questi ultimi tempi: la crisi sta mettendo in difficoltà moltissima gente, ho paura che stiamo tornando indietro di due anni. Spero di sbagliarmi».

Questa Onlus assistenziale laica, da 16 anni fornisce beni e servizi a soggetti in condizioni di difficoltà, nei locali dell’ex questura di Sassari. Dal lunedì al sabato, ininterrottamente. Mesi estivi compresi. L’Associazione fa parte del Consorzio regionale Alimentis, avviato dalla Fondazione di Sardegna con la piena collaborazione della Fondazione San Saturnino (Caritas Sardegna) e dei Gruppi di volontariato vincenziani, con il contributo della Regione Sardegna. Vi aderiscono anche altre realtà importanti, come la Fondazione Domus de Luna di Cagliari e l’associazione Domu Mia di Muravera.

Alla Casa della Fraterna solidarietà non si distribuiscono soltanto viveri, ma anche indumenti e, per i più indigenti, la bombola del gas ogni tre mesi. «Inoltre, abbiamo allestito un laboratorio odontoiatrico: in nove anni, grazie a un dentista volontario e a un odontotecnico di grande esperienza, abbiamo impiantato 1.400 apparecchi. Perché non c’è dignità per chi non ha denti: è un problema di salute, non solo di estetica». A breve, dopo lo stop imposto dalle restrizioni Covid, dovrebbe riaprire lo studio oculistico per garantire le visite gratuite ai bambini di famiglie povere.

Le amare considerazioni del presidente Meloni trovano riscontro nei dati presentati oggi dalla Caritas regionale della Sardegna. Nel 17esimoReport su povertà ed esclusione sociale in Sardegna”, si legge che a livello nazionale “dopo il significativo aumento registrato nel 2020, con l’avvento della pandemia da Covid-19, a livello nazionale la povertà assoluta ha continuato a mantenere livelli elevati, pur registrando una lieve flessione nel corso del 2021. In Sardegna si è registrato un incremento dell’incidenza della povertà relativa di 2,2 punti percentuali: si è passati infatti dal 13,9% del 2020 al 16,1% del 2021. Nel corso del 2021, i Centri di ascolto Caritas della Sardegna, distribuiti nei 39 Comuni coinvolti nell’indagine, hanno ascoltato – una o più volte – 9.540 persone portatrici di uno o più disagi a livello personale e familiare; il che farebbe moltiplicare tale indicatore a cifre ben più elevate”. Nel 2020 erano state 10.125, dunque la flessione è pari al 5,7%.

«Tale diminuzione – spiega Raffaele Callia, responsabile del Servizio studi e ricerche della Delegazione regionale Caritas Sardegna e curatore del Report – per lo più si spiega con la rimodulazione (e in alcuni casi con la cessazione) di alcuni servizi attivati in modo estemporaneo a causa dell’insorgere della pandemia, in particolare gli interventi di assistenza immediata divenuti necessari e urgenti a causa dell’emergenza sanitaria».

Nel 2021, a differenza del dato nazionale, si sono rivolti ai Centri di ascolto in maggioranza cittadini italiani (il 76,1% in Sardegna, il 45% a livello nazionale). Oltre i due quinti di loro sono transitati nei Centri di ascolto della diocesi di Cagliari (46,7%), la quale assorbe la porzione più consistente della popolazione residente nelle diocesi sarde (33,6%) e nella quale si registra la più elevata densità abitativa (138,6 abitanti per chilometro quadrato). Dopo la pandemia si è riequilibrato il rapporto di genere (50,4% di uomini e 49,6% di donne). Quasi una persona su due ha un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Sono per lo più le persone coniugate (tra loro in particolare le donne) a chiedere aiuto. E sono proprio le donne a farsi sovente testimoni e allo stesso tempo portatrici di situazioni di fragilità che riguardano altri componenti della famiglia e, non di rado, l’intero nucleo.

«Chi chiede aiuto alla Caritas, vive per lo più in famiglia», precisa Callia. «Si tratta di una quota pari al 64%. La maggior parte delle persone ascoltate nel corso del 2021 vive in un domicilio proprio (78,6% del totale), ma non sono pochi coloro che hanno dichiarato di trovarsi senza un domicilio stabile o in una situazione di estrema precarietà abitativa (una quota pari al 5,3% delle persone ascoltate). Il lavoro che non c’è o che è precario, è alla base delle cause prevalenti di disagio. Anche nel corso del 2021, la maggior parte delle persone ascoltate ha dichiarato di trovarsi in una condizione di disoccupazione (51,2%), vale a dire alla ricerca di una nuova occupazione a seguito di licenziamento o di conclusione contrattuale di un rapporto di collaborazione o di lavoro subordinato a tempo determinato (disoccupati in senso stretto) o alla ricerca della prima esperienza lavorativa (inoccupati). Le persone disoccupate sono soprattutto uomini (56,3%), con un’età media di 46 anni. I dati pongono in luce una preponderanza di richieste di beni e/o servizi materiali (74,8%), registrando un calo assai rilevante rispetto al 2020 (di ben 7,1 punti percentuali), anno in cui – a causa dell’emergenza sanitaria e dei relativi confinamenti – sono aumentate in modo considerevole le domande di questo tipo. Le richieste di beni riguardano in particolare i pasti serviti tramite le mense, i viveri confezionati (oltre ai buoni pasto) e i prodotti alimentari conferiti tramite gli “empori della solidarietà” e a domicilio; ma anche i prodotti per i neonati, il materiale sanitario, i biglietti per il trasporto pubblico, i prodotti per l’igiene personale e domestica, attrezzatura e mobilio per la casa. Seguono a distanza le richieste di sussidi economici (18,1%), le quali sono cresciute proporzionalmente rispetto al 2020 e anche all’anno precedente all’esordio della pandemia». Dati che, il prossimo anno, racconteranno di una realtà decisamente peggiorata negli ultimi mesi.

Credits: foto Laura Caggiari e Luigi Alfonso