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Attivismo civico & Terzo settore

Il Terzo settore come motore democratico

"Le comunità possono essere chiuse e opprimenti. Noi al contrario dobbiamo costruirne di giuste e solidali: abituiamoci a pensare il Terzo settore come motore democratico, di innovazione partecipativa. Mai come oggi c’è bisogno che diventi l’obiettivo pedagogico della cittadinanza organizzata". L'intervento dell'esperta di comunicazione, docente Fqts (Formazione Quadri Terzo Settore) e dirigente Arci

di Francesca Coleti

Solo qualche anno fa bastava affermare di essere impegnato nel Terzo settore per vedere negli altri sconcerto e maldestri tentativi di dissimulare con le parole la scarsa conoscenza del settore. La Riforma, negli ultimi anni, ha permesso di fare molti passi in avanti, e oggi finalmente la percezione di chi guarda dall’esterno questo mondo è più nitida: dagli Enti di Terzo settore ci si attende intervento sociale, prontezza nelle emergenze, presenza là dove manca lo Stato. Non solamente rispetto alle questioni sociali, ma anche a quelle ambientali, educative e culturali. Al di là di questo senso comune resta però tra gli addetti ai lavori l’idea di un Terzo settore capace di essere attore di sviluppo, e di riconoscerne la capacità di agire, più che di visione.

Ma impegnarsi per cambiare in meglio la propria condizione e quella degli altri vuol dire anche fare politica. Costruire elaborazione dalle sperimentazioni, confronto dall’azione, animare ed aggregare persone e gruppi, promuovere partecipazione attorno alle proposte e formularne altre: affinare queste sensibilità e padroneggiarne strumenti e metodologie è centrale per la Formazione Quadri del Terzo settore. Senza, si rischia di rimanere esclusi dalle discussioni sulle politiche e sui programmi, tanto da chi confina l’innovazione sociale alla prototipazione aziendale quanto da chi, dietro alla sussidiarietà, vede nascosto l’interesse privato.

Altra questione. Sciogliamo l’equivoco delle comunità. C’è coesione nelle comunità escludenti. Per chi sta dentro, lasciando fuori quelli in mezzo al mare. C’è un’idea di famiglia nelle comunità opprimenti, dove le donne restano a casa e un figlio che ama un altro ragazzo a casa ci sta nascosto sotto chiave. Sono tante le comunità immobili, dove l’ambizione di un giovane può arrivare al massimo a continuare il lavoro del padre. Per costruire comunità più giuste e solidali bisogna condividere idee e contenuti, imparare ad affrontare paure e conformismi, confrontarsi con i rapporti di forza, affrancarsi dalle logiche di potere e promuovere l’agire libero e creativo delle persone più fragili. Riconoscere i conflitti e imparare a gestirli, saper negoziare. Comunicare valori, dialogare senza pregiudizi. Divenire più consapevoli del ruolo politico. Valorizzare il possibile, accogliere le differenze. Abituiamoci a pensare il Terzo settore come motore democratico, di innovazione partecipativa. Mai come oggi c’è bisogno che diventi l’obiettivo pedagogico della cittadinanza organizzata.


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