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Economia & Impresa sociale 

L’impresa sociale del disegno

La straordinaria esperienza dell’Atelier dell’Errore, laboratorio artistico di Reggio Emilia, che ha dato spazio a 10 ragazzi usciti dalla neuropsichiatria infantile, diventando la prima cooperativa sociale con una tipologia nuova: “studio d’arte”. Con la mission di entrare nel mondo dell’arte contemporanea

di Giuseppe Frangi

Atelier dell’Errore è una cooperativa sociale come non si è mai vista. Ha 10 soci lavoratori, tutti provenienti dai laboratori delle neuropsichiatria infantile di Reggio con un paio di “infiltrati” bergamaschi. Avendo superato tutti, chi prima chi dopo, la soglia dei 18 anni si erano trovati senza il luogo dove sviluppare le loro straordinarie competenze: quelle del disegno. Così nel 2018 il loro professore, Luca Santiago Mora, ha rotto gli indugi e li ha raccolti tutti in una nuova casa, una cooperativa sociale: «Si avvertiva che cresceva in loro l’attitudine a non poter più non disegnare», racconta Santiago Mora.

Ci voleva una forma sociale ad hoc, infatti grazie alla collaborazione fattiva di Confcooperative è stata creata una tipologia che prima non esisteva: quello dello “studio d’arte”. Luca Santiago dice, giocando sugli ossimori, che quel giorno è iniziata L’età celeste dell’AdE (acronimo dell’Atelier). «Siamo cooperativa sociale dedicata alle arti visive e performative, un’impresa sociale che ha oggettivamente caratteristiche uniche in Italia e credo anche in Europa. I ragazzi sono tutti professionisti, con uno stipendio come disegnatori e impegno lavorativo part time: sono in Atelier tutti i pomeriggi della settimana». Il mandato dell’impresa sociale era chiaro e ambizioso: entrare ufficialmente nel mondo dell’arte contemporanea e rendersi autonomi e autosufficienti senza appoggiarsi a bandi o a finanziamenti pubblici. Obiettivo che si può dire rispettato, visto che, per fare un esempio, in questo momento l’Ade espone nella prestigiosa sede della Galleria d’Arte Moderna di Torino in dialogo con un’artista di grande sensibilità come Chiara Camoni.

Decisiva è stata anche l’alleanza con un soggetto privato di grande intelligenza e visionarietà: infatti l’Atelier ha potuto insediare i suoi laboratori negli spazi ricavati all’interno della Collezione Maramotti a Reggio Emilia, una delle più prestigiose raccolte di arte contemporanea in Italia.

«Tutto era iniziato quando ci avevano chiesto di fare una sperimentazione in Collezione con le prime tre ragazze diventate maggiorenni, Giorgia, Giulia e Lauretta. Luigi Maramotti è passato di lì ed è rimasto affascinato dal loro lavoro: stavamo costruendo un progetto espositivi che ribaltava il tema di Expo 2015: Uomini come cibo». Maramotti aveva messo a disposizione un grande spazio nel cuore di Milano, in cui erano stati esposti i grandi disegni realizzati dall’Atelier.

Era l’inizio di un percorso artistico e professionalizzante che è avanzato a tappe molto veloci: in sequenza c’è stata la partecipazione a Londra a Frieze Art Fair con Moretti Gallery, una mostra in una delle Gallerie più prestigiose in Italia, la Galleria Massimo De Carlo e l’approdo a Venezia, in occasione della Biennale, con un’installazione nel Palazzo delle Procuratie Vecchie, appena restaurato dalle Generali. Nel frattempo è arrivata la scoperta del potenziale performativo dei ragazzi dell’Atelier. «Su invito del Teatro delle Albe di Ravenna abbiamo scritto e interpretato sul palcoscenico del Teatro Rasi il racconto della nostra storia in forma drammaturgica: la Piccola Liturgia Errante, interpretata da alcuni ragazzi dell’AdE».

Prossimo appuntamento a Roma: l’Atelier sta lavorando ad un progetto che si inserirà negli spazi della Collezione Torlonia.


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