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Cooperazione & Relazioni internazionali

Morti di freddo, con una camera d’aria al posto del salvagente: la rotta tunisina

Per la morte della giovane donna a seguito dello sbarco dell’8 novembre al poliambulatorio di Lampedusa la Procura di Agrigento ha predisposto il fermo di uno scafista. “Non ci davano da mangiare e da bere, nessuno aveva un salvagente”, hanno raccontato i naufraghi. L’Oim pubblica i dati dei migranti intercettati e riportati in Libia dall’inizio dell’anno: sono oltre 20 mila

di Alessandro Puglia

Kristine, nome di fantasia, già dalle prime ore del viaggio stava male. Durante la traversata tossiva più volte, diceva di avere la febbre, vomitava. Quando la sera del 7 novembre insieme agli altri 42 naufraghi è stata soccorsa da un pattugliatore della Guardia di Finanza non si reggeva più in piedi. Al poliambulatorio di Lampedusa dove è stata trasferita pochi minuti dopo lo sbarco per lei non c’è stato più nulla da fare. Il suo cuore ha smesso di battere, è stata uccisa dal freddo.

I dettagli di quel viaggio della morte sono stati ricomposti dalla Procura di Agrigento che ha predisposto il fermo di un uomo, originario della Guinea, dopo aver ascoltato i naufraghi che hanno raccontato di essere partiti da Sfax, in un barcone di circa 7 metri, senza acqua né cibo e senza salvagenti: “Qualcuno aveva una camera d’aria che si era procurato da sé prima della partenza”, raccontano i naufraghi mentre l’intensificarsi della nuova rotta dalla Tunisia verso le coste della Sicilia mostra ancora una volta i mutamenti dei flussi migratori, con o senza Ong.

“Possiamo ormai affermare che il traffico di esseri umani dalla Tunisia è diventato un business a tutti gli effetti, se fino a qualche anno fa erano perlopiù tunisini ad affrontare la traversata oggi sono nella maggioranza migranti subsahariani”, spiega il procuratore di Agrigento, Salvatore Vella.

La Procura di Agrigento sta cercando di ricomporre ogni dettaglio che ha portato alla morte delle ultime vittime del Mediterraneo arrivate in porto a Lampedusa. Per la morte dei piccoli di uno e tre anni morti ustionati sono stati già fermati due scafisti che avrebbero provocato accidentalmente l’esplosione del motore a bordo. Dopo lo sbarco del 21 ottobre in cui hanno perso la vita i due bambini di uno e tre anni, il 25 ottobre sono morte di freddo due gemelline di 28 giorni, l’8 novembre la donna morta per ipotermia, il 9 novembre, il giorno successivo, un neonato di 21 giorni, il cui corpo dissequestrato dalla Procura si trova ora al cimitero di Lampedusa in attesa di una degna sepoltura.

Nei prossimi giorni l’Unione Europea affronterà un nuovo piano d’azione per far fronte alla gestione dei flussi migratori, accanto alla rotta tunisina continuano ad aumentare le partenze dalla Libia. L’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) ha pubblicato in un recente report il numero delle persone intercettate in mare e riportate nei centri di detenzione in Libia. Dall’inizio dell’anno sono 20842, 235 dal 13 al 19 novembre.

Tra le ultime testimonianze di migranti sopravvissuti all’inferno libico, Medu (Medici per i diritti umani) ha raccolto il racconto di un minore del Gambia soccorso dalla nave Humanity 1 poi approdata a Catania: “I trafficanti mi hanno colpito con un proiettile mentre ero rinchiuso in una connection-house vicino a Tripoli, in attesa di partire per la Sicilia. Ho rischiato la vita e sono vivo grazie a Dio. Prima ero stato detenuto a Ain-Zara Prison: è stato un inferno” racconta il giovane dall’hotspot di Contrada Cifali, nel Ragusano.

Nelle ultime 24 ore in Sicilia sono sbarcate oltre 500 persone: circa 200 ad Augusta, 262 soccorsi da una petroliera sono arrivati invece al porto di Catania.


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