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Ucraina, il Papa alla popolazione: «Vorrei unire le mie lacrime alle vostre»

Da Francesco una lettera agli ucraini, per esprimere la sua vicinanza e la sua ammirazione per chi vive sulla sua pelle la tragedia della conflitto, resa ancora più dura dalla rigidità dei mesi invernali, e ricordando bambini, volontari, famiglie, profughi e autorità del Paese. "Vorrei che l’affetto della Chiesa, la forza della preghiera, il bene che vi vogliono tantissimi fratelli e sorelle ad ogni latitudine siano carezze sul vostro volto", dice

di Veronica Rossi

Non dimentica il lavoro infaticabile dei volontari, che mettono a rischio la propria vita nei teatri del conflitto, la lettera di Papa Francesco al popolo ucraino del 24 novembre, redatta a nove mesi dall’inizio della guerra. “Nel vostro cielo rimbombano senza sosta il fragore sinistro delle esplosioni e il suono inquietante delle sirene”, scrive il pontefice a chi vive le atrocità degli scontri, “Le vostre città sono martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo. Nelle vostre strade tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti. Accanto ai vostri grandi fiumi scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime”. Bergoglio si dice vicino agli abitanti dell’Ucraina, con cui e per cui piange ogni giorno. “Come possono degli uomini trattare così altri uomini?”, si chiede.

Un pensiero particolare va ai bambini uccisi, feriti o rimasti orfani, strappati dalle loro madri, come Kira a Odessa, Lisa a Vinnytsia, e centinaia di altri bimbi “Ora essi sono nel grembo di Dio, vedono i vostri affanni e pregano perché abbiano fine”, continua, “Ma come non provare angoscia per loro e per quanti, piccoli e grandi, sono stati deportati? È incalcolabile il dolore delle madri ucraine”. Il Papa ricorda poi tutti quei giovani che, invece di inseguire i loro sogni, hanno dovuto imbracciare le armi, controvoglia, e difendere la loro patria; si rivolge anche alle donne, alle mogli, agli anziani e agli adulti in generale, che cercano di proteggere i loro cari. Ma non dimentica nemmeno i profughi e gli sfollati interni, strappati dalle loro case e dai loro affetti, e le Autorità, che si trovano a governare un Paese in un momento tragico della sua storia e sono chiamate a prendere delle decisioni lungimiranti, che promuovano la pace e la ripresa dell’economia.

Francesco guarda con rispetto alla forza d’animo di chi si trova, suo malgrado, gettato nelle tenebre della guerra. “Cari fratelli e sorelle, in tutto questo mare di male e di dolore – a novant’anni dal terribile genocidio dell’Holodomor–, sono ammirato del vostro buon ardore. Pur nell’immane tragedia che sta subendo, il popolo ucraino non si è mai scoraggiato o abbandonato alla commiserazione. Il mondo ha riconosciuto un popolo audace e forte, un popolo che soffre e prega, piange e lotta, resiste e spera: un popolo nobile e martire”.

Il pontefice, con la sua lettera, ribadisce la sua vicinanza e quella di tutta la Chiesa agli abitanti dell’Ucraina, soprattutto nei mesi invernali, quando la rigidità del clima rende la resistenza ancora più complessa. “Tra poche settimane sarà Natale e lo stridore della sofferenza si avvertirà ancora di più”, afferma, “Ma vorrei tornare con voi a Betlemme, alla prova che la Sacra Famiglia dovette affrontare in quella notte, che sembrava solo fredda e buia. Invece, la luce arrivò: non dagli uomini, ma da Dio; non dalla terra, ma dal Cielo”. Si conclude con un’invocazione alla Madonna – madre di tutti – lo scritto di Francesco, perché vegli sui suoi figli. “Io sono con voi, prego per voi e vi chiedo di pregare per me”, si congeda il pontefice, “Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca”.


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