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Sostenibilità sociale e ambientale

Curcio: “Anche i cittadini responsabili della protezione della nostra Italia”

Era il 13 ottobre scorso quando il capo Dipartimento della Protezione civile nazionale rilasciava un'intervista a Vita e diceva: "Di solito riesco a parlare di prevenzione soltanto quando ci troviamo in piena emergenza". Richiamava il ruolo di tutti (cittadini e buona parte degli amministratori pubblici) che non hanno la dovuta consapevolezza dei rischi, per esempio quando si acquista o costruisce una casa in un'area priva dei necessari requisiti di sicurezza

di Redazione

La tragedia di Ischia riporta alla mente l’articolata intervista rilasciata a Vita da Fabrizio Curcio, capo Dipartimento della Protezione civile nazionale, in occasione della “Giornata mondiale della riduzione dei rischi da disastro”. Era lo scorso 13 ottobre ed esordiva così: «Vorrei che in Italia ci fossero 60 milioni di persone all’interno del sistema di protezione civile. Significherebbe che ogni cittadino italiano fa la sua parte. Invece, di solito riesco a parlare di prevenzione soltanto quando ci troviamo in piena emergenza». Già, la parola chiave è proprio prevenzione. Ma ci vorranno chissà quante altre campagne di comunicazione sui rischi naturali, come quella denominata “Io non rischio”, per creare maggiore contezza da parte dei cittadini e di una buona parte degli amministratori pubblici.

«Nell’immaginario collettivo – raccontava Curcio – la protezione civile esiste quando accade un evento straordinario. Bisogna lavorare molto sulla prevenzione: questo è il vero salto di qualità che dovremmo far compiere al Paese. Per riuscirci, c’è bisogno da una parte di aumentare la consapevolezza dei rischi da parte di ognuno di noi rispetto al territorio in cui viviamo o lavoriamo; dall’altra bisogna incrementare il rapporto tra istituzioni e cittadini per produrre l’effetto migliore». Il capo Dipartimento precisava poi che «sia la normativa che il buonsenso dividono questo ambito in due grandi categorie: prevenzione strutturale (per esempio le infrastrutture) e prevenzione non strutturale (collegata al buon comportamento piuttosto che alla pianificazione o alle attività di formazione). Sono complementari, anche se il sistema della protezione civile – secondo l’attuale normativa – è focalizzato sulla parte non strutturale, dunque dobbiamo e vogliamo stressare il tema della pianificazione, della conoscenza del rischio, del rapporto con la comunità scientifica, della comunicazione e delle buone pratiche».

La cura e la manutenzione di un territorio, precisava Curcio, «può fare davvero la differenza soprattutto negli eventi alluvionali o in situazioni estreme. Potrei fare tantissimi esempi a riguardo, è un fenomeno riscontrabile in tante zone del nostro Paese. E poi, naturalmente, ci sono il buon comportamento e il buonsenso. Quando acquistiamo una casa, ad esempio, o quando iscriviamo i nostri figli a scuola dobbiamo domandarci quali rischi potrebbero interessare quell’area e fare una scelta consapevole».

Il cambiamento climatico non può essere più considerato una novità perché, come ricordava Curcio nell’intervista, «certi fenomeni avvengono con sempre maggiore frequenza, e talvolta assistiamo alla loro contemporaneità».


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