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Povertà educativa, precariato, salute mentale: è emergenza diritti

L'associazione "A buon diritto" onlus, diretta da Valentina Calderone e presieduta da Luigi Manconi presenta il suo nono “Rapporto sullo stato dei diritti”. Il manifesto "Parlamento dei diritti", per sostenere la piena applicazione dei diritti con politiche attive, sottoscritto da 30 parlamentari

di Barbara Polidori

Tutela dei minori, del lavoro e della salute mentale. Per parlare di civiltà, l’Italia deve impegnarsi soprattutto nella salvaguardia di questi diritti. La pandemia ha inciso sulle categorie più fragili, ma è compito del Governo mettere ora in campo delle politiche assistenziali che colmino il vuoto umanitario e permettano di parlare di “ripresa sociale” in piena regola.

A che punto è però l’Italia sui diritti? A rispondere è il “Rapporto sullo stato dei diritti 2022”, presentato ieri mattina presso la Camera dei deputati da “A Buon Diritto”, onlus diretta da Valentina Calderone e presieduta da Luigi Manconi (al centro della foto sopra, con a sinistra la deputata Rachele Scarpa), fin dal 2014. Giunto alla sua IX edizione, il monitoraggio riporta le novità normative ed evidenzia gli eventuali arretramenti riscontrati in diciassette ambiti diversi sul fronte diritti: dalla libertà di espressione e di informazione alla condizione di profughi e richiedenti asilo; dalla salute e libertà terapeutica fino all'ambiente; e poi autodeterminazione femminile, istruzione, lavoro, persone e disabilità, pluralismo religioso, minori e diritto abitativo.

La costituzione del “Parlamento dei diritti”

Redatto da un team di ricerca, il dossier “vuole fungere come piattaforma utile ai parlamentari sul tema dei diritti, aiutandoli nell’analisi dei dati per ogni macroarea e a razionalizzare la spesa per la manovra di bilancio”, spiega Calderone. Grazie all’interazione tra ricercatori e ricercatrici, associazioni e cittadini, “A buon diritto Onlus” si propone di realizzare un vero e proprio “Parlamento dei Diritti”, un luogo in cui società civile e parlamentari si interroghino e lavorino insieme alla progressione e al riconoscimento dei diritti. Il manifesto per il “Parlamento dei diritti” al momento è stato sottoscritto da 30 parlamentari, tra cui Susanna Camusso, Ilaria Cucchi, Gianni Cuperlo, Cecilia D’Elia, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi, Rachele Scarpa, Elly Schlein, Alessandro Zan e molti altri. “L’indagine è un passaggio essenziale per identificare le priorità della nostra agenda politica e si avvale delle energie della comunità valdese”, sostiene Manconi.

La povertà educativa, radice della disuguaglianza

Le radici della disuguaglianza hanno origine nell’accesso all’istruzione e, i più penalizzati, sono ceramente i minori. Secondo il “Rapporto sullo stato dei diritti 2022”, il tasso di occupazione dei ragazzi diplomati o laureati da meno di tre anni, è in diminuzione e stimato pari al 56,8% (-1,9 punti rispetto al 2019): il 50,1% tra i diplomati (-2,8 punti) e il 64,1% tra i laureati (-0,8 punti). L’Italia è penultima tra i Paesi dell’Unione Europea per occupabilità dei giovani all’uscita dagli studi.
“Abbiamo bisogno di rigenerare il diritto all’infanzia e all’istruzione sfatando la pedagogia fondata sul discorso dell’umiliazione e della punizione”, è intervenuta Ouidad Bakkali, parlamentare dem. Uno dei fattori determinanti nel rendimento scolastico è la classe sociale di appartenenza. Aver tolto la scuola come luogo fisico di fruizione di cultura, di socialità, di accesso alla conoscenza durante il lockdown ha enormemente penalizzato chi si trova in una condizione di svantaggio. Per quanto riguarda la dispersione scolastica esplicita, cioè i ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola dopo aver conseguito la terza media, l’Italia non ha raggiunto neppure l’obiettivo fissato per il 2020 (10%), nonostante i forti miglioramenti degli ultimi anni che ci hanno visto passare dal 19% del 2009 al 13,5% del 2019. Permane anche la dispersione implicita: il 9,5% degli studenti termina la Scuola secondaria di secondo grado con competenze di base decisamente inadeguate.

La precarietà è incertezza esistenziale

Nel corso della pandemia si sono persi quasi 700mila posti di lavoro e il recupero che si è registrato nel 2021 non ha colmato questo gap: nel terzo trimestre del 2021 il numero di occupati complessivo era ancora di 350mila unità inferiore a quello registrato a fine 2019. “Oggi la parola ‘occupabilità è usata dalla politica come una clava: l’assenza di questo percorso ha portato a una precarizzazione esistenziale che incide anche su altri diritti”, spiega Camusso.

Come evidenzia l’indagine di “A Buon diritto Onlus”, buona parte dei contratti aperti nel 2021 sono stati a tempo determinato e parziale, mentre aumentano in maniera costante anche i lavoratori poveri: secondo i dati Eurostat l’Italia è al terzo posto in Europa per incidenza di working poors. Più di un milione di persone tra il 2019 e il 2020 è passato da una condizione di precarietà a una di povertà conclamata. Seppure oggi il Governo escluda che il Reddito di cittadinanza abbia sortito effetti, l’indagine di “A buon diritto Onlus” dimostra che nei due anni di grave crisi socio-sanitaria ha rappresentato invece un sostegno concreto e vitale per oltre 4 milioni di persone, alle quali vanno aggiunte nel 2021 oltre 1 milione e 200.000 beneficiari del Reddito di Emergenza.

Salute mentale: minori e detenuti i più colpiti

“Tra i temi più sensibili emersi nel nostro rapporto, c’è sicuramente la salute mentale, un fattore trasversale alle 17 categorie citate nell’indagine: i minori sono quelli che hanno sortito il maggior contraccolpo però”, spiega Calderone di “A buon diritto Onlus”. Un altro luogo “sentinella” all’interno del quale è fondamentale occuparsi di salute mentale è il carcere. Con il 13% di persone con diagnosi grave e una media del 40% di detenuti che soffrono un qualche disturbo mentale, gli istituti penitenziari nel nostro paese scontano una cronica carenza di risorse per una presa in carico di qualità. “Il 2022 è l’anno in cui abbiamo registrato il maggior numero di persone che si sono suicidate in carcere. Purtroppo la condizione di sovraffollamento e la scarsa cura della salute mentale influiscono sul tasso di suicidi che, se solo riguardasse la popolazione libera, sarebbe un argomento da prima pagina per mesi”, conclude Calderone.

Mancano spazi, ma anche risorse per il benessere delle persone, perché nonostante l’impegno a “destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della Salute Mentale”, approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni nel lontano 2001, in Italia la spesa per la salute si attesta sotto il 3%, dimostrando che in Italia, la serenità non è ancora un diritto, ma una conquista.


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