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Cooperazione & Relazioni internazionali

Iran, le cinque blogger che raccontano la rivoluzione

Per i lettori di Vita.it abbiamo scelto cinque attiviste iraniane da seguire su Twitter per capire meglio le proteste e verificare le informazioni che circolano in rete. Attraverso gli occhi e le parole delle donne

di Agnese Palmucci

Twittano ogni ora. Nei giorni più critici postano aggiornamenti continui, con video, foto, dichiarazioni, smentite. Come se il gesto del ticchettare le dita sui tasti di un pc, potesse spingere la rivoluzione delle loro sorelle e dei loro fratelli. Sono le giornaliste iraniane della diaspora, le attrici, le scrittrici, le attiviste per i diritti umani, che negli anni sono state costrette a lasciare il loro Paese per evitare il carcere, o qualcosa di peggio. Quella di questi mesi è una rivolta che parte dalle donne e nelle donne sta avendo il megafono più efficace. Chi non può partecipare fisicamente tra le strade di Teheran, usa i social per rendere visibile al mondo quello che sta accadendo in patria. Questo perché da settembre scorso le autorità iraniane hanno calato la scure della censura sulla rete internet e sull’accesso ai social, già da anni soggetti a restrizioni. Per lo stesso motivo è quasi impossibile, per i giornalisti stranieri, documentare sul campo la repressione dei manifestanti. Per i lettori di Vita.it abbiamo scelto cinque blogger iraniane da seguire su Twitter per capire meglio le proteste e verificare le informazioni che circolano in rete. Dagli occhi delle donne della diaspora.

Masih Alinejad (@AlinejadMasih)
«Patria mia, ti ricostruirò. Anche se con l’argilla della mia anima. Sì, costruiremo una terra dove tutti sentano libertà e uguaglianza, con i mattoni della nostra vita». Nel video postato da Masih si vede un grande lenzuolo con una scritta rossa. L’hanno disegnata gli studenti dell’Università di Sharif, a Teheran. Masih è una giornalista e scrittrice iraniana, e vive negli Stati Uniti in “esilio”, dopo essere stata costretta a fuggire dall’Iran. I suoi folti capelli ricci e il fiore che porta sempre sul capo sono ormai un simbolo di coraggio, resistenza e lotta contro i soprusi del regime di Alì Khamenei in tutto il mondo. È una specie di diario quello che tiene l’attivista su Twitter, che permette di osservare i focolai di rivolta in tutto il Paese, giorno dopo giorno, da dopo l’omicidio di Mahsa Amini. Lunedì scorso dal New York Times era rimbalzata la notizia dell’abolizione della cosiddetta “polizia morale”, la stessa che aveva torturato a morte Amini. «La fake news data dal NYT, che ha cantato vittoria per la presunta abolizione della polizia morale – scriveva su Twitter smentendo la novità che era trapelata in tutto l’Occidente – ferisce la rivoluzione. Quando le dittature, come quella iraniana, sono in pericolo, diffondono propaganda e falsità».

Sima Sabet (@Sima_Sabet)
Gli scioperi collettivi spesso hanno la forza di mettere in ginocchio un Paese e questo Sima Sabet lo sa bene. Lo racconta sul suo profilo Twitter. «Dal 5 al 7 dicembre i mercati di più di dieci città in tutto l’Iran sono rimasti chiusi per lo sciopero nazionale. A Teheran, Karaj, Arak», elenca Sabet, che vive a Londra ed è una giornalista iraniana di lungo corso esperta di Relazioni internazionali. Dure e senza sconti le sue prese di posizione contro il regime, nei tweet che posta senza tregue. Anche così si combatte la dittatura. Anche dall’esilio, con la forza delle idee. «Le Guardie della rivoluzione islamica sono degli assassini», scrive e aggiunge: «Fuori l’Iran dalle Nazioni Unite». Nel post che tiene fissato nella parte alta del suo profilo c’è una frase lapidaria, quasi un’incisione. «Alì Khamenei sarà sempre ricordato come il famigerato dittatore che ordinò l’uccisione dei giovani nelle strade e nelle carceri».

Sana Ebrahimi (@__Injaneb96)
È proprio il fact checking una delle attività più complesse e significative delle attiviste iraniane fuori dall’Iran. Sana Ebrahimi sul suo profilo Twitter si descrive come «dottoranda e citizen journalist», e vive a Chicago. Ha scelto di puntare i riflettori in modo particolare sulle torture nei confronti dei manifestanti, raccontando le storie di tutte e tutti quelli che come Mahsa Amini stanno subendo le violenze della polizia del regime, oppure di chi sparisce nel nulla. Molta attenzione è data dalla giornalista anche alla circolazione, negli Stati Uniti, delle informazioni riguardo le proteste in Iran, con tweet di smentita e talvolta di feroce critica nei confronti delle posizioni della stampa e dei media statunitensi.

Golnaz Esfandiari (@GEsfandiari)
Golnaz è una giornalista Iraniana che da anni vive lontano dal suo Paese. È corrispondente per Radio Free Europe, testata che segue dal campo il conflitto in Ucraina, e ha un suo blog che si chiama Persian Letters. Sul suo profilo Twitter fa controinformazione, raccontando in particolare le azioni e i desideri dei manifestanti. «Con o senza hijab, noi faremo la rivoluzione», scrive su un tweet di alcuni giorni fa, riportando il canto di un gruppo di ragazze a Zahedan, città al confine col Pakistan. «Scene da un regime che sta per cadere», commenta appena sotto. Da Esfandiari, molta attenzione è posta anche su quanto accade a livello di comunità internazionale e sull’eco delle proteste in Iran. Centrale, però, è ancora il racconto delle manifestazioni diffuse in tutte le regioni del Paese, con video e fotografie di prima mano.

Nazanin Boniadi (@NazaninBoniadi)
«Vogliono farmi tacere, dicono che sono collusa con gli Stati Uniti. Ma le sole persone con cui sono “collusa” sono i manifestanti». Nazanin Boniadi è un’attrice iraniana che vive a Los Angeles, e ha fatto del suo profilo Twitter una cassa di risonanza per le proteste. Per questo è stata tacciata da esponenti del Fronte della “Stabilità della Rivoluzione islamica” di fomentare l’odio nei confronti dell’Iran, all’estero, e il suo nome citato nelle interviste di personaggi politici legati al regime. Anche sulla sua pagina, un racconto quasi minuto per minuto delle manifestazioni, con un’attenzione particolare ai diritti umani violentati e agli artisti reclusi. «Non puoi rimettere il genio delle donne iraniane dentro la bottiglia del regime islamico», ha retwittato qualche giorno fa.

VITA ha aderito all'iniziativa "Donna, vita, libertà" a fianco del popolo iraniano che si terrà al teatro Parenti di Milano l'11 dicembre in occasioen della giornata mondiale dei diritti umano. Per info e biglietti clicca qui


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