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Solidarietà & Volontariato

Fotografia del volontariato liquido

Nella percezione dei partecipanti alle attività di piazza promosse nell'ambito di una ricerca condotta a Bergamo e Cosenza (rispettivamente ex e nuovo capitale italiana del volontariato), l'impegno volontario aver perso ogni componente politica ed ideologica in favore di una più liquida tensione verso la relazione intersoggettiva e le gratificazioni che una esperienza positiva di reciprocità può dare

di Paolo Pezzana* e Matteo Lanfranchi

Il Volontariato, come fenomeno sociale e come movimento organizzato, sta attraversando una transizione di forme e significati non minore di quella che sta affrontando la società italiana nel suo complesso. Consci di tale sollecitazione epocale e culturale, i promotori italiani della giornata internazionale del volontariato, hanno quest’anno deciso di partire da una azione di ascolto del pensiero comune sul volontariato, da svolgersi con modalità differenti dalle solite, proprio allo scopo di intercettare i contributi delle persone che normalmente non interagiscono con il mondo organizzato del volontariato nei contesti istituiti. L’azione di ascolto è stata affidata a professionisti dell’arte partecipativa e della trasformazione generativa delle comunità coadiuvati da oltre 40 volontari locali e volontari del servizio civile nazionale. Per circa 6 ore, sabato 3 dicembre, gli operatori di Effetto Larsen ed On! srl impresa sociale, hanno raccolto, in piazza 11 settembre a Cosenza e al Quadriportico del Sentierone a Bergamo, attraverso l’esercizio di tecniche di arte relazionale e partecipativa, opinioni e contributi dalle persone più diverse inerenti la loro percezione ed esperienza del volontariato e della sua significatività nell’attuale momento storico della società italiana.

Le attività proposte ai circa 180 passanti che si sono lasciati in qualche modo coinvolgere, all’avvio dello shopping natalizio, nelle due località hanno cercato di esplorare, attraverso il gioco, l’intervista breve, il posizionamento dinamico nello spazio, queste ed altre questioni ritenute dai partecipanti cruciali per il volontariato.

L’Analisi degli oltre 500 contributi ricevuti in forma orale, video e scritta, unitamente all’osservazione partecipante delle dinamiche realizzatesi nelle due piazze, hanno permesso di rilevare l'emersione di alcuni nuclei tematici prevalenti.

  • Il Volontariato è percepito anzitutto come una esperienza soggettiva e relazionale di benessere, collegata alla esperienza complessiva della cura e connessa con la possibilità e la capacità di dare senso e significato al proprio tempo e alla propria esperienza esistenziale, mediante l’esperienza della possibilità di superare insieme ad altri le proprie paure e gli ostacoli materiali al raggiungimento di obiettivi comuni. Sono emerse molto poco, specie rispetto al passato e a quelle che potevano essere considerate le rappresentazioni istituzionali dominanti rispetto al volontariato, le motivazioni legate all’impegno sociale, alla volontà movimentista, alla dimensione politica dell’impegno volontario, all’idea di bene comune.

  • Il tema del Volontariato e quello del Tempo disponibile e del valore che si attribuisce al proprio tempo sono risultati strettamente correlati; chi pratica il volontariato stabilmente ritiene che si possa essere volontari anche donando pochi minuti del proprio tempo ma con la giusta intenzione; chi pratica informalmente o episodicamente volontariato teme che dedicarvisi più continuativamente richieda ed assorba troppo tempo ed impegno; oltre il 90% dei soggetti contattati per strada che non hanno voluto partecipare alle attività e non si sono fermati ha dichiarato di “non avere tempo”. La mancanza di tempo, insieme all’individualismo, sono emerse dai partecipanti alle attività come i principali ostacoli alla generosità ed alla pratica della gentilezza e, di conseguenza, alla possibilità di impegnarsi in una attività di cura nelle forme del volontariato.

  • Il tempo come oggetto principale del dono che attraverso il volontariato si può fare alle altre persone è risultato la scelta maggioritaria e più evidente da parte della componente over65 dei partecipanti alle attività, che, in relazione a diverse categorie di potenziali beneficiari, hanno pressoché univocamente indentificato il proprio tempo come il modo principale per contribuire alla loro cura. Sotto i 65 anni è invece risultata una distribuzione piuttosto equa delle disponibilità alla contribuzione tra tempo, denaro, beni materiali, impegno ad attivismo civico e saperi e competenze, con una leggera prevalenza di questi ultimi come modalità di contribuzione preferita dai più giovani.

  • Non è emersa, nelle opinioni dei soggetti coinvolti, una correlazione diretta tra il percepirsi come generosi e disponibili e la pratica del volontariato o di altre forme di impegno civico. Gentilezza e solidarietà non sono risultate collegate. Per molti dei partecipanti non impegnati direttamente in associazioni, la parola “volontariato” sembra venuta strutturandosi in modo pesante, connesso con una idea di impegno e di organizzazione burocratica. Le parole gentilezza e generosità vengono percepite come più libere e luminose e comunque attinenti con l’esperienza soggettiva del volontariato.

  • L’idea di volontariato viene molto spesso associata a quella di bontà, molto meno a quelle di gratuità e dono. Il “volontario” genericamente inteso viene percepito come una persona buona, degna, meritevole di lode, che ha fatto una scelta di impegno per il bene collettivo, avendone avuto la possibilità, ma non rappresenta di per sé per i più un modello da seguire e imitare se non se hanno il tempo o le possibilità.

  • Sia tra chi pratica volontariato da molto tempo, sia tra chi lo pratica da meno, sia tra chi lo pratica in modo episodico o non lo pratica affatto, il tema della reciprocità tra dare e ricevere nel volontariato piuttosto che della gratuità del dono non viene percepito come un tema di immediata rilevanza; invitate ad una riflessione più approfondita le persone partecipanti alla attività si sono divise in due gruppi sostanzialmente omogenei, tra chi sostiene che nel volontariato si dona senza aspettarsi di ricevere nulla in cambio e tra chi ritiene che questo sia un falso problema perché ogni attività umana comporta uno scambio per cui donando si riceve necessariamente.

  • Alcuni, specie avendo a mente forme di volontariato specifico legato a grandi organizzazioni internazionali, hanno sostenuto che il volontariato dovrebbe essere professionale, professionalizzato e professionalizzante con ritorno anche economico per garantire la qualità e riconoscere dignità al tempo impegnato. Per altri questa posizione è inaccettabile e mette in evidenza che se il riconoscimento del volontariato viene attraverso il denaro non si può parlare volontariato ma di altro. Il riconoscimento del valore dell’impegno prestato nel volontariato viene comunque più generalmente associato al feed back positivo che si riceve dai destinatari delle proprie azioni di cura e dal proprio ambiente sociale che non al denaro o alle gratificazioni materiali per l’impegno profuso.

  • In generale la grande maggioranza dei partecipanti sostiene che il volontariato, nel suo insieme, sia indispensabile per la tenuta sociale del Paese e per la possibilità di mantenere determinati servizi ai cittadini; a tale percezione difficilmente è però corrisposta la indicazione di esempi specifici in tal senso, come se tale percezione fosse fondata più su un sentire generale che su una conoscenza o esperienza specifica del mondo del welfare in senso ampio.

  • E’ capitato che alcuni passanti, sentendo parlare di volontariato, pur non intendendo partecipare alle attività né fermarsi a dare un loro contributo di riflessione, abbiano offerto denaro ai volontari presenti agli stand. Molti partecipanti hanno interpretato tale atteggiamento come rappresentativo di una diffusa cultura del riconoscimento ma anche della delega e del non coinvolgimento diretto che la maggioranza della popolazione avrebbe nei confronti del volontariato.

  • Quando ci si riferisce al significato, alle motivazioni ed ai valori del volontariato non si pensa tanto all’impegno in una organizzazione di terzo settore o in una pubblica amministrazione, quanto alla scelta libera e gratuita di mettere a disposizione qualcosa di proprio.

  • I più giovani difficilmente associano l’impegno civico e l’esercizio gratuito della solidarietà all’appartenenza ad una organizzazione di volontariato e vivono il volontariato come una dimensione esperienziale possibile, accessibile ma sostanzialmente equivalente alle altre esperienze informali alla loro portata, concepite come eventi specifici, da viversi possibilmente in forma gruppale, con un ritorno emotivo immediato e comunicabile, soprattutto digitalmente;

  • Le organizzazioni di volontariato sono viste come una opportunità utile ma non necessariamente indispensabile e spesso un po’ rigida e burocratica per attivarsi in modo volontario a favore del bene comune.

  • Il Volontariato organizzato è spesso identificato spazialmente con luoghi specifici e spazi dedicati all’assistenza e alla cura, mentre viene interpretata in modo più diffuso a capillare la presenza nella città di luoghi della gentilezza o dove si esprime generosità, sebbene spesso tali spazi siano associati a luoghi di consumo, nei quali ci si aspetta di ricevere un trattamento gentile e di fare una esperienza di generosità perché si è corrisposto qualcosa in cambio.

  • I luoghi associati al Volontariato, sia a Bergamo che a Cosenza, risultano noti ai partecipanti ove si tratti di realtà che offrono direttamente servizi alle persone, specie in un’ottica di beneficienza; meno noti sono i luoghi dove si esprime la cultura del volontariato o hanno sede servizi indiretti alle associazioni, come i CSV. In generale tali luoghi sono percepiti come luoghi istituzionali della città, anche se non hanno legami diretti con l’ente pubblico.

  • E’ molto rara, soprattutto nei giovani e in chi non ha una lunga militanza in organizzazioni di volontariato alle spalle, la percezione della valenza politica del volontariato, che viene anzi in maggioranza rifiutata, ritenendo il volontariato lontanissimo dalla politica e considerando la politica come un luogo che non riflette né considera adeguatamente i valori, la cultura e le motivazioni del volontariato, riducendosi a mero esercizio di potere privo di visione. Meno dell’1% degli interventi raccolti ha qualificato il volontariato, e più in generale l’impegno e l’attivismo civico, come una forma di pratica politica.

  • Meno del 10% dei partecipanti alle attività ha messo in correlazione la pratica del volontariato con il tema dei diritti individuali e della loro tutela e promozione; molto più ricorrente è stata la correlazione tra volontariato, empatia, solidarietà e sostegno reciproco, in un contesto decisamente più focalizzato sulla relazione interpersonale e sulla prestazione di aiuto che non sulla dimensione strutturale entro la quale la relazione si svolge. Chi lega volontariato e tutela dei diritti, in diversi casi, è portato a ritenere che l’esistenza del volontariato sia un sintomo della crisi dello stato nel garantire i diritti e il welfare.

  • La maggior parte dei partecipanti ritiene che il volontariato sia sottovalutato dalle Istituzioni, spesso sfruttato per porre rimedio a deficit strutturali del sistema di Welfare e quindi a volte strumentalizzato dalla politica per coprire proprie mancanze e sostenuto più perché contribuisce con le proprie prestazioni a offrire servizi che non perché rappresenta un valore e un modo per esercitare in modo attivo la cittadinanza. Tra i più giovani l’atteggiamento critico verso le Istituzioni e il loro rapporto con il Volontariato appare più marcato che tra coloro che sono impegnati nelle associazioni; questi ultimi tendono infatti, oltre che a esprimersi criticamente, a portare anche esperienze positive di collaborazione con la Pubblica Amministrazione.

  • Quasi nessuno degli interventi raccolti ha citato la dimensione digitale come un luogo o una forma di esercizio del volontariato, unanimemente percepito come un fenomeno eminentemente legato alla relazione fisica e a una dimensione spaziale e temporale concreta e tangibile.

  • Appare molto diffusa tra i partecipanti con una esperienza di volontariato la consapevolezza che il Volontariato e, più in generale, il Terzo Settore, non sappiano comunicare, neanche al proprio interno, e non siano in grado di capire ed utilizzare i mezzi di comunicazione digitale per trasmettere i propri valori e coinvolgere nelle proprie attività le altre persone.

  • Una significativa parte delle persone coinvolte nelle attività ritiene che il Volontariato comunichi con i fatti e non con le parole; di conseguenza reputa importante adottare modalità di comunicazione che privilegino l’esperienza pratica e mettano in evidenza i fatti, senza discorsi eccessivi sui valori.

Da questa ampia sintesi emerge piuttosto chiaramente, anche se da un campione casuale e non certo statisticamente rappresentativo, l’idea di un volontariato inteso sempre meno come esperienza collettiva ed organizzata di pratica e promozione della giustizia sociale e sempre più come pratica soggettiva e nobilitante, con evidenti e positive ricadute sociali, di un modo di fare, individualmente e collettivamente, una esperienza di benessere differente a tratti alternativa rispetto alle ordinarie proposte del capitalismo estrattivo contemporaneo. Nella percezione dei partecipanti alle attività di piazza, il volontariato sembra in fondo aver perso ogni componente politica ed ideologica in favore di una più liquida tensione verso la relazione intersoggettiva e le gratificazioni che una esperienza positiva di reciprocità può dare.

Il cosiddetto “volontariato liquido”, ossia quello praticato sporadicamente e al di fuori degli enti di terzo settore, appare percepito come la forma maggiormente rappresentativa e in qualche modo “istituente” del volontariato e del suo spirito più autentico. L’adesione e l’impegno stabile in una organizzazione sono vissuti come una possibilità ed una opportunità, ma anche come un irrigidimento ed un vincolo burocratico capace di penalizzare l’ispirazione personale e la possibilità di esprimersi liberamente attraverso il volontariato.


* Collaboratore del centro di ricerca ARC dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e amministratore On! srl impresa sociale – www.onimpresasociale.it

** Founder di Effetto Larsen – www.effettolarsen.it


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