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Appalti e cooperazione sociale, il vulnus della pubblica amministrazione

Oggi a Cagliari si è tenuto un seminario che è servito a tracciare un bilancio dei primi quattro anni di attività dell’Osservatorio territoriale sugli appalti pubblici. Le contraddizioni emerse in molte gare degli enti pubblici rispetto al Codice Anac. Tariffe al ribasso per una qualità sempre più scadente dei servizi, a discapito degli utenti. Intanto si va verso la costituzione di un Osservatorio regionale

di Luigi Alfonso

C’è un vulnus nella pubblica amministrazione in materia di appalti e servizi di qualità, in particolare nel settore della cooperazione sociale. A quattro anni dalla sua costituzione, questa mattina l’Osservatorio territoriale di Cagliari sugli appalti pubblici ha stilato un primo bilancio con un seminario sugli “Affidamenti di servizi sociali nelle linee guida Anac n. 17/2022”, al quale hanno partecipato i rappresentanti delle organizzazioni che fortemente hanno voluto questo organismo: Agci, Confcooperative, Legacoop, Cgil Fp, Cisl Fp, Uil Fpl e Cisl Fisascat. Un primo passo verso la prossima costituzione di un Osservatorio regionale.

Perché si è avvertita la necessità di avviare questa esperienza che racchiude tutte le centrali cooperative e le tre organizzazioni sindacali confederali del settore pubblico? «Oggi abbiamo fatto una sintesi del lavoro avviato nel 2018», spiega Antonello Pili, presidente di Federsolidarietà Sardegna. «L’Osservatorio in questi anni ci ha consentito di dialogare con la pubblica amministrazione. Abbiamo raccolto le segnalazioni che ci sono arrivate dalle nostre cooperative: per esempio, su gare che non erano congrue, quindi sotto soglia rispetto ai costi di gestione, oppure su procedure non consone con il Codice degli appalti. Abbiamo segnalato alle stazioni appaltanti che cosa non andava per il meglio. L’obiettivo non era la contestazione fine a se stessa, quanto l’avvio del dialogo con gli enti pubblici. Purtroppo, non tutte le Amministrazioni hanno risposto alle nostre osservazioni. I risultati tutto sommato sono stati abbastanza positivi, visto che alcuni enti hanno modificato le decisioni iniziali».

«La crisi energetica e le tariffe non adeguate, in questo periodo stanno facendo assumere all’Osservatorio un ruolo ancor più importante», sottolinea ancora Pili. «A volte la pubblica amministrazione contraddice se stessa, contravvenendo alle norme del Codice degli appalti. Occorrono operatori più formati in questa materia: mi riferisco soprattutto ai responsabili unici del procedimento, noti con l’acronimo Rup. Inoltre, dovrebbero iniziare a considerare le centrali cooperative non come un settore di serie B, bensì come strutture organizzate di professionisti che meritano un degno riconoscimento economico in base alle tabelle contrattuali. Se si va sotto soglia, si mettono in difficoltà gli operatori: molti Comuni non hanno coscienza della qualità del lavoro delle persone che lavorano e dei servizi erogati. È come se a un dipendente pubblico, al momento di un concorso, venisse chiesto di accettare un ribasso del proprio stipendio oppure di migliorare i servizi a spese sue».

«Sono stati quattro anni non semplici, e gli ultimi due sono stati pure segnati dalla pandemia e dalla crisi economica», commenta Andrea Pianu, responsabile di Legacoop sociali Sardegna. «La maggior parte dei servizi sociali e alla persona, servizi di interesse generale a titolarità pubblica, viene erogata prevalentemente con procedure d’appalto ed esternalizzata. La qualità delle risposte ai bisogni dei cittadini, in campo sociale, assistenziale e sociosanitario, dipende dalla relazione virtuosa tra la pubblica amministrazione e una parte fondamentale del Terzo settore, la cooperazione sociale. Da questa relazione virtuosa dipendono anche la qualità, la dignità e il riconoscimento del lavoro professionale degli operatori che sono chiamati a progettare ed erogare i servizi. La modalità di predisposizione delle procedure, il loro svolgimento fino all’erogazione dei servizi, incide sistematicamente su più fronti. Per prevenire gli effetti negativi su utenti e operatori, in termini di qualità di servizio e del lavoro, occorre richiamare tutti alla propria responsabilità: la pubblica amministrazione, la politica, gli enti locali. Bisogna voltare pagina e puntare su cinque pilastri: qualità del lavoro, qualità dei servizi, gestione innovativa, monitoraggio della qualità, partecipazione dell’utenza. Sono aspetti che devono tenersi insieme già in fase di predisposizione del servizio, per garantire le risorse adeguate al suo svolgimento, alla sua capacità di incidere sui bisogni».

L’attenzione dell’Osservatorio si è concentrata su alcuni aspetti fondamentali, come precisa Pianu: «Le risorse messe in campo, la continuità del servizio e del lavoro in funzione degli operatori e degli stessi utenti (il ruolo della clausola sociale), il contrasto alle gare al massimo ribasso e l’attenzione a promuovere un effettivo utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Dico “effettivo utilizzo” perché procedure formalmente guidate da questi criteri, nei fatti si rivelano ancorate a logiche di risparmio e di premialità del minor costo per la pubblica amministrazione. Rispetto a questi aspetti, l’Osservatorio si è messo a disposizione delle imprese e del territorio per valutare la coerenza delle procedure. Vogliamo riaffermare il ruolo della cooperazione sociale in qualità di partner e non di mera agenzia di somministrazione di personale. Partner per progettare e gestire servizi con profilo di innovazione rispetto ai bisogni. È auspicabile uno scambio di informazioni ed esperienze con e tra la pubblica amministrazione, i referenti degli uffici, che sempre più risulta utile non solo per il corretto riconoscimento degli inquadramenti professionali e del contratto collettivo nazionale di lavoro ma anche per evitare equivoci e contraddizioni nelle richieste di produzione delle offerte tecniche. Inoltre, occorre una maggiore consapevolezza che la discrezionalità della norma, affidata alla responsabilità dei funzionari pubblici, deve essere accompagnata sempre più dalle indicazioni di risultato che l’Amministrazione vuole conseguire. E questi livelli devono essere coerenti».

Tutto ciò ha suscitato attese ben oltre il territorio della provincia del Sud Sardegna e della Città metropolitana di Cagliari. «Ed è proprio questo fatto che ci porta oggi a lavorare ad un ripensamento in chiave regionale dell’Osservatorio territoriale», spiega Pianu. «Su questo obiettivo è maturata un’intesa politica con le organizzazioni regionali che, nelle prossime settimane, porterà alla definizione delle modalità organizzative e metodologiche d’intervento. È un periodo in cui sono in corso cambiamenti significativi della normativa di riferimento: aspetti da presidiare, studiare e approfondire insieme, perché animati dalla stessa volontà e finalità generale di interesse pubblico, come ci viene riconosciuto dal Codice del Terzo settore. In un orizzonte che segnerà sempre di più il futuro delle relazioni con la pubblica amministrazione da parte del Terzo settore, l’orizzonte dell’amministrazione condivisa deve superare la fase delle dichiarazioni di principio per diventare sperimentazione pratica di co-programmazione e co-progettazione, istituti che costituiscono il presupposto per un reale ripensamento del sistema del welfare rispetto ai nuovi bisogni sociali e di benessere dei cittadini».