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Afghanistan, i talebani e il ricatto all’Occidente sulla pelle delle donne

I talebani hanno vietato alle donne di frequentare le università. Questo è solo l’ultimo provvedimento, in ordine di tempo, che rende impossibile per loro la vita nel Paese. «I talebani sono in grande difficoltà», spiega Luca Lo Presti, presidente di Pangea Onlus. «I fondi della banca centrale afghana sono bloccati, il Paese va avanti solo con il supporto delle ong, la gente sta letteralmente morendo di fame e freddo. La situazione è così drammatica che la preoccupazione principale non è la possibilità di frequentare l’università o di andare scuola: ma che non muoiano prima di riuscirci»

di Anna Spena

I talebani hanno vietato alle donne di frequentare le università. Questo è solo l’ultimo provvedimento, in ordine di tempo, che rende impossibile per loro la vita nel Paese. Le donne non possono frequentare neanche la scuola secondaria, o entrare in un giardino, figurarsi in una palestra. Non possono lavorare o camminare per strada da sole. Da quando i talebani sono saliti al potere nell’agosto del 2021, la situazione è drammatica. Ma Kabul, prima di quella data, era solo uno specchietto per le allodole che non rifletteva la realtà di quello che succedeva già in tutto il resto del Paese.

Il ricatto sui diritti

«Quello delle università», spiega Luca Lo Presti, presidente di Pangea Onlus, l’organizzazione lavora nel Paese dal 2003 soprattutto al fianco delle donne, «è un provvedimento che non mi lascia sorpreso. Sono da poco tornato dall’Afganistan e l’impressione è che i talebani siano in un momento di grandissima difficoltà. Il Paese è totalmente allo sbando e loro non sanno che direzione prendere. Le banche hanno riaperto, ma i fondi della banca centrale afghana sono ancora bloccati dal governo americano. Di fatto non ci sono soldi per pagare gli stipendi, non ci sono soldi per mandare avanti la macchina pubblica. L’economia è letteralmente ferma». Ma perché continuare a colpire le donne? «Immagino che il governo talebano sappia quanto i diritti delle donne stiano a cuore agli occidentali. Continuare a restringere i loro diritti, letteralmente a sottrarglieli, dipende probabilmente dalla grande necessità di dialogo di cui hanno bisogno con i Paesi occidentali. Dialogo che cercano di aprire attraverso i ricatti. In parole povere credo che ambiscano a questo: aprire un tavolo delle trattative che gli consenta di avere risorse economiche, in pratica un’apertura in cambio di soldi».

28,3 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria

In Afghanistan il numero di persone che ha bisogno di assistenza umanitaria è salito a 28,3 milioni. Le continue siccità hanno provocato un drammatico aumento dei bisogni di igiene personale e le politiche delle autorità de facto, in particolare per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla società, hanno determinato un aumento del 25% dei bisogni di protezione. Nel 2022, gli operatori umanitari hanno aiutato 27,2 milioni di persone nel Paese. «È anche iniziato l’inverno», continua Lo Presti. «Un inverno gelido. Insieme alla fame la gente inizia a morire anche di freddo. La situazione è così drammatica che con Pangea abbiamo deciso di riattivare il programma di distribuzione di cibo, stufe, coperte. Oggi le uniche risorse in aiuto alla popolazione arrivano dalle ong».

L’Afghanistan rischia di scomparire

Il Governo talebano non è un governo unito e questo aggrava la situazione dei cittadini. C’è una struttura centrale e poi i governatorati locali: «si registra una grandissima frammentazione. E ogni governatore locale applica le leggi a modo suo. C’è il governatorato di Kabul che pare essere parzialmente più moderato, e poi le province più estreme. Ma il punto vero di quello che sta accadendo nel Paese non riguarda solo le donne, non riguarda solo le scuole e le università che non possono frequentare: i talebani governano un Paese dove il 95% della popolazione sta morendo, di fatto l’Afghanistan rischia di scomparire. Immaginate un intero Paese che muore: è drammatico. Nelle province più remote, ma nella stessa periferia di Kabul non c’è acqua, per scaldarsi si brucia spazzatura, non c’è cibo. Pangea da sempre è al fianco delle donne afghane e si batte per i loro diritti, ma ammetto che la situazione è così critica che la preoccupazione principale non è la possibilità di frequentare l’università o di andare scuole: ma che non muoiano prima di riuscirci».


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