Famiglia & Minori

Una famiglia per i minorenni migranti soli: 14 step per farne un diritto

Appena il 3% dei minori stranieri non accompagnati è accolto in famiglia: per loro si pensa sempre solo alla comunità. Il progetto Ohana ha avviato 51 affidi in famiglia, dimostrando che "si può fare". Ora serve mettere a sistema le esperienze, rendendo l'accoglienza in famiglia un diritto esigibile. Ecco le linee metodologiche e le raccomandazioni

di Sara De Carli

Undici territori in sette regioni, 22 partner, 80 operatori sui territori, 236 famiglie selezionate (di cui 82 idonee e 45 in valutazione), 111 minori in valutazione, 51 affidi realizzati, di cui 34 già in corso e 18 in avvio: è su questa importante base di esperienza che il progetto Ohana ha elaborato delle linee metodologiche e delle raccomandazioni per l’affido dei minorenni migranti soli. Il progetto, che vede il Cnca come capofila ed è stato finanziato dal Ministero dell’Interno con i fondi Fami, punta a rendere più facilmente realizzabile il diritto ad una famiglia dei minorenni migranti soli, una dicitura che il gruppo di lavoro preferisce a quella di minori stranieri non accompagnati.

Ancora troppo spesso, infatti, per i minori stranieri non accompagnati nemmeno si nomina l’opzione dell’affido in famiglia: perché – si pensa – sono troppo grandi, perché non ci sono famiglie disponibili, perché l’affido sarebbe troppo difficile… Fatto sta che secondo i dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali solo il 3% dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano è collocato in famiglia. «Complessivamente considerati i minorenni stranieri non accompagnati in affidamento familiare a fine 2019 sono stimabili in poco meno di 500 soggetti», dice l’ultimo report sui minori fuori famiglia, pubblicato nel novembre 2019. Oggi i minorenni migranti soli presenti in Italia sono 20.032 (dato al 31.11.2022) contro i 6.054 che si registravano al 31.12.2019, data cui fa riferimento il report ministeriale. Nel 2022, all’interno del sistema SAI, gli affidi di MSNA sono stati circa 120, triplicati rispetto all’anno prima.

Le linee metodologiche e le raccomandazioni elaborate in seno al progetto Ohana sono state presentate a Milano il 15 dicembre scorso, nell’evento conclusivo del progetto. Hanno due punti fermi: l’appropriatezza dell’affido, che anche nel caso dei minorenni migranti soli non è necessariamente e a priori la migliore soluzione possibile e la valorizzazione dell’apporto della società civile al fianco dell’ente pubblico, che ha la titolarità in materia. Uno degli elementi di forza del progetto è il sistema di sostegno al singolo progetto di affido, con degli operatori di progetto appartenenti agli enti di Terzo settore coinvolti, che garantiscono alla famiglia affidataria una reperibilità H24, 365 giorni l’anno. Questa riflessione si inserisce peraltro nella revisione in atto delle Linee guida per l’affidamento familiare, del 2012.

Quattordici sono le raccomandazioni emerse dalla rilettura dell’esperienza e dalle interviste a famiglie, minori e operatori. Ne riassumiamo qui alcune, come step necessari per passare dalla fase sperimentale dell’affido in famiglia per i minorenni migranti soli (sono 7 i progetti in questo senso finanziati dal Ministero dell’Interno con i fondi Fami, non c’è solo Ohana) alla compiuta diffusione dell’affido come diritto dei minorenni migranti soli. È questa, difatti, la raccomandazione numero 14: «Uscire dalla fase di sperimentazione dell’affido dei minorenni migranti soli». Le criticità che impediscono di fare “il salto” verso la messa a sistema vanno dalla mancanza di risorse economiche e professionali alla mancata istituzionalizzazione dei ruolo di tutti i soggetti coinvolti, in particolare delle Asl, dalla cultura dei servizi (si pensa spesso ancora che “non si può fare) alla fatica che gli enti locali fanno ad avere una logica di programmazione sugli affidi, in particolare per i minorenni migranti, così da accantonare le risorse necessarie per garantire la continuità e la sostenibilità degli affidi.

  • Raccomandazione 1. Maggior sostegno alla pratica degli affidi familiari da parte delle amministrazioni locali. Promuovere questa modalità tra le amministrazioni comunali, come valida risorsa di accoglienza e opportunità di accompagnamento all’inclusione. Oggi secondo i dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, solo il 3% dei MSNA presenti in Italia ha un affido famigliare in corso.
  • Raccomandazione 2. Moltiplicare le opportunità di accompagnamento delle famiglie affidatarie, attraverso progetti di supporto all’affido, anche assicurandone la continuità temporale. Il supporto alle famiglie si è dimostrato estremamente positivo per la buona riuscita dell’affido e questo supporto non può quindi essere legato alla dimensione temporale di un progetto.
  • Raccomandazione 3. Favorire e sostenere i rapporti della famiglia affidataria con la famiglia biologica del minorenne migrante solo. È un elemento che si tende a sottovalutare, ma i minori hanno spesso una comunicazione costante con la famiglia di origine che non può essere ignorata.
  • Raccomandazione 8. Rafforzare le competenze delle famiglie interessate all’affido e di quelle affidatarie, tramite la formazione. Una formazione che deve avere, evidentemente, un taglio transculturale.
  • Raccomandazione 11. Prevedere soluzioni procedurali che rendano più celere il processo di affido del minorenne migrante solo. I MSNA sono per lo più ragazzi di 15-16-17 anni, con un progetto migratorio molto preciso: l’inserimento in famiglia deve avvenire in tempi molto limitati nel tempo, magari prendendo spunto dalla scelta di Regione Lombardia di accreditamento per tutte le organizzazioni di Terzo settore.
  • Raccomandazione 12. Promuovere l’affido in famiglie omoculturali. Tra le famiglie disponibili all’affido, balza all’occhio l’assenza di famiglie omoculturali: l’affido in tali famiglie è di non facile attuazione, ma esse possono essere un valido riferimento per i minorenni migranti soli.
  • Raccomandazione 13. Stimolare l’ascolto dei minorenni. L’affidamento in famiglia non è sempre e comunque la modalità di intervento più adeguata per i minorenni migranti soli. Per questo l’ascolto dei minori è fondamentale. L’affido può anche trovare resistenze da parte del minore, specie quando è più grande e con un mandato migratorio ben preciso, soprattutto se non viene compreso esattamente per ciò che è. Per questo è importante presentare loro anche le esperienze positive vissute da altri coetanei.


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