Sostenibilità sociale e ambientale

La caccia nelle città? Un rischio per la sicurezza di tutti

Ha alzato un polverone l'emendamento voluto dal Governo per consentire gli abbattimenti della fauna selvatica. Un provvedimento esteso alle aree protette e persino ai centri abitati. Polemico Massimo Vitturi, responsabile Area animali selvatici della Lega anti vivisezione (Lav): «Un pessimo segnale sotto il profilo culturale». L'Associazione lancia un appello al presidente Mattarella perché rimandi l'articolo in questione alle Camere

di Luigi Alfonso

Fa discutere parecchio l’emendamento inserito dal Governo nella legge di bilancio per consentire gli abbattimenti di fauna selvatica per motivi di sicurezza stradale anche in aree protette e addirittura nelle città. Inizialmente era stato giudicato inammissibile ma poi è stato riammesso tra gli emendamenti segnalati. Il caso Roma, dunque, viene affrontato di petto tralasciando i problemi di sicurezza e il discutibilissimo aspetto culturale nell’approccio. «È un elemento di attenzione sul quale anche noi abbiamo sollevato delle critiche, perché ci sono gli animali ma ovviamente ci sono le persone», sottolinea Massimo Vitturi, responsabile nazionale Area animali selvatici della Lega antivivisezione – Lav. «Gli interventi che il Governo Meloni autorizza non rientrano nell’attività venatoria. È importante spiegarlo a tutti, perché è un elemento di dettaglio tecnico che pochi hanno compreso. Durante la caccia, ciascun cacciatore ha l’obbligo di rispettare molte regole imposte dalla legge nazionale, tra cui quelle che riguardano la sicurezza. Per esempio, delle persone. Si impongono distanze minime da rispettare non solo quando si spara ma anche quando si va alla ricerca di un animale imbracciando un fucile carico, dunque in una condizione di pericolosità. Il cacciatore deve tenersi a una distanza minima di 100 metri dalle abitazioni piuttosto che dai luoghi di lavoro o dalle ferrovie, che diventano 150 metri nel caso in cui si spari nella direzione dell’abitazione più vicina. Con questo emendamento, ognuno di loro potrà sparare addirittura tra le strade cittadine. Gli interventi di controllo faunistico, infatti, non sono soggetti alle regole dell’attività venatoria».

L'emendamento fa discutere così tanto da indurre la Lav a chiedere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non firmare la legge di Bilancio e "rimandare alle Camere l'articolo che autorizza la caccia sempre e ovunque (…) perché autorizza il Far West fra abitazioni e scuole, toglie ai parchi la protezione degli animali selvatici, perché nulla c'entra con un provvedimento che tratta questioni economiche".

«In questo modo faranno felici i cacciatori, in buona parte vicini all’area politica che ha proposto questo provvedimento», aggiunge Vitturi. «Non a caso, tra i firmatari compare anche Maria Cristina Caretta, vicentina, cacciatrice sfegatata e presidente della Confavi, la Confederazione delle associazioni venatorie italiane. Chiunque abbia una licenza, dal 1° gennaio 2023 potrà entrare nel giardino di un’abitazione privata e sparare. Senza incorrere in sanzioni. È inconcepibile».

Vitturi ha un’altra chiave di lettura: «Si sta utilizzando la questione cinghiale per far digerire meglio questa rivoluzione negativa del sistema caccia a livello nazionale. Da nessuna parte dell’emendamento approvato si parla del cinghiale, bensì di qualsiasi specie di animale selvatico. In questo modo viene esautorato il controllo scientifico su ciò che si va a fare, comportando pure il rischio della perdita di biodiversità. Come intervenire? Questo emendamento non può essere migliorato, andrebbe cassato perché sostituisce l’articolo 19 della legge sulla caccia, che prevedeva delle attività nei confronti di animali cosiddetti dannosi con rigore e il coinvolgimento dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Oggi l’articolo 19 prevede che prima si debbano provare tutti i sistemi biologici, cioè quelli che non comportano l’abbattimento di un animale. Dopo una corretta valutazione scientifica, si può arrivare a un piano di abbattimento. Qui invece c’è un “liberi tutti”, una prova muscolare».

«C’è una sola soluzione per risolvere il problema che, lo sottolineo, non appartiene soltanto a Roma», commenta Vitturi. «Tenere pulite dai rifiuti le città. Perché gli animali, compresi i gabbiani, i piccioni e le cornacchie, vanno là dove c’è del cibo da procacciare senza troppa fatica. Quindi è un problema che riguarda tutti: i cittadini, i turisti, l’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti urbani, le istituzioni. Con questo emendamento si finge di risolvere il problema, ma esso rimarrà tale e quale: dopo un po’, i cinghiali torneranno. E saremo punto a capo. Ora i cacciatori potranno divertirsi senza problemi. La soluzione è una sola: pulizia e corretta gestione dei rifiuti. Per quanto riguarda l’agricoltura, bisogna togliere la gestione dalle mani dei cacciatori, perché sono loro la causa del problema. Ricordiamoci che l’estinzione del cinghiale nazionale è strettamente legata all’introduzione di altre razze provenienti dall’estero, che sono più grandi e più prolifiche».

La vicenda, insomma, sarebbe stata semplificata perché fa comodo a certe categorie. «Non c’è dubbio. Dirò di più: si parla di sicurezza stradale, ma ho controllato i dati ufficiali dell’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale che fa un lavoro certosino sugli incidenti stradali in Italia: ebbene, dal 1° gennaio al 31 ottobre 2022 sono morte 10 persone a causa di incidenti causati da animali selvatici e domestici (le specie non sono specificate, ndr). Nel solo week end dal 2 al 4 dicembre hanno perso la vita 33 persone per incidenti dovuti ad altri motivi. È facile intuire che il problema non è questo, e non è neppure risolvibile perché è impossibile impedire a tutti gli animali selvatici di attraversare le strade. Dispiace per le persone che sono morte, certamente, ma questo è un elemento che non potremo mai eliminare».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA