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Niente soldi agli ex detenuti senza recidive da meno di 10 anni

Maria Grazia Caligaris, a nome dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, conduce una battaglia in nome di coloro che, pur avendo chiuso i conti con la giustizia e avendo evitato di ricadere in tentazione, non potranno beneficiare del provvedimento che sostiene le persone in difficoltà economica

di Luigi Alfonso

«Escludere dalla possibilità di fruire del reddito di cittadinanza le persone che hanno scontato la pena e che da meno di 10 anni non sono recidive, è una misura sulla quale è necessario intervenire per rimuoverla o ridimensionarne la portata. Rischia infatti di far reinserire nel circuito malavitoso chi da diversi anni con grande fatica se n’è tenuto lontano». Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, non ci gira attorno e va al cuore del problema, sollecitata da alcuni ex detenuti che si sono rivolti all’Associazione per lamentare la discriminazione della quale si sentono vittime.

«Ho utilizzato il reddito di cittadinanza per far fronte in questi anni a bisogni primari», spiega A. B., cagliaritano di 65 anni. «Trovare un lavoro per un ex detenuto, anche se non ha commesso un omicidio, non è un violentatore, né un pedofilo e non spaccia droga, è un’impresa difficilissima. I pochi lavori saltuari, che si riescono a svolgere, coprono solo in parte i bisogni. Per pagare l’affitto bisogna chiedere aiuto alla Caritas e gestire una vita così precaria non è facile. In questi sette anni e mezzo, fuori da qualunque circuito malavitoso e sempre attento a non ricaderci, il reddito di cittadinanza mi ha aiutato. Ora però ho scoperto che non ne potrò più usufruire perché è riservato solo a quelli che hanno terminato di scontare la pena da almeno dieci anni».

Il caso di A. B., purtroppo, non è isolato. «Sono diverse le famiglie che, da un giorno all’altro, senza alternative oltre la mensa della Caritas, si sono ritrovate senza quel supporto indispensabile non per acquistare regali o viaggi, ma per affrontare la vita senza dover perdere del tutto la dignità, prima ancora della libertà», è l’amara considerazione di Caligaris. «Lo Stato, e in questo caso specifico il decreto Aiuti, approvato a luglio ma ormai entrato a regime attraverso l’Inps, non può negare la stessa funzione riabilitativa del carcere. Una persona che ha scontato la pena, a cui era stato assegnato il reddito di cittadinanza, che da oltre un lustro cerca di guadagnarsi onestamente da vivere, nonostante le oggettive difficoltà a trovare un lavoro non può diventare facile preda delle organizzazioni criminali».

«Non si comprende perché lo Stato sembri volersi accanire su chi è in serie difficoltà e tralasci del tutto invece di guardare più da vicino chi non paga le tasse», conclude Caligaris. «Lascia interdetti anche un mondo politico spesso distratto sui problemi concreti dei cittadini più fragili. La legge di Bilancio può essere un’occasione per rimettere a posto le cose? Restituire dignità alle istituzioni può passare anche dal ridimensionare un provvedimento che così com’è appare sbagliato e forse anche incostituzionale, perché discrimina cittadine e cittadini che hanno pagato il loro debito con la società e hanno diritto a essere alla pari degli altri, persone senza aggettivi».


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