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Vies Collinaires, il racconto della lotta contro la malnutrizione in Burundi

Il Burundi registra i tassi di malnutrizione più elevati al mondo. Vies collinaires, il documentario a cura di Stefano Cioni e realizzato da WeWorld, mostra la risposta delle comunità locali per superare le vulnerabilità del territorio. A girare le immagini non sono filmaker professionisti ma persone locali che, attraverso delle action-cam, hanno accettato di raccontare la loro quotidianità fatta di formazione, incontri con le famiglie e visite mediche

di Redazione

«Nuovi strumenti e competenze ci permettono di monitorare la crescita dei bambini. Grazie alla formazione le mamme possono imparare come nutrire meglio i figli per un corretto sviluppo». Così spiegano le donne che ogni giorno combattono la malnutrizione in Burundi, in Vies Collinaires – Racconti dalle comunità burundesi, il documentario collettivo a cura di Stefano Cioni, realizzato da WeWorld con i finanziamenti dall’Unione Europea

Il Burundi, infatti, registra tra i tassi di malnutrizione più elevati al mondo. A causa di pratiche alimentari inadeguate o di carenza di cibo i bambini e le bambine sono affetti da un deficit cronico di micronutrienti, causa di gravi ritardi nella crescita fisica ed intellettuale dei più piccoli. È per questo che WeWorld lavora per garantire uno stato nutrizionale adeguato alle mamme e ai propri bambini e l’accesso a cure mediche per tutte e tutti.

Vies collinaires mostra la risposta delle comunità locali per superare le vulnerabilità del territorio. Lo fa raccontando come, grazie al coinvolgimento di madri e leader comunitari, i centri di formazione e riabilitazione alimentare forniscono nuovi strumenti e competenze che migliorano la resilienza delle comunità affinché possano essere in grado di promuovere le pratiche favorevoli al miglioramento della sicurezza alimentare e della nutrizione.

Protagonista del documentario, che offre uno spaccato sulla sicurezza alimentare nel Paese, è la comunità locale che qui diventa nel contempo attrice e regista avendo un ruolo fondamentale sia davanti che dietro le telecamere. A girare le immagini, infatti, non sono filmaker professionisti ma persone locali che, attraverso delle action-cam, hanno accettato di raccontare la loro quotidianità fatta di formazione, incontri con le famiglie e visite mediche.

«Le action-cam permettono in modo semplice ma efficace di lasciare alle comunità il racconto del proprio paese e della propria quotidianità», racconta Andrea Comollo, responsabile comunicazione di WeWorld. «Avevamo già sperimentato questa metodologia in Mozambico e abbiamo deciso di continuare il lavoro in Burundi, perché la scelta di come rappresentarsi, cosa e come raccontare la propria quotidianità e le proprie sfide, spetti alle persone che le vivono ogni giorno direttamente». Un lavoro, dunque, che nasce da un processo collettivo che permette alla comunità stessa di scegliere cosa mostrare, senza che nessuno lo faccia per loro. Un racconto dal basso – e per questo vero e potente – che mostra le fragilità e la forza di uno dei paesi più poveri al mondo.


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