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Cultura, la cooperazione come modello di sviluppo

L'intervento della presidente di CulTurMedia Legacoop: «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione della partecipazione cooperativa a modelli ibridi di sviluppo a base culturale, prima in forma pionieristica, oggi invece previsti anche da misure importanti del Pnrr e da interventi della prossima Programmazione italiana ed europea, primi fra tutti le forme speciali di Partenariato Pubblico-Privato previste inizialmente solo per il patrimonio culturale ma già estese anche a borghi e parchi»

di Giovanna Barni

In un momento in cui instabilità e crisi sanitaria, energetica, economica hanno messo e mettono a dura prova il Paese e il mondo del lavoro, anche nel settore della Cultura tra i più colpiti dalla Pandemia diviene importante fare rete e adottare modelli e strategie di sviluppo nuovi. Con sempre maggiore evidenza constatiamo come un modello di crescita solo quantitativo si sia definitivamente incrinato, accelerando la necessità di trasformazioni verso uno sviluppo più inclusivo, equo, sostenibile e diffuso territorialmente e verso forme più consapevoli e partecipate di consumo. Due asset in particolare, prima marginali, possono oggi fare la differenza, nel nostro Paese ma anche in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo.

  • La Cultura, da un lato, con un ruolo fondamentale nelle politiche di coesione ma anche nella “umanizzazione” delle transizioni digitali e green, veicolo di crescita di consapevolezza critica, di partecipazione democratica, di infrastrutture educative più eque ma anche di sviluppo di nuove economie di cura e valorizzazione delle persone e dei territori – come riconosciuto dalla stessa Agenda Onu 2030.
  • La Cooperazione, dall’altro, che a sua volta contribuisce a un nuovo approccio, aperto, inclusivo- mutualistico, partecipato e collaborativo, di cui un nuovo modello di sviluppo sostenibile necessita. Già dal 2016 l’idea cooperativa è infatti inserita nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Recentemente, nell’ambito dell’evento collaterale di Mondialcult 2022 tenutosi a Bruxelles, l’Unesco e l’Associazione Internazionale della Cooperazione hanno approfondito il legame tra il modello cooperativo per cultura e patrimonio culturale e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile: in quanto strumento “land and community based” le cooperative sono impegnate con successo nella cura e messa a valore dei Commons (le risorse culturali e naturali di cui il nostro Paese diffusamente dispone) e in quanto organizzazioni autoimprenditoriali dei soci garantiscono dignità e sicurezza anche a quei lavori culturali, creativi e innovativi, altrimenti condannati al precariato. Ampie riflessioni su questi temi sono state portate avanti in queste settimane durante le assemblee congressuali di CulTurmedia nelle diverse regionali d’Italia – in fase di avvicinamento al congresso nazionale che si terrà a febbraio a Roma – attraverso l’incontro con tante diverse realtà cooperative. Sono circa un migliaio quelle che operano in diversi comparti, spesso con accenti innovativi (dalla rigenerazione di monumenti, luoghi della cultura e aree urbane, alla valorizzazione di borghi e aree rurali, al turismo lento e di comunità, al teatro per giovani e sociale, alla piccola editoria e ai media di prossimità) che hanno testimoniato da una parte le difficoltà di un mondo tuttora fragile e poco sostenuto e dall’altra la capacità di resilienza (e attrattività) di questo settore.

Dai dati Legacoop emerge infatti con evidenza come al crollo del fatturato nel 2020/2021 (causato dalla crisi sanitaria prima, da quella energetica ed economica poi) non sia corrisposto un uguale crollo dell’occupazione, che anzi si è mantenuta costante o in crescita

Dai dati Legacoop emerge infatti con evidenza come al crollo del fatturato nel 2020/2021 (causato dalla crisi sanitaria prima, da quella energetica ed economica poi) non sia corrisposto un uguale crollo dell’occupazione, che anzi si è mantenuta costante o in crescita. Di contro, risultano chiari alcuni tratti positivi del Cooperativismo culturale italiano: la capacità di ripresa in modo innovativo, la pluralità di forme ibride e sartoriali, declinate sui fabbisogni e opportunità dei diversi territori, il presidio anche dei territori più fragili e marginali, la volontà di fare rete e creare nuove filiere intersettoriali per rafforzarsi e scambiare esperienze, modelli e competenze nonché condividere piattaforme tecnologiche.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione della partecipazione cooperativa a modelli ibridi di sviluppo a base culturale, prima in forma pionieristica, oggi invece previsti anche da misure importanti del Pnrr e da interventi della prossima Programmazione italiana ed europea, primi fra tutti le forme speciali di Partenariato Pubblico-Privato previste inizialmente solo per il patrimonio culturale ma già estese anche a borghi e parchi.

CulTurMedia opera in questa direzione, con l’obiettivo di essere sempre più l’avanguardia della cooperazione, in condivisione anche con gli altri mondi dell’associazionismo (Lega Ambiente, Symbola, Federculture, Forum del Terzo Settore, Anci). In via di sperimentazione nuove economie circolari e collaborative con un elemento distintivo: quello della tutela e del rispetto della dignità del lavoro culturale e creativo, in contrasto a precariato e insicurezza e a vantaggio di innovazione e ricambio generazionale.


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