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Politica & Istituzioni

La superiorità della Repubblica sulla nazione

“Repubblica” è stato il termine guida del messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “nazione” è stata la parola chiave della conferenza di fine anno della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il primo definisce uno sguardo di speranza sul futuro. La seconda un modello di governo burocratico e prefettizio. Meloni farebbe bene a leggersi e rileggersi il discorso del Quirinale. Farebbe bene a lei e a tutti noi

di Redazione

È stato un messaggio di fine anno molto politico quello del Presidente Sergio Mattarella. Un intervento scandito da alcune parole chiave. Fra queste le più importanti sono state: giovani, ecologia, solidarietà, pace, futuro. Ma tutte hanno fatto da corollario al termine che il Quirinale ha scelto di rimarcare più di ogni altro: “Repubblica”. Ha detto Mattarella: “La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali. La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione”.

Per poi chiudere il messaggio così: “La Repubblica vive della partecipazione di tutti. E’ questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia. E’ anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia. Auguri !”. Nel pensiero di Mattarella, la “Repubblica” è un ideale fondato sul bene comune, aperto a tutti e partecipato da tutti (corpi dello Stato certo, ma anche società civile e Terzo settore) ed è proprio questa natura che costituisce la garanzia di libertà e di democrazia per la nostra Patria.

Il capo dello Stato nella prima parte del suo intervento fa anche un non scontato riferimento alla presidente del Consiglio e “al chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà”.

C’è però una parola che nel suo discorso agli italiani e pur parlando di Repubblica e di Patria, Mattarella scegli di non usare mai: “nazione”. Un termine fondativo dell’impegno e del messaggio politico di Giorgia Meloni. Non a caso la leader di Fratelli d’Italia nella sua ultima uscita pubblica, la conferenza stampa di fine anno, pronuncia la parola “nazione” ben 15 volte: “la nostra nazione, l’orgoglio della nazione, capacità di una nazione di difendere i suoi interessi, essere credibile per difendere i suoi interessi nazionali come credo che questa Nazione abbia diritto e dovere di fare, fare da nazione capofila, noi non andiamo di solito in un'altra nazione per portare via qualcosa, la libertà di una nazione, stiamo difendendo questa Nazione nel migliore dei modi” e così via.

Nel lessico di Meloni, la parola Repubblica non viene mai utilizzata per riferirsi allo Stato italiano. Come abbiamo visto la “Repubblica” per Mattarella è un trampolino verso futuro che “non si rassegni a questo presente” un futuro dove “la speranza di pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti”.

Molto diversa invece la nazione di Meloni: una nazione che si delinea come un corpo unico, chiuso e arroccato in difesa dove gli spazi per i corpi intermedi sono ridottissimi (in tre ore di conferenza stampa non c’è stato nessun riferimento a concetti come società civile, volontariato, Terzo settore) e dove di conseguenza le politiche, in particolare quelle sociali, sono emanazione diretta del corpaccione burocratico della Nazione. Il caso della norma anti Ong “prefettizia” e in odore di fascismo come ha ben spiegato Riccardo Bonacina ne è un output esemplare. Ma di esempi in questi pochi mesi di governo se ne potrebbero fare altri: il mancato supporto alle realtà non profit colpite dal caro bollette (al contrario di tutte le altre categorie, evidentemente considerate, loro sì, di interesse nazionale); l’enfasi su un provvedimento del tutto marginale come quello sui rave party considerato prioritario rispetto per esempio invece al finanziamento del servizio civile o al supporto di quei soggetti che combattono la dispersione scolastica e la povertà educativa per rimanere a due temi toccati da Mattarella; l’annuncio della sospensione e della riforma del reddito di cittadinanza senza il coinvolgimento delle reti sociali che ogni giorno si occupano di povertà e che hanno ideato uno strumento efficace (anche se poco finanziato) come il Rei, reddito di inclusione.

Per affrontare con speranza le sfide del futuro, per superare la malinconia post populista di cui soffre l’Italia, come ci dice l’ultimo rapporto del Censis, ci serve una Repubblica del noi, non certo una nazione del voi. In questi giorni la Meloni farebbe bene a leggersi e rileggersi il messaggio di Mattarella. Farebbe bene a lei e a tutti noi.


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