Cooperazione & Relazioni internazionali

Iran, radiografia del movimento italiano contro il regime

Ad affollare i cortei nelle piazze italiane ci sono associazioni di iraniani della diaspora, tra cui famiglie, giovani studenti, attivisti. Ma anche italiani di origine iraniana, e associazioni per i diritti umani. E poi partiti politici, singoli interessati, osservatori contro la pena di morte e sindacati. Non un movimento unico e organizzato, dunque, ma tante realtà che stanno facendo sentire la propria voce, a livello cittadino e nazionale

di Agnese Palmucci

«Mi hanno condannato papà, ma non dirlo alla mamma». Era già nel braccio della morte il 22enne iraniano Mehdi Karami, quando ha confidato a suo padre la condanna senza appello, eseguita lo scorso 7 gennaio per volere della Repubblica Islamica d'Iran. Un sussurro straziante, che in Italia è diventato lo slogan delle manifestazioni di piazza contro la repressione da parte del regime degli Ayatollah di Teheran. La scrivono sui cartelloni i manifestanti, tra la foto di una giovane donna uccisa e quella di un ragazzo torturato dalla polizia morale. L’ultimo sit-in in solidarietà col popolo iraniano in rivolta si è tenuto l’8 gennaio, davanti all’ambasciata d’Iran a Roma. Da settembre, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, si sono moltiplicati nelle città italiane i messaggi di sostegno, gli eventi di sensibilizzazione e le manifestazioni in solidarietà con le donne e gli uomini che ogni giorno sfidano il regime al grido di «Donna, vita, Libertà».

È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesimo omicidio di Stato, con l’uccisione di Alireza Akbari, ex viceministro della Difesa, accusato di spionaggio per conto del Regno Unito. Secondo l’osservatorio internazionale CTP, Critical Threats Project, da alcuni giorni non si registrerebbero manifestazioni nel Paese iraniano, ma gli organizzatori delle proteste starebbero cercando di spingere la rivoluzione verso una nuova fase. Una fase che include un’attività di ribellione ancora più partecipata e numerosa. Ma come si sta muovendo in questi mesi l’attività di sostegno al popolo iraniano in Italia? Ad affollare i cortei nelle piazze, associazioni di iraniani della diaspora, tra cui famiglie, giovani studenti, attivisti. Ma anche italiani di origine iraniana, e associazioni della società civile mobilitati per i diritti umani. E poi partiti politici, singoli interessati, osservatori contro la pena di morte e sindacati. Non un movimento unico e organizzato, dunque, ma tante realtà che stanno facendo sentire la propria voce, a livello cittadino e nazionale.

Le comunità iraniane in Italia sono sicuramente la forza promotrice più rilevante, anche se non esiste un movimento unitario a livello nazionale. Tra le più attive l'Associazione “Giovani iraniani residenti in Italia”, che riunisce i ragazzi e le ragazze che, come si legge sulla pagina Facebook del gruppo, «appoggiano le proteste iniziate alla fine del 2017 in Iran, che trovano come protagonisti appunto i giovani Iraniani stanchi dell'oppressione del regime iraniano e desiderosi di libertà». La portavoce è la giovane attivista Samira Aldarani. «Qui – scrivono sui social – parleremo di ciò che accade giornalmente riguardo le azioni di protesta in Iran, mostreremo i documenti, le foto e i video arrivati attraverso i media. In più condivideremo date e luoghi delle azioni di supporto al popolo iraniano organizzate in Italia».

Sempre presenti alle manifestazioni anche le donne dell’Addi, l'”Associazione delle donne democratiche iraniane in Italia”, con sede a Roma. La presidente è Shahrzad Sholeh, anche lei attivista per i diritti umani. Un impegno, quello dell’associazione, che va dalla sensibilizzazione sulla violenza cieca della dittatura di Alì Khamenei alla denuncia quotidiana della repressione. «In questi primi 3 mesi di rivolta – ha detto Sholeh lo scorso dicembre all’agenzia Sir, – qui in Italia, avete visto solo un po’ di quello che succede veramente nel Paese».

Poi ancora l’”Associazione dei Rifugiati politici iraniani in Italia”, presente l’8 gennaio a Roma con il presidente Davood Karimi. Anche lui era tra i manifestanti che hanno consegnato all’ambasciatore iraniano un appello con 300mila firme, per chiedere il rispetto dei diritti umani. Lo stesso giorno, a Torino, un corteo parallelo a cui ha partecipato il gruppo “Iraniani di Torino”. L’obiettivo era anche ricordare il terzo anniversario dalla morte di 176 persone, tra cui moltissimi iraniani, per l’abbattimento da parte di due missili di Teheran dell’aereo Ukraine International Airlines 752, in volo dalla capitale iraniana a Kiev.

Il Partito Radicale, che sta promuovendo da tempo la campagna nazionale di sensibilizzazione dal titolo “Donna Vita Libertà”, ha partecipato ufficialmente, insieme anche ai Radicali italiani, alla manifestazione romana di gennaio. Sabato per il Partito, la sedicesima protesta di piazza a sostegno dell'Iran negli ultimi quattro mesi, ancora a Roma davanti all'ambasciata iraniana. È stata attivata anche una raccolta firme sul sito del Partito, con un appello alle Nazioni Unite e al Parlamento Europeo. Le richieste, rivolte alle istituzioni politiche internazionali, sono quelle di un intervento urgente e di azioni concrete, per dare risposte alla «tragedia dell’annientamento della libertà e dei diritti umani, civili e politici in atto nella Repubblica islamica dell’Iran». Tra le altre organizzazioni italiane più attive nella denuncia dei massacri della Repubblica islamica, sicuramente Amnesty International Italia, “Nessuno tocchi Caino”, e i sindacati Cisl e Cgil.


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