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La sussidiarietà entra nel Codice dei contratti pubblici (ma c’è un ma)

La formulazione del testo approvato in via preliminare dal Consiglio del ministri lo scorso 16 dicembre, pur riprendendo la sentenza 131 del 2020 della Corte Costituzionale dovrebbe essere migliorata in fase di approvazione definitiva: sarebbe decisamente auspicabile che il termine "attività a spiccata valenza sociale" fosse sostituito da "attività di interesse generale"

di Marco D'Isanto

Il 16 dicembre 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il testo del nuovo Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici.
Nel nuovo testo normativo, all’art. 6, sono disciplinati i rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli enti di Terzo settore alla luce del principio di sussidiarietà.


L’articolo è rubricato “Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore” ed è così formulato:
In attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di co-amministrazione, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa con i privati, sempre che gli enti del Terzo settore contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato. Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117.

Nella relazione illustrativa accompagnata al testo viene evidenziato in maniera puntuale l’intento di recepire la sentenza n. 131 del 2020 della Corte Costituzionale, che ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi per l’affidamento dei servizi sociali, l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale.
Nella relazione si chiarisce che l’intento non è quello di stabilire una sovraordinazione del Codice dei contratti pubblici ma di definire le forme di coordinamento tra i due codici, quello dei contratti pubblici e quello del Terzo settore.
Si legge infatti che in tal modo, si attribuisce portata generale a quanto già previsto dagli artt. 55 e 57 del codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117 del 2017), chiarendo il rapporto di non conflittualità tra le norme considerate e il Codice dei contratti pubblici. Tentativo questo già compiuto dal legislatore nella legge di conversione (n. 120/2020) del decreto-legge n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni) il quale ha introdotto diverse modifiche al Codice dei Contratti Pubblici, alcune delle quali finalizzate a coordinare l'applicazione dei due Codici.


In particolare, l'intervento del legislatore ha interessato le seguenti disposizioni: art. 30, recante i principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione degli appalti e delle concessioni; art. 59 relativo alle procedure di aggiudicazione; art. 140 in ordine alla disciplina di settore per quanto riguarda l'affidamento dei servizi sociali e degli altri servizi, indicati nell'Allegato IX al Ccp.
Si sancisce inoltre anche il definitivo superamento del parere n. 2052 del 20 agosto 2018 con cui il Consiglio di Stato aveva dubitato della compatibilità con il diritto eurounitario delle modalità di affidamento dei servizi sociali previste dal Codice del terzo settore.

Parere peraltro già superato dallo stesso Consiglio di Stato quando, in occasione del parere consultivo sullo schema di linee guida recanti “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali” richiesto dall’Anac, emesso il 12 aprile 2022 si era espresso in questo modo: La sentenza n. 131 del 2020 dissipa, inoltre, anche il dubbio sulla compatibilità con il diritto euro unitario delle modalità di affidamento dei servizi sociali, previste dal Codice del terzo settore, avanzato da questo Consiglio nel richiamato parere n. 2052 del 2018, evidenziando che “lo stesso diritto dell’Unione … mantiene, a ben vedere, in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà.

Le criticità del testo come attualmente formulato del nuovo Codice Dei Contratti Pubblici forse nascono proprio dal tentativo di assumere anche letteralmente il testo della sentenza della Corte Costituzionale per trasferirlo quasi integralmente nel dettato normativo.
Il ricorso all’espressione “spiccata valenza sociale” utilizzato dalla Corte per argomentare sulla compatibilità tra il diritto euro unitario e le norme del Codice del Terzo Settore (d’ora in avanti anche Cts) intendeva proprio abilitare le attività di interesse generale elencate nel Codice stesso come attività per le quali si rendeva possibile l’esercizio dell’azione sussidiaria.

Ricordiamo che la Corte infatti afferma che l’art. 55 Cts pone in capo ai soggetti pubblici il compito di assicurare, «nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona», il coinvolgimento attivo degli ETS nella programmazione, nella progettazione e nell'organizzazione degli interventi e dei servizi, nei settori di attività di interesse generale definiti dall’art. 5 del medesimo Cts.

Questa affermazione è preceduta da un’altra nella quale la Corte accoglie positivamente proprio il superamento dei limiti applicativi dell’azione sussidiaria agli interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale operata dalla precedente Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Legge 328/2000).
In questa prospettiva, sembra evidente che il legislatore abbia voluto accogliere in pieno l’ipotesi, peraltro ampiamente suffragata nella prassi amministrativa e anche negli interventi normativi richiamati sopra, di un ricorso agli strumenti dell’amministrazione condivisa recati dal Cts per tutte le attività di interesse generale.

Ciononostante ci preme sottolineare che tale formulazione, sebbene riprenda un passaggio esplicito della Corte, possa generare in fase applicativa e interpretativa delle perplessità. L’espressione “spiccata valenza sociale” riferita alle attività per le quali si renda possibile il ricorso al Codice del Terzo Settore contiene una genericità eccessiva che rischia di sovrapporsi al concetto giuridico di attività di interesse generale.

Il legislatore ha infatti già individuato le attività meritevoli di una particolare tutela giuridica definendole di interesse generale e qualificandole come attività rese per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Il tema è delicato: nell’ambito delle attività di interesse generale ce ne sono alcune che per essere individuate come tali devono possedere la qualità di apportare un particolare beneficio sociale. Questo ha spinto il ministero del Lavoro nella Nota del 4 Agosto 2022 a specificare cosa si intendesse per “interesse sociale” o “particolare interesse sociale” in riferimento ad alcune attività di interesse generale che contenevano questo specifico elemento qualificatorio. Il riferimento è alle “attività culturali di interesse sociale” [ lettera d) ]; “la ricerca scientifica di particolare interesse sociale” [ lettera h) ]; l’ “organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche e ricreative di interesse sociale” [ lettera i) ]; l’ ”organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale…” [ lettera k)].

Il problema è antico: già nel D. Lgs 460/97 il legislatore nel disciplinare le Onlus, aveva individuato, in modo tassativo undici settori di attività alle quali si riconosceva carattere di interesse collettivo. In quel caso per alcune di quelle attività la finalità di solidarietà era correlata alle condizioni dei destinatari mentre per altri settori le finalità di solidarietà sociale si consideravano immanenti, per espressa previsione normativa.
Si trattava di settori per i quali le finalità di solidarietà sociale si intendevano perseguite a prescindere dalla verifica delle condizioni di svantaggio dei destinatari dell'attività.

Questa separazione è stata, a giudizio di chi scrive, superata dal Codice del Terzo Settore, il quale ha attribuito carattere di interesse generale a tutte le attività elencate nell’art. 5 del Codice stesso.
Per alcune di esse, data la loro astratta configurazione, come ad esempio le attività culturali, ricreative, turistiche o di ricerca scientifica, la qualificazione di interesse generale viene riconosciuta nella misura in cui apportano benefici sociali.
Dunque a tutte le attività elencate nell’art. 5 viene riconosciuto il perseguimento di una finalità di interesse generale.

La stessa Corte esprime tale concetto in modo chiaro: secondo le disposizioni specifiche delle leggi di settore e in coerenza con quanto disposto dal codice medesimo, agli Ets, al fine di rendere più efficace l’azione amministrativa nei settori di attività di interesse generale definiti dal Cts, è riconosciuta una specifica attitudine a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale.
È noto che il tenore letterale delle norme può avere un particolare impatto per la vita delle stesse. Considerata la particolare importanza della disposizione in questione sarebbe decisamente auspicabile che in fase di approvazione definitiva il termine attività a spiccata valenza sociale fosse sostituito da attività di interesse generale.


In apertura immagine di jimmyweee – Roma, CC BY 2.0, commons.wikimedia.org


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