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Non autosufficienza, una riforma con sorpresa?

Giovedì 19 gennaio è atteso in Consiglio dei Ministri il disegno di legge sulla dignità delle persone anziane, che contiene la riforma della non autosufficienza. Nulla è trapelato su come il governo Meloni abbia modificato il testo approvato dal governo Draghi come suo ultimo atto, mai pubblicato. Una cosa è certa: passi indietro non ce ne possiamo permettere. Ecco perché

di Sara De Carli

La riforma della non autosufficienza è attesa in Consiglio dei Ministri domani, giovedì 19 gennaio. E questa è una buona notizia, perché è un passaggio molto atteso, necessario punto di partenza per avviare l’iter parlamentare della legge delega che – cronoprogramma del Pnrr alla mano – deve vedere la legge approvata entro la fine di marzo. Praticamente una corsa contro il tempo. Allo stesso tempo però si tratta di un passaggio a cui le organizzazioni della società civile guardano con una buona dose di preoccupazione: pressoché nulla infatti è trapelato rispetto a ciò che il Governo Meloni ha deciso di fare dello schema di legge delega approvato dall’ultimo Consiglio dei Ministri del governo Draghi.

Un testo che tutti, dopo la notizia dell’approvazione, avevamo dato come “base” per la successiva discussione parlamentare ma che ad oggi – e sono passati più di tre mesi da quel 10 ottobre – non è mai stato pubblicato né inviato al Parlamento. Quel testo (come peraltro l’inserimento stesso della riforma della non autosufficienza nel Pnrr, che inizialmente non la prevedeva) è il frutto di un ampio lavoro che ha visto collaborare il Governo e le organizzazioni della società civile, a cominciare da quelle riunite nel Patto per la non autosufficienza, che ha saputo portare all’attenzione del decisore politico non solo l’urgenza di un bisogno reale di una così ampia fetta della popolazione, ma anche la concreta capacità di disegnare delle soluzioni strutturali, innovative, efficaci.

Nei giorni scorsi invece ha iniziato a serpeggiare il timore che in questi mesi il governo Meloni stesse preparando qualcosa di più che un “aggiustamento formale” del testo dello schema di legge delega, sia rispetto agli interventi sia rispetto al disegno del sistema. Il testo che domani andrà in Consiglio dei Ministri è stato elaborato in autonomia dalle strutture dei ministeri, senza confronto con le organizzazioni della società civile. Cosa che va bene se si tratta di aggiustamenti formali, ma non se si parla di rimettere mano ad una riforma storica e di tale portata com'è quella per la non autosufficienza.

Nulla è immodificabile, evidentemente. E nessuno ha la presunzione di pensare che quanto fatto finora sia l'optimum. Ma un passo indietro in questo momento significherebbe buttare a mare un grandissimo lavoro sia tecnico sia di mediazione, per rifare tutto in due mesi scarsi. Perché il punto di forza di quel testo, davvero, stava nella sua ampia condivisione, nell’avere radici nell’esperienza quotidiana di chi vive la non autosufficienza, la assiste, la accompagna, la sostiene. Uno sguardo così importante e strutturalmente convincente che vi abbiamo dedicato la copertina del numero di Vita di dicembre: sapevamo bene che lo schema di disegno di legge delega era solo il primo di molti passi che la riforma deve fare e sapevamo bene anche che lo schema di disegno di legge delega presentava ancora punti di debolezza e altri su cui era necessario lavorare ancora in Parlamento, ma eravamo convinti – come convinta in maniera compatta è quella parte di società civile che è in prima linea sul tema anziani e non autosufficienza e come lo siamo ancora – che le cinque grandi novità dello schema di legge delega siano i cinque pilastri su cui la riforma della non autosufficienza deve poggiare.

Sono il nuovo Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa); una nuova residenzialità; una domiciliarità che sia integrata, multiprofessionale e di durata adeguata ai bisogni degli anziani; un opportuno link con la situazione specifica delle persone che arrivano alla vecchiaia con una disabilità pregressa; una nuova prestazione universale che sostituisca l’attuale indennità di accompagnamento, con un importo graduato sul bisogno e la possibilità di scegliere di riceverlo in servizi. Sul numero di Vita in distribuzione li presentiamo attraverso le firme di cinque grandi esperti: Fabrizio Giunco, Luca Degani, Giuseppe Milanese, Vincenzo Falabella e Cristiano Gori.

Insomma, il passo indietro che non si può fare è rinunciare a disegnare un sistema nazionale di assistenza agli anziani che riconosca la specificità del settore (che non è sociale né sanitario, è una cosa peculiare) e che costruisca una governance unitaria ad ogni livello.

Ad aprile 2021, nel mese dell’ultima riscrittura del Pnrr, il direttore di Vita, Stefano Arduini, riportando l’impegno dell’allora ministro Andrea Orlando ad inserirvi il tema, scrisse che «finalmente sul fronte degli anziani non autosufficienti il Parlamento dà segni concreti di attenzione rispetto ad istanze e proposte ben documentate anche dal punto di vista tecnico che arrivano dalla società civile organizzata. Per il Governo tutto e in particolare per i dicasteri guidati da Orlando e Speranza si tratta di una occasione reale per dimostrare di saper lavora di squadra e in sintonia con i reali bisogni delle persone più in difficoltà e quindi per qualificare la loro attività politica e istituzionale, orientadola davvero all'interesse generale e non a qualche interesse specifico di una o di un'altra corporazione. Un’occasione da non gettare alle ortiche».

Vale lo stesso, pari pari, per il governo Meloni. Questa non è la riforma di Draghi: è la grande riforma del welfare di cui 2,9 milioni di anziani non autosufficienti hanno bisogno. E il governo Meloni può consegnarla al Paese.

Foto Fondazione Don Gnocchi


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