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Politica & Istituzioni

Non autosufficienza, i 5 pilastri della riforma che verrà

Lo schema di legge delega approvato ieri dal governo Meloni conferma in larga parte quello già approvato dal governo Draghi: già questa continuità su una riforma così attesa è una bella novità. Ma concretamente, come cambierà la vita degli anziani e delle loro famiglie? Su VITA i cinque pilastri della riforma, spiegati da cinque esperti

di Sara De Carli

Il coraggio di non smontare. C’è il Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, che garantisca una governance unitaria ad ogni livello. C’è la semplificazione del meccanismo delle valutazioni necessarie per accedere ai servizi dedicati alla non autosufficienza: da 5 o 6 a una soltanto, multidimensionale e unificata. C’è la riforma dell’assistenza domiciliare, che dovrà integrare i due istituti esistenti, il Sad (servizio di assistenza domiciliare) e l’Adi (Assistenza domiciliare integrata) che non si chiamerà più Adiss come era stata battezzata nello schema di disegno di legge delega ma continua ad essere – questo è l’importante, non il nome – un’offerta integrata di assistenza sanitaria, sociale e sociosanitaria, di durata e intensità adeguata ai bisogni. C’è la riforma dell’indennità di accompagnamento, con la nascita di una nuova prestazione universale graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale dell’anziano e erogabile – a scelta del beneficiario – sottoforma di trasferimento monetario (come oggi) o di servizi alla persona. C’è l’attenzione alla specifica condizione delle persone con disabilità pregressa che entrano nell’età anziana, con il divieto di dimissione o di esclusione dai pregressi servizi.

Ci sono tante conferme nello schema di disegno di legge delega in materia di politiche per le persone anziane approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. Un testo che non stravolge ma anzi sostanzialmente conferma il testo predisposto nell’ultima fase del governo Draghi, frutto di un lungo lavoro di confronto e mediazione, che recepiva anche molte delle proposte e dei contenuti provenienti dalla società civile, da quelle organizzazioni che ogni giorno stanno accanto agli anziani non autosufficienti e alle loro famiglie. Un plauso quindi al governo Meloni che ha resistito alla tentazione di rifare tutto ex novo. Lo aveva detto d’altronde la viceministra Maria Teresa Bellucci nel suo incontro con il Comitato editoriale di Vita, proprio alla vigilia del Consiglio dei Ministri del 19 gennaio: «Noi abbiamo ereditato dal passato governo un disegno di legge delega, c’è una condivisione rispetto all’importanza del tema e per questo lo abbiamo preso in mano subito. Che cosa è cambiato rispetto al governo precedente? Prima di tutto la condivisione interministeriale. Oggi c’è un tavolo interministeriale che si confronta su questo tema, mentre nel passato governo il ministero della Salute e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali non si sono parlati, fino alla fine della legislatura. Non si può parlare di integrazione fra sociale e sanitario con queste premesse. Questo è un peccato originario e quel che ne consegue è un piano inclinato. Se noi avessimo voluto buttare il bambino con l’acqua sporca non avemmo fatto questo tavolo, non avremmo parlato con le parti sociali e con le categorie professionali, non avremo avuto i pre-consigli e i tavoli del legislativo a Palazzo Chigi. Queste non promesse, ma fatti. Non buttiamo niente. Noi non siamo quelli che arrivano e tagliano solo per dire che “abbiamo fatto noi”, la nostra idea è quella di dare delle risposte ai cittadini». A livello di percorso non è una cosa da poco: un disegno di legge delega per una riforma epocale, con numeri e rilevanza enormi, per un tema mai affrontato prima nel nostro paese in maniera sistemica, in cui entrano tanti contenuti promossi dalla società civile, approvato da un governo e mantenuta da un successivo governo di un colore diverso.

Non buttiamo niente. Noi non siamo quelli che arrivano e tagliano solo per dire che “abbiamo fatto noi”, la nostra idea è quella di dare delle risposte ai cittadini. Le porto fatti, non promesse

Maria Teresa Bellucci, viceministra al Lavoro e alle Politiche Sociali

Il governo Meloni peraltro ha rafforzato il disegno di legge su due punti: sull’invecchiamento attivo, introducendo elementi sulla cultura, il turismo lento e la relazione tra generazioni e inserendo il riconoscimento del diritto delle persone anziane a ricevere cure palliative domiciliari e presso gli hospice. Era uno dei punti deboli della riforma, che sul numero di VITA abbiamo illustrato: «Prendersi cura di un anziano significa anche gestire le fasi del fine vita, per questo è indispensabile inserire le cure palliative», scriveva Stefania Bastianello, direttore tecnico di Aisla. La parte che invece è stata tolta è quella dedicata in maniera specifica ai caregiver familiari, su cui il governo pare intenzionato a fare un provvedimento ad hoc.

«La valutazione è positiva, perché si pongono le basi per costruire una riforma che faccia la differenza per gli anziani e le famiglie», commenta Cristiano Gori, coordinatore del Patto per la Non Autosufficienza. Cosa migliorare nel passaggio parlamentare e poi nei decreti delegati (per cui il governo ha anticipato i tempi, dovranno essere approvati entro il 31 gennaio 2024)? «Rispetto ai contenuti, c’è da rafforzare la parte sui servizi residenziali e quella sulle assistenti familiari. Il secondo tema è quello di partire gradualmente già dalla prossima legge di bilancio a introdurre dei correttivi che vadano nella direzione disegnata dalla riforma, per introdurre gradualmente i cambiamenti. Tre, il tema delle risorse: se questa diventa una priorità politica, nell’ottica di una intera legislatura le risorse si possono anche spalmare su più anni, in un percorso graduale».

Ma quali sono, concretamente, le novità che lo schema di disegno di legge delega introduce? Il numero di VITA in distribuzione è una guida ragionata e preziosa per comprendere tutte le novità che ci attendono, nei nuovi interventi ma soprattutto nella struttura del sistema che viene disegnata. Di seguito, in sintesi, i cinque pilastri della riforma e le novità in cui si traducono. Per leggere i loro interventi, clicca qui.

1. Accesso unico

di Fabrizio Giunco, Direttore Dipartimento Cronicità della Fondazione Don Carlo Gnocchi
All’interno del nuovo Sistema Nazionale per la Popolazione Anziana Non Autosufficiente, si passa dalle attuali 5-6 valutazioni a due sole valutazioni, una nazionale e una locale, tra loro collegate. La valutazione nazionale sarà multidimensionale, con un nuovo strumento standardizzato.

2. Nuova residenzialità

di Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia
Manca ancora un progetto d’insieme per la nuova residenzialità, ma opportunamente si fa riferimento sia ad adeguati livelli di intensità assistenziale sia a requisiti strutturali per la qualità degli ambienti di vita. Si esplicita l’obiettivo di promuovere nuove forme di domiciliarità e di coabitazione solidale

3. Nuova domiciliarità

di Giuseppe Maria Milanese, presidente della cooperativa OSA-Operatori Sanitari Associati
Nasce una nuova prestazione che unifica l’assistenza domiciliare integrata (ADI) e il servizio di assistenza domiciliare (SAD). Due gli elementi portanti: l’integrazione sociosanitaria e la durata adeguata ai bisogni dell’anziano. Manca invece il dettaglio del “mix di prestazioni"

4. Disabilità

di Vincenzo Falabella, presidente nazionale Fish
Per le persone con disabilità pregressa c’è l’espresso divieto di dimissioni o esclusione dai servizi di cui fruivano prima dei 65 anni; accedono alle prestazioni specifiche degli anziani su richiesta e senza nuovo accertamento della non autosufficienza.

5. Prestazione universale per la non autosufficienza

di Cristiano Gori, coordinatore del Patto per la Non Autosufficienza
La nuova Prestazione Universale per la Non Autosufficienza mantiene l’universalismo, ma il valore del trasferimento economico sarà graduato in base al fabbisogno assistenziale. Si potrà scegliere di riceverlo in servizi alla persona.

Foto Unsplash


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