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Moratti: porterò il Terzo settore nelle Case di Comunità

Intervista alla candidata del Terzo Polo alle elezioni in Lombardia: «Il lavoro sociale va valorizzato ma è necessario anche un approccio culturale diverso. Lavoriamo spesso a compartimenti stagni, nella sanità, nel sociale, nell’impresa. Quello di cui abbiamo bisogno ora è di integrare questi ambiti e queste esperienze, anche utilizzando modelli innnovativi come quello del social business così come definito da Muhammad Yunus»

di Redazione

È stata presidente della Rai dal 1994 al 1996 durante il primo governo Berlusconi e quello Dini, ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca dall'11 giugno 2001 al 17 maggio 2006 nei governi Berlusconi II e III, sindaca di Milano dal 5 giugno 2006 al primo giugno 2011 e presidente del consiglio di amministrazione di UBI Banca dal 2019 al 2020. La candidata del Terzo Polo Letizia Moratti vanta anche una solida e riconosciuta competenza in tema di Terzo settore e sociale: storici la sua vicinanza e sostegno alla Comunità di San Patrignano.

Moratti se la dovrà vedere con il candidato del centrosinistra e Movimento 5 Stelle Pierfrancesco Majorino (Leggi qui l'intervista) e con Attilio Fontana in campo per il centrodestra (leggi qui)di cui è stata vice nell'ultimo scorcio della legislatura che si va a chiudere. A tutti e tre i candidati VITA ha sottoposto cinque questioni cruciali. Ecco le risposte di Moratti.

Gli operatori sociali sono ancora troppo spesso considerati dalle pubbliche amministrazioni come fornitori di servizi di welfare. La Corte Costituzionale, con le sentenza 131/2020, disciplina e incentiva l'utilizzo della formule della coprogettazione e coprogrammazione, in una logica paritaria fra ente amministrativo e soggetto di Terzo settore. Pensa di valorizzare questo approccio? Come farlo concretamente?

La coprogettazione e la coprogrammazione sono importanti anche per la piena realizzazione della riforma della medicina territoriale, per costruire una prossimità che non è solo fisica, ma deve essere soprattutto relazionale. In questo senso l’associazionismo e il Terzo settore sono fondamentali nella ricomposizione di un tessuto sociale sfilacciato e per l’apertura verso i cittadini socialmente più fragili e più isolati a cui spesso le istituzioni difficilmente riescono ad arrivare. Un obiettivo a cui stavo lavorando, con le prime intese firmate a Bergamo, tra Ats, Asst e una trentina tra associazioni e onlus, per il coinvolgimento e l’inserimento del Terzo settore all’interno delle Case di Comunità, proprio nell’ottica della coprogettazione e della coproduzione. Ma ci sono altri esempi, come i protocolli per la nutrizione artificiale domiciliare, con cui abbiamo lavorato con il professor Riccardo Caccialanza dell’IRCCS San Matteo di Pavia e con il contributo fondamentale delle associazioni dei pazienti. Più in generale, il lavoro sociale, che sia volontario o professionale, va valorizzato ma è necessario anche un approccio culturale diverso. Lavoriamo spesso a compartimenti stagni, nella sanità, nel sociale, nell’impresa. Quello di cui abbiamo bisogno ora, per rispondere a esigenze sempre più complesse e mutevoli, è di integrare questi ambiti e queste esperienze, anche utilizzando modelli innnovativi come quello del social business così come definito da Muhammad Yunus.

Nelle grandi città lombarde, Milano in particolare, comprare casa sta diventando proibitivo, soprattutto per i giovani e per i precari. Come pensa di intervenire?

Non solo il prezzo degli immobili, ma anche il costo delle locazioni ha raggiunto livelli proibitivi. Persino l’affitto di una stanza, per uno studente fuori sede, è diventato insostenibile. Per quest’ultimo aspetto, studieremo un piano di intervento con i Comuni e le Università. Per le giovani coppie e famiglie, noi daremo – compatibilmente con il quadro economico – contributi a fondo perduto per acquisto immobili; in particolare pensiamo di costituire una Garanzia regionale sul totale dei mutui di giovani famiglie, per l’acquisto di immobili, con relativo innalzamento della quota massima, indicizzata al mercato immobiliare. Bisogna inoltre evitare i quartieri ghetto e promuovere un mix abitativo per creare comunità vive in tutti i quartieri.

Baby gang, aumento del consumo di sostanze, fenomeni di autolesionismo. Dopo i due anni del Covid è esplosa una nuova modalità di disagio di minori e adolescenti che spesso non trova risposta nei servizi. Come pensa di rafforzare la rete di supporto formale e informale?

È chiaro a tutti che i fenomeni di cui lei parla non possono essere intesi, solo, come un problema di ordine pubblico. La sicurezza dei cittadini va garantita non solo attraverso le forze dell’ordine, ma anche con l’impiego massiccio di risorse e persone per il contrasto del disagio sociale, in particolare giovanile. Noi vogliamo intervenire a tre livelli: in primo luogo aiutando direttamente le famiglie che presentano questa problematica; secondariamente, a livello formativo, con una lotta senza quartiere al fenomeno della dispersione scolastica; infine nel mondo del lavoro, favorendo l’inserimento dei giovani in azienda con mansioni e retribuzioni dignitose. I servizi sociali saranno potenziati per implementare questa strategia.

In questo anno che ha seguito l'invasione russa in Ucraina, non sono state poche le amministrazioni locali, spesso di piccoli municipi, che hanno attivato gemellaggi con l'Ucraina. Sul fronte pace, che tipo di impegno si sente di prendere se sarà eletta presidente della Lombardia?

La mia Lombardia sarà coerente con la collocazione occidentale, europeista e atlantista dell’Italia, senza nessuna ambiguità. Manderemo aiuti alle famiglie ucraine nelle città bombardate, dove c’è bisogno di medicinali, generatori di corrente, generi di prima necessità. E naturalmente continueremo con l’assistenza ai profughi in fuga, quasi 50mila quelli arrivati nella nostra regione, intercettati dalle strutture lombarde, per garantire anche ai numerosi anziani e ai bambini l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno durante la permanenza nel nostro Paese. L’idea di un gemellaggio con una regione ucraina, magari una delle più martoriate, potrebbe rivelarsi utile nella fase della ricostruzione che spero arrivi presto, grazie a iniziative che dobbiamo portare avanti con grande determinazione per arrivare a un tregua e poi a finalmente a quella pace che deve essere il primo obiettivo per tutti.

L'attivazione delle case e degli ospedali di comunità promosse dal Pnrr spingono verso una revisione/ricostruzione del modello di sanità territoriale, che dovrà necessariamente integrare i servizi sanitari propriamente detti e la filiera del socio-assistenziale. In questa cornice quali saranno le caratteristiche principali del nuovo modello targato Moratti?

Il mio modello parte dalla riforma sanitaria Moratti approvata a fine 2021. Una legge che è nata dal coinvolgimento dei sindaci dei comuni lombardi, le associazioni dei pazienti, i sindacati, il Terzo settore, gli ordini collegiali, le società scientifiche, i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, i farmacisti, con 84 proposte introdotte dalla società civile in 300 audizioni svolte e 4 convegni tecnici. La legge ha creato il quadro normativo ottimale per la rapida messa a terra dei fondi del PNRR. Il modello non vuole solo rafforzare la medicina territoriale attraverso la realizzazione delle strutture di prossimità come Case, Ospedali di Comunità ed ambulatori, ma modernizzare l’intero sistema rendendolo capace di offrire soluzioni ottimali alla gestione di una popolazione che sta invecchiando, con crescenti richieste di assistenza sanitaria. In questo quadro l’approccio deve essere sempre più la presa in carico totale della persona con i suoi bisogni complessi anche assistenziali, tenendo conto del quadro famigliare e del contesto sociale. Una valutazione multidisciplinare che coinvolge servizi sociali dei comuni e, in termini di coprogettazione degli interventi, non può prescindere dal Terzo settore. Quindi da un parte un approccio diverso, mettendo al centro la persona e avvicinando la sanità alla casa del cittadino, nelle Case di Comunità, ma anche attraverso l’assistenza domiciliare integrata, dall’altra la modernizzazione degli strumenti con i quali intervenire, grazie a: telemedicina, digitalizzazione, introduzione dell’intelligenza artificiale. Il Pnrr ci ha dato l’occasione di fare l’upgrade al nostro sistema, non dobbiamo rimanere a mezza strada con le riforme, come spesso accade in Italia, ma portarle a compimento, monitorare i risultati rispetto agli obiettivi prefissati e, poi, eventualmente introdurre variazioni. La piena realizzazione della riforma nella mia visione poi si inserisce in un miglior governo dell’offerta, cioè la Regione deve essere lei a indirizzare pubblico e privato verso quello che serve. In assenza di una programmazione forte i vari soggetti tendono a privilegiare più quello che gli conviene in termini economici.


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