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Ecoreati: la Sardegna e le piaghe di incendi e abusi edilizi

Presentato a Cagliari il Rapporto Ecomafia 2022 di Legambiente, con un focus dedicato in particolare all'Isola: seconda regione in Italia (dopo il Lazio) per i reati commessi ai danni del patrimonio culturale, nona nella classifica generale dell’illegalità ambientale con 1.387 reati complessivi

di Luigi Alfonso

La Sardegna è la seconda regione in Italia, dopo il Lazio, con 99 reati commessi ai danni del patrimonio culturale (il 50% di essi è commesso nella sola provincia di Sassari). Più in generale, l’Isola risulta nona nella classifica sull’illegalità ambientale, con 1.387 reati (sui 30.590 registrati nel nostro Paese), 1.110 persone denunciate, sei ordinanze di custodia cautelare e 281 sequestri. I dati del 2021 confermano quelli del 2020. Il quadro emerge dal Rapporto Ecomafia di Legambiente, presentato questa mattina a Cagliari con un focus specifico sulla Sardegna.

Il settore dove si concentra il maggior numero di reati è quello del ciclo illegale dei rifiuti, dai traffici agli smaltimenti abusivi, con 359 illeciti accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, e 385 persone denunciate. I reati relativi al ciclo del cemento (dalle cave all’abusivismo edilizio) sono stati invece 345, con 243 persone denunciate, seguiti da quelli relativi agli incendi (293 reati e 82 persone denunciate) e dai reati contro la fauna (271, con 221 persone denunciate).

«Facendo una comparazione con i dati relativi al periodo 2017-2021, la situazione resta sostanzialmente simile», sottolinea Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna. «I reati accertati in questi cinque anni sono stati 7.123, le persone denunciate 8.366, quelle raggiunte da ordinanza di custodia cautelare 67, mentre sono stati 1.369 i sequestri. La provincia più colpita dai fenomeni d’illegalità ambientale è quella di Sassari, con 1.555 illeciti, (esclusi quelli accertati dai Comando carabinieri Tutela ambientale e Tutela del patrimonio culturale, non disponibili su base provinciale), seguita dalle province di Cagliari e Olbia Tempio».

«In questa regione la situazione non è peggiorata, ma neppure migliorata», è l’amara constatazione di Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente. «Quando parliamo di rifiuti, non ci riferiamo al sacchetto depositato lungo strada dal singolo cittadino: quello è malcostume. Piuttosto, tutto ciò che si muove attorno allo smaltimento attira le mafie. La crisi economica ha svuotato le aree industriali, che in molte zone si stanno trasformando in enormi discariche abusive. Non è casuale che, nella maggior parte dei casi di scioglimento dei Consigli comunali in Italia, ci siano a monte reati in materia ambientale. Non siamo gli ultimi in Europa, ci sono Paesi che non hanno varato alcuna legge in proposito. Però anche da noi non mancano le distorsioni: il 70% delle ordinanze di demolizione non viene eseguito».

E qui si riaggancia Colombu: «Molti Comuni continuano a non affrontare il problema, confidando in un nuovo condono. In Sardegna è molto forte la piaga degli incendi ma, dopo la drammatica esperienza del 2021 nel Montiferru, non possiamo più accettare che l’Isola vada in fumo. Stiamo bruciando la nostra economia, le nostre comunità. Paghiamo anche scelte scellerate del passato ma ora occorre cambiare la mentalità dei cittadini e di chi amministra la cosa pubblica».

Luigi Patronaggio, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari, nel 1995 presentò a Palermo uno dei primi Report di Legambiente. «Era il tempo delle stragi di mafia», ricorda, «e in tanti non davano peso a questo genere di reati perché, si diceva, c’era di peggio. Invece, non c’è settore in cui le mafie non sono presenti. La Sardegna ha un tessuto sociale sostanzialmente sano, resiste alle infiltrazioni delle organizzazioni criminali, ma c’è ancora molto da fare per modificare certe cattive abitudini. La prevenzione degli incendi deve coinvolgere di più Comuni, associazioni di volontariato e cittadini, ma non può partire a giugno. Per fronteggiare fenomeni come incendi e abusivismo edilizio c’è solo una strada, quella della programmazione e della corretta gestione dei territori. I rimedi? Bonifiche preventive, incremento della manutenzione, maggiore conoscenza del territorio per sapere dove intervenire, impiego di nuove professionalità per utilizzare le nuove tecnologie, come i droni. L’uso così massiccio dei mezzi antincendio, in particolare gli aerei, va razionalizzato e possibilmente affidato allo Stato o alle Regioni, perché spesso celano interessi privati. Anche la magistratura può e deve fare di più: in Sardegna abbiamo contato soltanto 82 indagati su 339 incendi, nell’ultimo anno: la risposta giudiziaria è ancora modesta, non possiamo nascondercelo. Bene le mappe aggiornate ma dobbiamo avere anche gli elenchi degli elementi sospettabili. Spero che presto il Parlamento approvi una legge che inserisca i reati ambientali tra quelli immediatamente perseguibili».

“Nonostante quest’anno non ci sia stato un incremento del numero di reati ambientali in Sardegna non dobbiamo abbassare la guardia – dichiara Annalisa Colombu, Presidente Legambiente Sardegna. Siamo comunque l’ottava regione nella classifica dei reati ambientali e sono moltissimi gli ecoreati che rimangono impuniti: gli incendi che ogni estate distruggono ettari della nostra vegetazione e i rifiuti che vengono abbandonati ovunque nell’Isola ne sono un esempio tangibile. Al Governo chiediamo di inserire i delitti ambientali e il delitto di incendio boschivo tra quelli per cui non scatta alcun automatismo in materia di improcedibilità».

Quartu Sant’Elena, terza città della Sardegna per abitanti, da tempo è al terzo posto in ambito nazionale per i reati di abusivismo edilizio. «Spero che sia dovuto al grande numero di accertamenti che facciamo», è il commento di Aldo Vanini, assessore comunale all’Urbanistica e programmazione strategica. «Dal momento del nostro insediamento, due anni fa, abbiamo cercato nuove modalità per affrontare questo problema. Da noi non c’è la mafia, per fortuna, ma c’è un problema più grosso: una cultura, o se preferite sottocultura, che va combattuta. Il senso di condanna che abbiamo oggi è certamente superiore a 50 anni fa, ma ancora troppa gente è convinta di poter fare ciò che vuole nella sua proprietà. Può apparire incredibile ma, ancora oggi, molta gente viene da noi per chiedere di trovare una soluzione a un abuso: sarebbe più semplice e meno oneroso se provvedessero da soli a rimuoverlo».

«La prima cosa che ho fatto quando sono stato nominato assessore è stata quella di recarmi alla Procura della Repubblica per avviare una stretta collaborazione», prosegue Vanini. «Devo dire che la comunità non ci ha visti come gendarmi arcigni: significa che non c’è una forte presenza criminale. Però ci sono enormi limiti di conoscenza di leggi e norme, persino in molti professionisti del settore. Abbiamo alcuni droni che utilizziamo non solo a titolo repressivo ma anche per il controllo del territorio: sono strumenti che offrono certezze che prima non avevamo. C’è un altro problema: Quartu Sant’Elena un tempo aveva 400 dipendenti comunali, mentre Varese (città di pari dimensioni) ne aveva 700. Oggi ne abbiamo la metà. Potete capire quanto sia difficile gestire un territorio vasto come il nostro. Abbiamo sbloccato tre milioni di euro per la manutenzione dei corsi d’acqua che arrivano al mare, dove occorre tenere sotto controllo la vegetazione ed eliminare i rifiuti ingombranti che vengono abbandonati, come lavatrici e pneumatici».

Anche in occasione della presentazione del Rapporto Ecomafia, l’avvocato Daniela Ciancimino, co-presidente del Centro di azione giuridica di Legambiente, ha riproposto le dieci proposte legislative inviate al Parlamento nazionale e in sede europea, tra cui l’accesso gratuito alla giustizia da parte delle associazioni ambientaliste iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore. «Chiediamo che possano continuare a difendere l’ambiente e il popolo inquinato, e a combattere gli ecoreati e le ecomafie di fronte a qualunque autorità giudiziaria, senza essere gravate da costi esorbitanti, esonerandole dal pagamento del contributo unificato e dalle imposte di bollo. Occorre poi approvare al più presto la costituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (la cosiddetta Commissione Ecomafia), e approvare il disegno di legge contro le agromafie, introdurre nel codice penale i delitti contro gli animali, emanare i decreti attuativi della legge 132/2016 che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione per l’ambiente».