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Comunità educanti, inizia la “fase due”

Dal lavoro di rete al lavoro di comunità: è questo il passaggio da fare oggi nelle comunità educanti secondo don Stefano Mondin, salesiano che opera nel quartiere più multietnico di Torino. "Barriera oggi" è uno dei 152 progetti selezionati da Con i Bambini con un bando da 14,5 milioni di euro che mette al centro il prendersi cura di chi cura, perché l’impatto lo fanno i progetti ma anche i soggetti. Marco Rossi-Doria, il presidente: «Ma l'infrastrutturazione sociale non nasce per autopoiesi»

di Sara De Carli

Barriera di Milano, a Torino, è un quartiere in cui bambini e adolescenti trovano gli stessi input sia per una vita sana sia per una vita borderline. Il bivio è lì, davanti a tutti e tutti devono scegliere che strada imboccare. Don Stefano Mondin è presidente del Comitato Salesiani per il Sociale del Piemonte nonché direttore della Casa Salesiana Michele Rua che a Barriera opera da cento anni. Da qui passano 2mila ragazzi ogni anno, dalle scuole all’oratorio, dai maker lab di falegnameria, sartoria e robotica aperti al territorio fino ai percorsi di formazione professionale “non convenzionale” che stanno immaginando per chi dentro la scuola – quale che sia – non riesce a stare. «Siamo il quartiere con più giovani della città, ma uno su due ha una cittadinanza non italiana. La forza di questo territorio sono le piccole realtà che conoscono i problemi sociali ma “sentono” anche le potenzialità del quartiere», dice. Il progetto “Barriera oggi. Il quartiere diventa comunità” è uno dei 152 progetti selezionati dall’impresa sociale Con i Bambini sul bando dedicato alle comunità educanti, i cui risultati sono appena stati resi noti. Il progetto prevede la costituzione di una Comunità Educante Territoriale-CET che riunisca soggetti pubblici, profit, non profit, formali e informali, la co-scrittura di un patto educativo di comunità, la coprogettazione per l’apertura di due nuovi spazi nel quartiere e la formazione di una quarantina di giovani attivatori di comunità. Ma le parole di don Stefano sono molto più efficaci nel rendere lo spirito di quel che intendono fare: «L’innovazione sta nel passare dal lavoro in rete al lavoro in comunità. C’è un’enorme differenza. Dobbiamo uscire dalla logica dell’iperspecializzazione degli ambiti, del “passarsi” le persone che si seguono senza far percepire alle persone che c’è una progettualità unica, che non è del progetto ma delle persone e che queste persone – noi – sappiamo la direzione in cui vogliamo accompagnare chi si rivolge a noi. Vuol dire superare l’idea che una persona ci interessa finché c’è un progetto, ma quando termina il progetto basta. Noi non offriamo servizi, noi costruiamo progetti con le persone. Va in questa direzione per esempio l’idea di mettere a disposizione uno spazio per i giovani senza aver deciso a priori cosa farci, ma facendo insieme a loro la fatica di capire cosa fare di questo luogo. È il processo che ci interessa».

L’innovazione sta nel passare dal lavoro in rete al lavoro in comunità. C’è un’enorme differenza. Dobbiamo uscire dalla logica dell’iperspecializzazione degli ambiti, del “passarsi” le persone che si seguono senza far percepire alle persone che c’è una progettualità unica. Vuol dire superare l’idea che una persona ci interessa finché c’è un progetto, ma quando termina il progetto basta. Noi non offriamo servizi, costruiamo progetti con le persone. Va in questa direzione per esempio l’idea di mettere a disposizione uno spazio per i giovani facendo insieme a loro la fatica di capire cosa fare di questo luogo.

don Stefano Mondin

Era il febbraio 2021 quando l'impresa sociale Con i Bambini, soggetto attuatore del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, pubblicò un bando per favorire la costruzione e il potenziamento di “comunità educanti”. Sono arrivate oltre 700 proposte progettuali, di cui quasi 500 giudicate ammissibili e valutate. I prossimi due anni, con questi 152 progetti finanziati, 1.953 organizzazioni coinvolte e uno stanziamento di 14,5 milioni di euro, le comunità educanti entrano oggettivamente in una “fase due”, che dovrebbe davvero portare ad una infrastrutturazione stabile e consapevole. «Il bando “Comunità educanti” rappresenta la prima azione di sistema a livello nazionale, necessaria non solo per affrontare efficacemente il fenomeno della povertà educativa minorile, ma anche per innovare i processi di sviluppo del Paese partendo davvero dai giovani e da tutto il mondo che ruota attorno ad essi: scuola, famiglia, coetanei, quartiere, organizzazioni di terzo settore, istituzioni, imprese, per generare opportunità di crescita non solo per loro ma per tutto il Paese», sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini. «Il concetto di comunità educante è un approccio cruciale e trasversale dell’intera strategia di intervento del Fondo. Occorre una responsabilizzazione collettiva rispetto ai processi educativi e di crescita dei giovani. Sostenere le comunità educanti vuol dire prendersi cura, dare forza alla riflessione sul campo e alle competenze di donne e uomini che tengono unita l’Italia perché si occupano di bambini e bambine, ragazzi e ragazze esclusi e fragili».

Parte una fase nuova ed è una novità anche per noi. Dovremo avere l'umiltà di accogliere quello che queste esperienze ci diranno

Marco Rossi-Doria

Nella selezione, racconta Rossi-Doria, «sono stati esclusi i progetti che non avevano ben compreso appieno la novità del bando, che mette al centro non l’azione rivolta ai beneficiari ma la cura di chi cura. Il cantiere che prende avvio oggi porterà invece migliaia di persone a riflettere insieme sul loro operare, in maniera multidisciplinare, confrontandosi con altri soggetti: una riflessione formativa sulle proprie pratiche, che è cosa diversa sia dalla valutazione sia dal monitoraggio». Alcuni progetti puntano a sperimentare nuove figure professionali di raccordo, dalle sentinelle di comunità ai tutor di comunità; altri mettono in discussione pratiche consolidate; altri scommettono su un nuovo protagonismo dei bambini, dei genitori, dei cittadini: «Parte una fase nuova ed è una novità anche per noi. Dovremo avere l'umiltà di accogliere quello che queste esperienze ci diranno», ammette Rossi-Doria. Un’altra evidenza che è emersa nella fase di selezione riguarda il fatto che ci sono territori specifici, con evidenti caratteri di grande povertà multidimensionale, educativa e non, «in cui non c’è una infrastrutturazione sociale all’altezza della sfida. In alcuni casi abbiamo premiato anche la volontà di avviare questa infrastrutturazione, ma in altri casi le precondizioni erano davvero troppo acerbe», dice il presidente. Insomma, il punto è che ci sono luoghi del Paese in cui l’infrastrutturazione sociale manca e sono quelli in cui più serve: «Deve essere accompagnata con un mentoring specifico, non possiamo aspettarci un'autopoiesi».

In copertina, foto di Alexandr Podvalny su Unsplash. Nel testo, foto delle attività della Casa Salesiana Michele Rua a Barriera di Milano


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