Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Education & Scuola

Dream coach, il volontariato aziendale che cambia la scuola

Sono 7mila i volontari che nei vent'anni di storia di Junior Achievement Italia dalle aziende sono entrati nella scuola per "contagiarla", di cui 900 nel 2022. «Portiamo metodologie che integrano le esperienze laboratoriali nel piano formativo della scuola. "Diamo le chiavi" alla scuola, gli insegnanti acquisiscono competenze che restano», spiega Miriam Cresta, la ceo. Il 40% dei ragazzi, quando viene chiamato a immaginare la sua impresa, opta per tematiche sociali. Da qui l'invito alle imprese sociali: «Utile avere dream coach da questo mondo».

di Sara De Carli

Si scrive volontariato aziendale, si legge Dream Coach. Sono i volontari che collaborano con Junior Achievement, la più grande organizzazione non profit al mondo che prepara i giovani all’imprenditorialità: non nell’ottica di una “scuola per imprenditori”, ma per far toccare con mano ai giovani alcune dimensioni fondamentali per il loro futuro – dall’economia alla finanza personale, passando per un buon orientamento – che invece sono ancora troppo spesso tenuti ai margini dalla scuola. In Italia, dove JA ha iniziato a lavorare vent’anni fa, sono ormai 7mila i volontari che hanno dato una mano, di cui circa 900 attivi nel 2022. Chi sono? «Persone che lavorano in azienda, tra i 35-45 anni, che hanno avuto molto dalla scuola e dall’istruzione: una “Generazione Erasmus”, che con questo volontariato di competenze esprime anticipatamente il “give back”, ossia il restituire qualcosa alla comunità e il cercare di aiutare senza aspettarsi di ricevere qualcosa in cambio», spiega Miriam Cresta, ceo di JA Italia. Questi volontari entrano nella scuola, che invece ha insegnanti con età media molto più alta, «portando una logica di innovazione tra i ragazzi proprio perché l’innovazione la stanno facendo in azienda». Sono dipendenti di aziende associate a JA – un network che conta ormai oltre 70 imprese in Italia – ma anche volontari free lance sui territori che lavorano in piccole imprese, attivisti, tutti formati sui metodi di ingaggio e pedagogici, e con un processo di formazione ben codificato prima di entrare a scuola.

L’elemento del volontariato, così importante nell’esperienza di JA, è stato finora forse poco raccontato ma «il volontariato aziendale è sempre stato nell’anima dell'associazione e nel prossimo futuro sarà ancora più importante», afferma Cresta. JA Italia, che nell'anno scolastico 2021/22 ha formato oltre 200mila giovani dai 6 ai 24 anni, punta quest’anno a coinvolgere 300mila studenti e ad arrivare entro il 2025 a 500mila. «Spesso siamo visti come un’associazione legata alle grandi imprese multinazionali, dove culturalmente sono presenti da molti anni programmi di volontariato dei dipendenti, ma in realtà portiamo in classe anche il professionista che opera in uno studio di provincia e il manager di una media azienda a vocazione internazionale o lo startupper coinvolto grazie alle rete delle Camere di Commercio molto attive su innovazione e startup. Con Unioncamere, abbiamo creato il registro delle mini-imprese di studenti, a cui si iscrivono come qualsiasi altra impresa che vuole avviare la propria attività». Cresta lancia una sorta di “call to action” anche al mondo delle imprese sociali: «Sarebbe bello avere più dream coach da questo mondo. I ragazzi della Generazione Z hanno già il dna dell'autoimprenditorialità sociale, il 30% per esempio dichiara di preferire il lavoro autonomo al lavoro dipendente… Questa dose di intraprendenza che c’è, se non viene sollecitata si spegne. Soprattutto vediamo che quando attivano le imprese studentesche, nel 40% dei casi si rivolgono a temi ambientali o sociali. Sono i ragazzi che scelgono spontaneamente questi ambiti. Questa può essere un'indicazione per il Terzo settore, che con le imprese sociali ad oggi è molto poco presente nei nostri progetti. Invece sarebbe bello e importante avere degli imprenditori sociali che entrino nelle scuole offrendo competenze per queste progettualità». Forse – aggiungiamo – sarebbe anche un modo per far conoscere da vicino ai più giovani alcuni possibili profili professionali e andare a riappassionarli a quel lavoro sociale così prezioso e insieme così in crisi di vocazioni.

Sarebbe bello avere più dream coach dal mondo delle imprese sociali. I ragazzi della Generazione Z, quando attivano le imprese studentesche, nel 40% dei casi si rivolgono spontanamente a temi ambientali o sociali. È importante avere imprenditori sociali che entrino nelle scuole offrendo competenze per queste progettualità

Miriam Cresta, ceo di JA Italia

L’educazione all’imprenditorialità è entrata tardissimo nelle scuole italiane, ma è una delle otto competenze chiave europee per il 2030: competenza alfabetica funzionale; competenza multilinguistica; competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie; competenza digitale; competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; competenza imprenditoriale; competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. Quella che JA propone non è un’alternanza scuola-lavoro tradizionale, né un avvicinamento al mondo delle imprese finalizzato solo al lavoro: «Al contrario portiamo dentro la scuola metodologie didattiche e pedagogiche che integrano nel piano formativo della scuola le esperienze laboratoriali. I ragazzi si avvicinano a contesti che diversamente non avrebbero incontrato e questo li aiuta a fare la scelta giusta… È un metodo esperienziale, interattivo, con i ragazzi al centro del percorso. "Diamo alla scuola le chiavi", da questa esperienza l’insegnante acquisisce elementi di gestione dei progetti che prima non aveva, riesce di più a includere i colleghi, a coinvolgere le istituzioni. La scuola si apre al territorio, non solo all’azienda, avendo però la leadership educativa», precisa Cresta. È un modello che può essere adattato alle sfide economiche e sociali territorio per territorio. «Tra l’altro una grande percentuale dei nostri studenti vive nel Sud Italia, è evidente quanto sia importante creare una connessione con gli ecosistemi continuativa».

Portiamo dentro la scuola metodologie didattiche e pedagogiche che integrano nel piano formativo della scuola le esperienze laboratoriali. "Diamo alla scuola le chiavi", perché da questa esperienza l’insegnante acquisisce elementi di gestione dei progetti che prima non aveva, riesce di più a includere i colleghi, a coinvolgere le istituzioni. La scuola si apre al territorio, non solo all’azienda, avendo però la leadership educativa

Ai ragazzi resta un senso molto forte di autoefficacia, la consapevolezza che le loro azioni possono cambiare le cose, là dove vivono. E una dimensione internazionale forte, che hanno vissuto per esempio nella competizione internazionale tra tutte le scuole europee che partecipano al programma “Impresa in azione” di JA, in tutti i Paesi: 800 ex studenti oggi collaborano con JA, per i più giovani. Nell’ultimo anno 142 nuove realtà si sono iscritte al registro delle imprese studentesche, anche se la logica di JA non è che da ogni percorso debba nascere una startup. Alcune imprese effettivamente sono nate da ragazzi che hanno partecipato a “Impresa in azione” e che hanno deciso di scommettere fino in fondo sulla loro idea imprenditoriale: è il caso per esempio di Farm Animal Trade (F.A.T.), il primo marketplace in Italia per la compravendita di animali d’allevamento, nata dagli studenti dell’ITIS G.B.Bosco Lucarelli di Benevento.

«Con Human Foundation abbiamo cercato di misurare il ritorno sociale di tutto questo, andando ad approfondire quali sono le competenze dei ragazzi che effettivamente migliorano», conclude Cresta. «Abbiamo visto un +37% nella capacità di lavorare in gruppo e +30% nella capacità di risolvere i problemi. Il 74% degli studenti di istituti tecnici è motivato a proseguire gli studi e il 25% è determinato rispetto al proprio futuro lavorativo. C’è un aumento del 59% delle conoscenze finanziarie, che avviene non attraverso dei contenuti ma con l’esperienza di autoimprenditorialità, dove i ragazzi entrano in relazione con la leva finanziaria a partire dal cercare investitori per il progetto in cui credono. È fondamentale che il sistema dell’istruzione nazionale continui a dare valore a tutto ciò, anche con un monte ore dedicato, perché questa cultura nel nostro paese è ancora modesta».

Un primo, importante passo saranno i “Campionati dell’imprenditorialità”, che si svolgeranno a giugno che JA Italia sta organizzando in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Sarà un luogo per valorizzare le esperienze di tutte le scuole d’Italia che con JA o con altre realtà stanno lavorando sulla dimensione dell’imprenditorialità, dove i ragazzi possano mettersi in gioco e gli insegnanti raccontare i percorsi fatti ad altri insegnanti. E ispirarli, e contagiarli.

Nelle foto, alcuni scatti dal recentissimo evento "Futuro Prossimo School Edition", il roadshow di JA Italia partito dall’ITI Lucarelli di Benevento il 28 gennaio. Toccherà poi Foggia (28 febbraio, ITI Di Maggio), Latina (15 marzo, ITS Bianchini) e Castellanza (Varese, 29 marzo, ISIS Facchinetti).


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA