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È San Valentino per tutti?

Oggi è San Valentino: tutti a parlare di amore (e di sesso), dimenticando però la sessualità e l’affettività delle persone con disabilità. Eppure il tema poco alla volta sta - giustamente- conquistando il suo spazio nel dibattito pubblico con proposte e riflessioni importanti. Qui ricordiamo il progetto Sensuability, l’impegno di Coordown e di Aism, e il parere di Stefania Pedroni, vice presidente Uildm che sottolinea: «non ne esiste una sessualità specifica per le persone con disabilità. La sessualità è una, la stessa, per tutti»

di Sabina Pignataro

I diritti sessuali sono considerati diritti umani a tutti gli effetti, la cui violazione costituisce la violazione dei diritti all’uguaglianza, alla non discriminazione, alla dignità e alla salute. Per le persone disabili, però, spesso affettività e sessualità sono spesso negati. Soffocati più che altro. O peggio, ignorati.

Lo sviluppo della sessualità nelle persone con disabilità si scontra con una serie di barriere, quasi sempre non manifeste. La più evidente conseguenza è che i bambini, gli adolescenti e gli adulti con disabilità, in generale, vengano rappresentati nell’immaginario collettivo come soggetti asessuati (angioletti) completamente indifferenti e disinteressati alla sessualità, oppure come estremamente deviati e devianti, protagonisti di azioni violente e mostruose. Aalcuni studi evidenziano come adolescenti con disabilità intellettiva percepiscano e mostrino gli stessi problemi degli
adolescenti normodotati e come i comportamenti sessuali socialmente inappropriati, quando presenti, non siano dovuti tanto alla disabilità, ma alla mancanza di un’educazione sessuale che sfocia nell’impossibilità per i giovani con disabilità di accedere alle informazioni, di poter avere una formazione relativamente alla propria salute, alla sicurezza e alla contraccezione.

Anche le persone con disabilità fisica vivono una realtà complessa che li pone a rischio: non essendo percepite come persone autonome, attive e con bisogni sessuali e desideri di una vita affettiva, emotiva e sessuale soddisfacente rischiano di incorrere in depressione. Studi recenti mostrano infatti come il benessere, la soddisfazione sessuale, l’immagine corporea siano correlati in modo significativo a livelli di autostima.

In Germania, Olanda, Danimarca e Svizzera da circa trent’anni è legalmente riconosciuta la figura dell’assistente sessuale, ossia un operatore professionale che accompagna il disabile attraverso un percorso che prevede un supporto psicologico, emotivo e sessuale.
n Italia l'ultimo tentativo di inquadrare un assistente al benessere sessuale risale al 2014, quando è stato proposto un disegno di legge dall'esponente del Partito democratico Sergio Lo Giudice, scritto insieme all'associazione Lovegiver, volto a regolamentare la figura dell’operatore sessuale con norme particolarmente rigide. Ciò ha suscitato particolari dibattiti rispetto alla confusione tra assistenza sessuale e prostituzione, rivendicando l’importanza dell’esistenza di tale figura senza però renderla legale.

Il discorso è molto complesso perché chiama in gioco riflessioni etiche importanti (il riconoscimento di alcuni diritti) e perchè porta a galla stereotipi e retaggi culturali mai del tutto risolti. Pregiudizi, distanziamento, scarsa tolleranza, paura e stigmatizzazioni sono ancora molto presenti nella cultura delle società europee e costituiscono componenti fondamentali perché le persone con disabilità non siano spinte a raggiungere un’autonomia e lo sviluppo delle funzioni affettive, sociali e sessuali; appaiono come “schiacciate” in una situazione di dipendenza, considerante “asessuate”, private sin da bambini della possibilità di crescere nella consapevolezza della propria corporeità, affettività e sessualità e della possibilità di avviare una relazione stabile, fare sesso, sposarsi e poter avere dei figli.

Qui portiamo in evidenza alcuni dei progetti e delle riflessioni in corso. Con un'unica convinzione: non ci sono modi giusti o sbagliati di vivere la sessualità e l’affettività, ci sono solo modi diversi.

Il progetto Sensuability

Nel 2016 è nato il progetto Sensuability, per cambiare l’immaginario collettivo: fondere in una parola due termini per molti inaccostabili quali “sessualità” e “disabilità”. Il progetto si esprime con ironia e levità attraverso arti come il cinema, la fotografia, la pittura, la musica, il fumetto: linguaggi universali che parlano alla testa e al cuore, lasciando spazio a riflessioni e interrogativi.
«Perché la società è reticente a parlare, raccontare e persino immaginare persone con disabilità alla ricerca del piacere sessuale?», si domanda Armanda Salvucci, la fondatrice. «Forse il corpo, le pulsioni erotiche e il desiderio sono un’esclusiva di chi non ha disabilità fisiche o cognitive? O le uniche risposte accettabili sono l’astinenza e l’assistenza sessuale?». Perché la sessualità non è un diritto come non lo è l’amore, è però giusto rivendicare la libertà di essere amati e di amare e di poter vivere una sessualità soddisfacente. «Le libertà possono essere agite se e solo se si garantiscono le stesse opportunità per tutti».

Uildm: «non ne esiste una sessualità specifica»

Per Stefania Pedroni, vice presidente Uildm e psicologa, «non ne esiste una sessualità specifica per le persone con disabilità. La sessualità è una, la stessa, per tutti. Dentro a questa parola universale ci stanno l'accadimento sessuale vero e proprio e, insieme, la condivisione di sentimenti, sensazioni, la complicità e, prima ancora, il desiderio e il corteggiamento. Quello che cambia, con la disabilità è solo l'azione. Ci sono, cioè, diversi modi di agire la sessualità e ognuno deve fare i conti con sé stesso e i propri limiti, fisici e psichici, che possono essere i più diversi. Il disagio nello svelarsi di fronte a un'altra persona e il timore di non venire accettato è, a vari livelli, un vissuto condiviso da molte persone non necessariamente disabili. La sessualità è una per tutti, è un bisogno primario e le persone con disabilità non sono “asessuati come angeli”. Hanno una vita sentimentale e sessuale come gli altri e, se non ce l'hanno, la desiderano nella misura in cui la desiderano tutti». Uildm in questi anni ha provato a dare una risposta alla questione, mettendo in luce tutti gli aspetti in gioco. (Le riflessioni del Gruppo Donne Uildm sono raccolte qui)

Le persone con disabilità non sono “asessuati come angeli”. Hanno una vita sentimentale e sessuale come gli altri e, se non ce l'hanno, la desiderano nella misura in cui la desiderano tutti

Stefania Pedroni, vice presidente Uildm

L’esperienza di CoorDown

Fidanzarsi, vivere insieme, sposarsi: per le persone con sindrome di Down è ancora raro ma sempre più percepito come qualcosa di possibile. La formatrice di CoorDown, Donatella Oggier-Fusi, aveva spiegato in questa intervista: «In vent'anni ho visto un solo matrimonio e conosco una sola struttura residenziale con camere comunicanti per eventuali coppie. Lo spazio mentale però adesso c'è, nelle famiglie e negli operatori. Per coerenza e onestà ora dobbiamo creare esperienze concrete, percorsi educativi, spazi fisici». Il primo matrimonio tra persone con sindrome di Down è stato celebrato lo scorso maggio. «Sono eccezioni ancora, ma qualcosa è cambiato: stiamo cominciando a dare uno spazio mentale – genitori e operatori – a questo tema. Stiamo cominciando a immaginare spazi di possibilità. Questo è già un passo avanti. Il grande lavoro da fare ora è rendere fisici questi spazi, per coerenza e per onestà».
In occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down (21 marzo 2022) CoorDown aveva lanciato la campagna di sensibilizzazione internazionale “Just the two of us”, per promuovere il diritto delle persone con sindrome di Down di vivere una relazione sentimentale e una vita sessuale indipendente e di ricevere informazioni corrette e accessibili per godere appieno di una sana e libera sessualità. Il video della campagna racconta in maniera iperbolica di come le famiglie, specie quando si tratta di relazioni amorose, possano diventare una presenza ingombrante nella vita delle persone con disabilità intellettiva. Tra sorrisi ed emozioni troppo “condivise”, il messaggio della coppia protagonista non lascia dubbi: “L’amore ha bisogno di spazio”. È un equilibrio difficile quello da trovare tra la protezione, il supporto e la libertà di vivere la propria vita in pienezza. Gli atti del Convegno sul tema sono oggi disponibili per tutti a questo link.

L’impegno di Aism

«L’80% delle persone con una diagnosi di sclerosi multipla convive con problematiche sessuali», sottolinea Associazione Italiana Sclerosi Multipla, Aism, in una nota. «Per una malattia cronica come la SM, così variabile e imprevedibile, l’impatto emotivo è elevatissimo. Anche quando si è giovani. Si stima che problemi sessuali variano dal 34 all’85% nella donna e dal 50 al 90% nell’uomo. Spesso non si limitano solo alla persona che ne è colpita, ma ha ripercussioni sul partner e sulla sfera intima della vita di una coppia». A questo te, è dedicato un video promosso da Aism in collaborazione con Freeda, grazie al supporto della psicoterapeute di Aism, Enrica Badino e Erika Pietrolongo. «Nessun argomento è tabù quando si parla di sclerosi multipla: non lo sono neppure temi come la sessualità e l’intimità. Sono aspetti della vita di cui parlare con le persone, in Aism si fa; anche queste sono parte importanti della vita e della salute emotiva di ogni persona», dichiara Francesco Vacca, presidente nazionale di Aism. «Il modo in cui una persona riesce a reagire alla malattia può dipendere in gran parte da come chi le sta accanto ne affronta la sua complessa realtà… anche questa è una sfida importante. Perché non lanciarla in occasione di San Valentino?».

Il modo in cui una persona riesce a reagire alla malattia può dipendere in gran parte da come chi le sta accanto ne affronta la sua complessa realtà… anche questa è una sfida importante. Perché non lanciarla in occasione di San Valentino?

Francesco Vacca, presidente nazionale di Aism

“Le parti del tutto” è la nuova campagna di Aism realizzata da Freeda Platform, la piattaforma di marketing, dati e creatività del Gruppo che supporta le organizzazioni nell’ascolto e nella comunicazione con le nuove generazioni. La campagna ha l’obiettivo di raccontare la condizione di chi convive con una malattia come la sclerosi multipla aiutandole a preservare la propria identità nonostante il progredire della malattia. “Le parti del tutto” propone la testimonianza diretta di ragazzi e ragazze che vivono questa condizione e l’impatto della malattia sull’ambiente e la famiglia.

La foto in apertura appartiene alla campagna Just The Two Of Us lanciata da CoorDown


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