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La presidente del Csv Sardegna: «Una debacle annunciata, ora valorizziamo le competenze»

Lucia Coi sostiene che le finanze statali non consentano di aumentare il rimborso mensile, e propone una soluzione a costo zero: incidere sui crediti nella certificazione delle competenze maturate nel corso di questa esperienza. Occorre anche rendere più appetibili le realtà del Terzo settore, «ma la molla per partecipare non può essere quella economica»

di Redazione

«Si prospetta una clamorosa debacle sul fronte del Servizio civile universale che, nonostante un bando mai così imponente come quello di quest’anno, registra un preoccupante e vistoso calo di domande». Lucia Coi, presidente del Centro di servizio per il volontariato Sardegna, si inserisce nel dibattito aperto da Vita. Non è stata presa alla sprovvista da una situazione che apre a tanti interrogativi. Pur non avendo ancora a disposizione dati aggiornati, parla di «una situazione non del tutto inaspettata, visto che da qualche tempo abbiamo avuto un significativo calo di partecipanti. Però non pensavamo certamente di arrivare ai minimi storici. I motivi sono tanti, e non necessariamente collegati tra di loro. In molti sostengono che bisognerebbe aumentare il rimborso mensile. È vero, non è una grande cifra, ma per un ragazzo disoccupato non è da buttare via. In ogni caso, non credo che sia una strada percorribile perché lo Stato non ha molte risorse finanziarie da investire su questo fronte: lo dimostra il fatto che, da alcuni anni a questa parte, i fondi sono sempre di meno e non vi è certezza di poter far partire tutti i progetti. A parte ciò, la molla per partecipare al Servizio civile non può essere quella economica: alla base di tutto c’è la condivisione di valori, il senso della Patria da difendere in modo diverso e alternativo a quello militare. Per arrivare a questo, tante persone si sono battute e alcune di loro sono finite in galera per manifestare in difesa di questi principi».

Non è l’unica spiegazione fornita da Coi. «Questa generazione di giovani ha tante qualità ma mi sembra un po’ apatica, rispetto alle precedenti», sostiene la presidente del Csv Sardegna. «Un elemento che è stato reso ancor più evidente dalle restrizioni della pandemia, che hanno provocato isolamento e un calo preoccupante nelle relazioni sociali. Non c’è soltanto la paura del contagio, ora ci si è quasi abituati a isolarsi e rifugiarsi nei social. Buona parte della colpa è da attribuire a noi adulti, alle famiglie e alle istituzioni. Bisogna dare ai giovani gli spazi e l’ascolto che meritano e di cui hanno bisogno. E poi, credo che le realtà del Terzo settore debbano diventare più appetibili e al passo con i tempi».

Coi propone una soluzione a costo zero per le casse dello Stato: «Se non si può aumentare il rimborso, si possono certamente aumentare i crediti per la certificazione delle competenze maturate nel corso del Servizio civile. Parlo anche da presidente dell’Anpas Sardegna: la nostra Associazione consente a molti di questi giovani di apprendere, per esempio, le modalità di compilazione di un curriculum vitae in formato europeo, oppure di una lettera di presentazione per partecipare ai concorsi pubblici. Altri fanno corsi di alfabetizzazione informatica. Sono elementi base, è vero, ma non dobbiamo dimenticare che una buona parte dei partecipanti ha una bassa scolarizzazione, a volte non ha conseguito neppure la licenza di terza media. Ecco, queste competenze dovrebbero essere riconosciute al momento di partecipare a un bando pubblico o di presentare una domanda di assunzione. Parlare di valori è importante ma con i giovani, che sono molto pragmatici, bisogna poi adottare strumenti tangibili».

I volontari avviati al Servizio civile universale in Sardegna nell’anno 2021 sono stati in tutto 912, di cui 616 donne e 296 uomini. Nel 2020 erano stati complessivamente 779.


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