Welfare & Lavoro

Perché è tempo di una cattedra dedicata per il sostegno

In questi giorni Fish ha incontrato il ministro Valditara e la ministra Locatelli, tornando a chiedere l'istituzione di una classe di concorso apposita per i docenti di sostegno, che così sceglierebbero stabilmente questo insegnamento. Verrebbero così garantite la specializzazione degli insegnanti e la continuità didattica, oggi inesistenti. La proposta fa discutere. Vincenzo Falabella ne spiega le motivazioni

di Vincenzo Falabella

In questi giorni, Fish ha incontrato il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara e la ministra della disabilità Alessandra Locatelli per presentare delle proposte sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Si è parlato di correttivi al decreto 182/2020 e dei nuovi PEI ed è stata avviata l'interlocuzione attorno alla proposta di istituire una cattedra ad hoc per il sostegno. Una proposta che fa discutere. Eccone le motivazioni (ndr)


L’esigenza di istituire apposite classi di concorso per i docenti per il sostegno è stata avvertita da tempo, da quando ci si è resi conto che, in sua mancanza, si determinavano grandi disfunzioni nel processo inclusivo degli alunni e alunne con disabilità. Oggi infatti, mancando tali classi, ai posti per il sostegno si accede con supplenze su posti a tempo indeterminato, con supplenze annuali e con utilizzazioni. Sui posti a tempo indeterminato la situazione è assai precaria, perché i docenti dopo un quinquennio di presenza su quel determinato posto possono chiedere il trasferimento sulla cattedra disciplinare per la quale sono formalmente vincitori del concorso. Purtroppo, ciò avviene molto spesso. Annualmente vengono presentate circa 20mila domande di trasferimento in tal senso e ben 10mila vengono accolte.

Pertanto, anche se si pervenisse ad una presenza di docenti specializzati su tutti i posti di sostegno – cosa che come noto oggi non è – annualmente si avrebbe una "fuga" che lascerebbe numerosi alunni con disabilità privi di docenti. Né si ovvierebbe a tale discontinuità allungando il periodo di “ferma” sul posto di sostegno, oggi di cinque anni, poiché la discontinuità istituzionale si sposterebbe solo più in là.

Inoltre, attualmente non esiste una assoluta formazione iniziale per legge dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive. Ciò determina una costante delega, specie nelle scuole secondarie, ai colleghi di sostegno, violando così lo spirito dell’inclusione scolastica che vuole che la presa in carico avvenga da parte du tutto il consiglio di classe.

Anche la recente L. 79/2022 sulla formazione iniziale dei docenti non dà alcuna assicurazione su come colmare questo vuoto. Infatti dei 60 crediti formativi universitari qui previsti il numero di quelli destinati alla formazione della didattica inclusiva risulta del tutto insufficiente per garantire un vero dialogo pedagogico-didattico tra docenti disciplinari e colleghi specializzati.

Questa "delega di fatto" ai soli docenti di sostegno stimola i genitori a chiedere un aumento delle ore di sostegno, così che la tendenza va nella direzione – anche grazie ad alcune sentenze giurisdizionali – di cercare di avere un numero di ore di sostegno pari al totale delle ore di lezione. Ciò però snatura la logica inclusiva, oltre a costituire un aggravio ingiustificato per l’erario.

Né si dica che l’istituzione di apposite classi di concorso, una per ciascun ordine e grado di istruzione, farebbe cambiare lo stato giuridico degli attuali docenti per il sostegno: infatti, andrebbe ovviamente prevista una norma transitoria che preveda la possibilità di scelta tra permanere su posto di sostegno e cattedra disciplinare. Quanti sceglieranno la permanenza definitiva su posto di sostegno, avrebbero comunque sempre diritto al passaggio di cattedra secondo la normativa sulla mobilità professionale, che però è meno frequente e richiede anche la presenza dei requisiti per accedere a cattedra disciplinare per ottenere tale passaggio.

Purtroppo, nella prassi, l’attuale situazione normativa si presta ad un uso improprio dei trasferimenti quinquennali, poiché taluni docenti scelgono il posto di sostegno al momento dell’immissione in ruolo per accaparrarsi un posto più facilmente raggiungibile, pronti, dopo il quinquennio, a passare sulla cattedra comune più vicina alla propria abitazione. Ciò denuncia come in generale la scelta del posto di sostegno, tranne rare eccezioni, non è frutto di una effettiva scelta professionale, come avviene per tutte le cattedre disciplinari, ma piuttosto frutto di convenienze non sorrette da motivazioni di sincera professionalità.

Ma andiamo nello specifico.

La proposta di legge della Fish muove i suoi passi da tempi immemori, dopo aver avviato al nostro interno un confronto minuzioso che ha evidenziato criticità dell’attuale sistema e possibili concrete soluzioni al soddisfacimento dei bisogni primari dei nostri alunni e alunne, studenti e studentesse con disabilità. Per questo la proposta di legge è finalizzata ad introdurre nella normativa scolastica inclusiva pienamente i principi introdotti dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la L. 18/2009 e gli orientamenti fondamentali dell’Icf (Classificazione internazionale del funzionamento), approvati dall’Oms nel 2001. Tali principi sono stati recepiti dalla Legge delega sulla disabilità, nella quale però il tema relativo all’inclusione scolastica è appena accennato, mentre nella proposta di legge in questione vengono ampiamente applicati.

In tal senso la presente legge si può considerare un’integrazione alla Legge-delega, che ne completa l’ampio quadro riformatore, voluto dalle famiglie e dalle associazioni delle persone con disabilità a completamento ed integrazione della fondamentale L. 104/1992 sui diritti delle persone con disabilità. Ricordiamo per esempio che, recependo le continue richieste delle famiglie degli alunni con disabilità, il Governo nel 2015 aveva previsto di dare attuazione al diritto degli alunni con disabilità alla continuità didattica, con lo stesso docente per il sostegno per l’intero segmento di istruzione da essi frequentato. Tale tema, come sopra detto, è di fondamentale importanza per la qualità dell’inclusione scolastica. L’art 14 del d.lgs n. 66/17, infatti, introduce il principio, demandandone però l’attuazione ad un regolamento da emanarsi a cura del Ministero dell’Istruzione. Nel 2019 si era raggiunto l’accordo tra Ministero ed Osservatorio ministeriale sull’inclusione scolastica che prevedeva la continuità didattica almeno per un secondo anno con i docenti supplenti, nel rispetto delle graduatorie, ai fini delle nomine su posto di sostegno, ma derogando alla priorità di scelta della sede che rimaneva coperta per il secondo anno dal supplente in continuità. Purtroppo, tale bozza di regolamento ebbe parere negativo da parte del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e da allora il Ministero non è più tornato sul tema, anche a causa dell’arrivo della pandemia. Nulla è stato fatto sino ad ora per garantire la continuità didattica nemmeno dei docenti a tempo indeterminato i quali vengono nominati su posto di sostegno a domanda, se in possesso della apposita specializzazione. Tali docenti – come detto – spesso riescono ad entrare in ruolo su posto di sostegno, se vincitori di concorso per una qualunque disciplina, ma trascorso il periodo obbligatorio di permanenza su posto di sostegno chiedono il trasferimento su posto comune, determinando forte discontinuità didattica. Anche durante il quinquennio possono chiedere il trasferimento su un altro posto di sostegno: l’amministrazione infatti chiede obbligo di permanenza su posto di sostegno ma non sulla medesima sede, che è invece il vero interesse degli alunni quando si parla di continuità didattica.

La proposta di legge prevede l’istituzione di nuove quattro classi di concorso, una per ciascun grado di istruzione, che possono essere ricoperte solo da docenti di sostegno specializzati a tempo indeterminato. Tali docenti diverranno titolari nella stessa sede attualmente posseduta. A chi obietta che con l’istituzione delle apposite classi di concorso per il sostegno i docenti sarebbero “condannati a vita” a fare sostegno, subendo così un logorio psicologico e professionale, la proposta di legge risponde dicendo che per loro, come per tutti i docenti di ruolo, è applicabile l’istituto della “mobilità professionale”, cioè del passaggio di cattedra da sostegno a cattedra comune, purché ne abbiano l’abilitazione e sulla base degli annuali appositi concorsi. I docenti che non intendano permanere a vita su posto di sostegno possano dichiarare, entro 15 giorni dall’entrata in vigore della nuova legge, la loro volontà di passare su posto comune.

Per risolvere il problema della discontinuità didattica, almeno per gli alunni con disabilità, si prevede che i docenti specializzati per il sostegno a tempo indeterminato non possano chiedere trasferimento o godere di altri provvedimenti di mobilità prima che l’alunno con disabilità loro assegnato abbia completato il triennio o il biennio di quel grado di istruzione. Ciò avverrebbe “di norma”, tenendo conto di casi eccezionali di assegnazioni provvisorie per gravi motivi di salute o di famiglia. Quanto ai docenti nominati a tempo determinato si prevede un incarico biennale, così da assicurare almeno per un biennio la continuità didattica ed ovviare al problema delle graduatorie, posto che il diritto al lavoro correlato alla posizione in graduatoria sembra prevalere su quello degli alunni con disabilità, che invece dovrebbe essere prevalente.

La proposta interviene sulla tempistica delle procedure amministrative per l’individuazione e l’assegnazione del personale docente. Secondo la normativa vigente, le procedure per l’assegnazione degli incarichi di insegnamento per i docenti di sostegno vengono avviate il 1° di settembre, con una “girandola” di nomine sullo stesso posto di sostegno che fa sì che alcuni alunni vedano il proprio docente due o tre mesi dopo l’inizio delle lezioni. La possibilità di anticipare di un paio di mesi l’iter – con avvio delle procedure nel mese di giugno e termine delle stesse entro la fine del mese di agosto – consentire di assicurare il docente che dovrà occuparsi della presa in caro dell’alunno sin dai primi giorni di lezione.

Sul tema della formazione iniziale e in servizio del personale scolastico, viene introdotto un nuovo requisito per l’accesso ai ruoli del personale docente delle scuole secondarie, prevedendo l’obbligo del possesso di 60 CFU nel settore scientifico disciplinare M-PED/03 “Pedagogia speciale e Didattica”, di cui almeno 15 CFU dedicati alle tematiche dell’inclusione scolastica. Si prevede inoltre che, in analogia a quanto previsto per i docenti della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria, vi siano delle ore mensili dedicate alla programmazione congiunti dei Consigli di Classe. È previsto lo svolgimento di attività formative obbligatorie in servizio concernenti l’inclusione scolastica, obbligatorie per tutti i docenti che abbiano nelle proprie classi alunni con bisogni educativi speciali. L’obbligo era stato inserito con la Legge di bilancio 2021, le “famose” 25 ore, ma per un solo anno. Tale formazione in servizio rientrerebbe nelle ore funzionali all’insegnamento.

È prevista l’istituzione delle Scuole di specializzazione per il sostegno didattico e per l’inclusione scolastica presso le università dove è attivo un dipartimento di scienze della formazione, che consentirà di formare a ciclo continuo docenti specializzati sul sostegno didattico che potranno poi essere immessi in ruolo sulla base delle facoltà assunzionali determinate da MEF e dal Ministero dell’Istruzione, garantendo continuità nella disponibilità di professionalità competenti. Tali Scuole di specializzazione diverranno anche punti di riferimento per la formazione in servizio. Queste Scuole si dovranno coordinare con la scuola nazionale di alta formazione prevista dalla Legge 79 del 2022.

Infine si colma un vuoto normativo che costituisce una palese discriminazione nei confronti degli alunni con disabilità frequentanti le scuole paritarie. Oggi comunemente si applica anche alle scuole paritarie il divieto di contributi statali previsto dall'art 34 comma 3 per le scuole private, anche se le scuole paritarie, specie dopo la L. 62/2000 fanno parte a pieno titolo del sistema pubblico di istruzione e godono degli stessi obblighi e diritti delle scuole statali con riguardo al diritto allo studio degli alunni con disabilità. Ovviamente la norma comporta un aumento di spesa, ma se si pensa che gli alunni con disabilità attualmente frequentanti le scuole paritarie non superano i 15mila alunni si prenderà atto che questa spesa, costituzionalmente legittima e dovuta, rappresenta una spesa assai meno rilevante di quella che lo Stato ed Enti territoriali hanno risparmiato in cinquant’anni di normativa inclusiva realizzata in Italia con la mancata applicazione del comma 4 dell’art 34 della Costituzione.


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