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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il Governo ha gli strumenti per regolare l’immigrazione, ma non li usa

lI governo italiano avrebbe strumenti utili alla definizione, come sta richiedendo, di una reale politica comune europea in materia di immigrazione e asilo; ma continua ostinatamente a sminuirli o rifiutarli. A livello internazionale sono stati infatti adottati due patti globali: sulle migrazioni e sui rifugiati, con il pieno consenso degli Stati europei (salvo quelli orientali che più creano problemi a politiche migratorie condivise) che potrebbero contribuire a sostenere le preoccupazioni e le richieste italiane. A patto che il nostro governo sia il primo a riferirsene

di Nino Sergi

Il governo italiano avrebbe strumenti utili alla definizione, come sta richiedendo, di una reale politica comune europea in materia di immigrazione e asilo; ma continua ostinatamente a sminuirli o rifiutarli. Per dirla con un’espressione della saggezza popolare, continua inspiegabilmente a "volere la botte piena e la moglie ubriaca". A livello internazionale sono stati infatti adottati due patti globali: sulle migrazioni e sui rifugiati, con il pieno consenso degli Stati europei (salvo quelli orientali che più creano problemi a politiche migratorie condivise) che potrebbero contribuire a sostenere le preoccupazioni e le richieste italiane. A patto che il governo italiano sia il primo a riferirsene.

Il Patto globale sulle migrazioni è stato adottato nel dicembre 2018 da 164 Stati, dopo due anni di consultazioni e negoziati a cui ha partecipato attivamente anche l’Italia. Il Parlamento eletto nel 2018 ha però impegnato il governo giallo-verde (Conte 1) a non partecipare alla Conferenza intergovernativa di adozione del Patto e a votare contro nella successiva Assemblea Generale Onu, come hanno fatto quegli Stati europei che oggi contrastano le richieste italiane in materia di politiche migratorie comuni quali Austria, Bulgaria, Ungheria, Polonia, Slovacchia.

Si è trattato di un irragionevole e pregiudizioso atto politico che ha isolato l’Italia su una materia che richiede invece ampia condivisione e non chiusura, come dimostrano le pressanti richieste di sostegno e decisioni comuni rivolte all’ue. C’è da sperare che la presidente Meloni e il governo propongano al Parlamento un ripensamento sull’adozione di questo patto. Non farlo significherebbe continuare a chiedere all’Europa una gestione e un governo comune della mobilità umana rifiutando – per ragioni ideologiche e di bandiera – di dotarsi di linee di azione comuni con gli altri Stati. Bella pretesa!

Il Patto, pur non essendo vincolante (non si tratta di un trattato ma di un’intesa), fornisce elementi utili per potere governare insieme e in modo coordinato i movimenti migratori, di fronte alla complessità, ampiezza e talvolta gravità delle situazioni. Il punto 13 ne inquadra lo spirito “Questo Patto globale riconosce che la migrazione sicura, ordinata e regolare è un vantaggio per tutti quando avviene in modo ben informato, pianificato e consensuale. La migrazione non dovrebbe mai essere un atto di disperazione. Quando lo è, dobbiamo cooperare per rispondere ai bisogni dei migranti in situazioni di vulnerabilità e affrontarne le sfide relative. Dobbiamo lavorare insieme per creare condizioni che consentano a comunità e individui di vivere in sicurezza e dignità nei loro paesi. Dobbiamo salvare vite umane e tenere i migranti al riparo dai pericoli. Dobbiamo mettere i migranti in grado di diventare membri a pieno titolo delle nostre società, evidenziarne i contributi positivi e promuovere l’inclusione e la coesione sociale. Dobbiamo generare maggiore prevedibilità e certezza per gli Stati, le comunità e i migranti. Per raggiungere questo obiettivo, ci impegniamo a facilitare e garantire una migrazione sicura, ordinata e regolare a vantaggio di tutti”.

Diversamente e fortunatamente, il Patto globale sui rifugiati, è stato approvato nel dicembre 2019 dall’Assemblea generale ONU con il voto favorevole dell’Italia insieme a quello degli altri paesi europei ad eccezione della sola Ungheria. “Rappresenta la volontà politica e l’ambizione della comunità internazionale nel suo insieme di rafforzare la cooperazione e la solidarietà con i rifugiati e i paesi ospitanti”; definisce un quadro comune per una condivisione più prevedibile ed equa delle responsabilità, riconoscendo che una soluzione sostenibile alle situazioni dei rifugiati non può essere raggiunta senza la cooperazione internazionale. Fornisce cioè un modello non vincolante ma estremamente utile ai governi, alle organizzazioni internazionali e a tutti i soggetti istituzionali e della società civile interessati, al fine di garantire che le comunità ospitanti ottengano il sostegno di cui hanno bisogno e che i rifugiati possano condurre una vita produttiva.

Il governo italiano, nelle trattative con gli altri Stati Ue e nel Consiglio europeo per giungere alla definizione delle proposte politiche e operative in materia di immigrazione e asilo, dovrebbe maggiormente riferirsi e chiedere di riferirsi a questi due Patti, che la grande maggioranza dei Paesi europei (tranne i soliti che si oppongono a politiche comuni in materia) hanno approvato.

*Nino Sergi, presidente emerito Intersos e policy advisor Link2007

Credit foto Avalon/Sintesi


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