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Economia & Impresa sociale 

Toscana, se l’amministrazione condivisa esiste solo sulla carta

J'accuse della cooperazione impegnata nei servizi sociali e di welfare. Malgrado le norme regionali promuovano la collaborazione fra pubblica amministrazione e Terzo settore grazie agli istituti della coprogrammazione e coprogettazione, le prassi continuano a ignorare le innovazioni volute dal legislatore

di Alberto Grilli* e Assunta Astorino

Sono più che mai alla ribalta degli operatori della pubblica amministrazione e del non profit gli istituti collaborativi previsti dal Codice del Terzo Settore. L’adozione del Decreto n. 72 del 31 marzo 2021, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, contenente le attese Linee guida sul rapporto tra Pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo settore (Ets) e in particolare sugli strumenti di amministrazione condivisa previsti dal Titolo VII del Codice del Terzo settore (co-programmazione, co-progettazione e accreditamento), ha completato l’iter dal punto di vista normativo, ora si tratta di dar corpo e sostanza alle norme sui territori. Innovative per metodo, perché frutto della collaborazione fra Istituzioni e Terzo settore, e nel contenuto, le Linee guida rappresentano un ulteriore e definitivo passo avanti nel riconoscimento dell’autonoma possibilità di scelta per la Pa di realizzare scopi sociali valorizzando logiche di mercato (con appalti e concessioni) o attuando politiche di amministrazione collaborativa, che ora possono contare sulla presenza di riferimenti concreti sia di principio che procedimentali.

In Toscana (in foto il palazzo della Regione) già nel 2018 – con la Legge regionale n. 58 del 31 ottobre recante “Norme per la cooperazione sociale in Toscana” – si pongono le basi dell’amministrazione condivisa, infatti l’art. 14 – Co-programmazione e co-progettazione recita al comma 1: la Regione, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 55 del d.lgs. 117/2017, favorisce il coinvolgimento delle cooperative sociali e degli altri enti del Terzo settore attraverso gli strumenti della co-programmazione, della co-progettazione e dell'accreditamento. E successivamente – con la Legge regionale 22 luglio 2020, n. 65 recante “Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore toscano” e in particolar modo con il Capo IV Rapporti fra enti del Terzo settore e pubblica amministrazione – si completa l’assetto normativo regionale in materia.

Purtroppo, nonostante una normativa assolutamente all’avanguardia rispetto al livello nazionale, risulta del tutto evidente che in Toscana il cammino per l’interiorizzazione di una riforma che non si gioca solo sul piano tecnico-giuridico, ma soprattutto su quello culturale, politico e relazionale, è ancora molto lungo e complesso. Le cooperative sociali in Toscana continuano a trovarsi ad affrontare un sistema che presenta significative discrepanze nei comportamenti, negli approcci, nonché nelle modalità di affidamento dei servizi da parte delle diverse stazioni appaltanti. Un’inadeguatezza del sistema delle regole concernente non solo le modalità di affidamento dei servizi, ma anche il ruolo assegnato alla cooperazione sociale (gare al “massimo ribasso” o con previsione di formule di aggiudicazione tali da eludere o sminuire la valenza degli elementi qualitativi rispetto al “prezzo" e conferire rilievo decisivo e determinante a quest’ultimo; compressione dei costi declinabile in basi d’asta incapienti che non tengono in debita considerazione i costi orari come da tabelle ministeriali del costo del lavoro; mancato riconoscimento degli incrementi tariffari conseguenti all’adeguamento Istat o al recupero dei costi contrattuali; richieste di cosiddette ‘migliorie’ che anziché incidere sugli aspetti qualitativi producono ribassi surrettizi; ecc. ecc.).

Non esistono certo automatismi e soluzioni preconfezionate per superare insidie ed ostacoli, ma starà anche all’afflato collaborativo – che sta alla base della co-programmazione e della co-progettazione – affrontarli, sistematizzarli e comporre le diverse istanze.

Nella seconda metà del 2020 i settori sociali delle due Centrali Cooperative Confcooperative e Legacoop della Toscana, unitamente alla Rete Umanapersone, hanno avviato un percorso sui temi dell’amministrazione condivisa intraprendendo attività di vario tipo come, ad esempio, la creazione ed implementazione di un database regionale di bandi-avvisi, per consentire nel medio-lungo periodo l’analisi comparata degli stessi, oppure l’emersione e lo studio di criticità e/o best practices a livello locale sulla base di indagini e interviste alle cooperative.

Un primo significativo riscontro si è registrato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.131/2020 che sul territorio regionale ha comportato un timido ma progressivo superamento delle sacche di resistenza rispetto agli istituti della co-programmazione e co-progettazione che si erano consolidate nei mesi precedenti, essenzialmente per il clima di incertezza sollevato dal Consiglio di Stato con il Parere del 20 agosto 2018, n.2052. Quindi, si inizia a riscontare un certo ricorso, anche se per finalità differenti, all’istituto della co-progettazione, attuando procedure spesso molto diversificate le une dalle altre.

Una riflessione che viene da fare di primo acchito – sia sul piano delle esternalizzazioni classiche (appalti e concessioni) che su quello dell’amministrazione condivisa – è che le difficoltà legate all’attuazione della legge regionale sulla cooperazione (LR 58/2018) piuttosto che sul fronte della co-progettazione (LR 65/2020) siano essenzialmente causate dalle resistenze da parte delle pubbliche amministrazioni a riconoscere nelle cooperative sociali soggetti con pari dignità ed essenziali nella realizzazione del welfare integrato territo­riale. Da qui la difficoltà sul fronte della normativa regionale, per quanto ampiamente evoluta nell’ultimo quadriennio, a completare un percorso di qualità con strumenti attuativi come le Linee guida ex art. 12, comma 3, della LR 58/2018 o un regolamento regionale sulla co-progettazione. E a quest’ultimo proposito, anzi, ci tocca stigmatizzare – per la sua portata regionale – la deliberazione del D.G. Estar n. 274/22. Un intervento "amministrativo" sulla co-progettazione dei servizi socio-sanitari che ci pare assolutamente fuori luogo rispetto al ruolo di Estar (l'ente di supporto tecnico-amministrativo regionale) e che pare solo frutto di una logica vetusta di affidamento di servizi, con le tipiche e logore logiche del mercato. Fuori luogo perché il ruolo che dovrebbe esercitare Estar è quello di acquistare beni e servizi per conto delle Pa, fuori contesto perché la deliberazione in questione è completamente avulsa dal concetto teorizzato dalla norma nazionale e dalla conseguente legge regionale sulla co-progettazione. Il testo appare completamente estraneo alle più basilari previsioni giuridiche sull’argomento e sfugge ad ogni ragionevolezza poiché la pratica dell’amministrazione condivisa non può che realizzarsi nei territori, dove gli attori pubblici e quelli del privato sociale, si incontrano per definire le linee strategiche e di azione per i bisogni dei cittadini.

La co-programmazione e la co-progettazione sono destinate a fallire miseramente se ci si ostina a ricondurre la logica dell’amministrazione condivisa a quella degli affidamenti di servizi. Non è bastata – evidentemente – la sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale che ha chiarito senza ambiguità l’alterità dell’amministrazione condivisa rispetto agli affidamenti di servizi; non sono bastate le modifiche al Codice dei contratti pubblici che nel settembre 2020 hanno chiaramente riconosciuto come l’amministrazione condivisa sia governata da logiche estranee al codice degli appalti; non sono bastate le linee guida Anac 17/2022 che indicano chiaramente – al punto 2 – l’amministrazione condivisa come fattispecie esclusa dal Codice dei contratti.

Questa ostinazione è certamente frutto di una ideologia che non riesce a concepire l’esistenza di spazi di azione della Pa che perseguano l’interesse generale della comunità con strumenti estranei a quelli del mercato. Il lavoro da fare, quindi, non è meramente di natura tecnica, per rendere edotte le amministrazioni pubbliche sulle nozioni giuridiche basilari in tema di amministrazione condivisa, ma di natura eminentemente culturale, per diffondere la consapevolezza che non si sta parlando di una nuova tecnica giuridica ma di una diversa concezione del ruolo delle istituzioni e della terzo settore, coerente con il disposto costituzionale (art.118) e dello statuto della Regione Toscana in tema di sussidiarietà orizzontale e sociale (art. 59).


*presidente Confcooperative/Federsolidarietà Toscana
**responsabile Legacoop Toscana-Dipartimento Welfare


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