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Sostenibilità sociale e ambientale

Bologna, la Data Valley alla prova della Csr

Ieri nel capoluogo emiliano, un'interessante tappa del Giro d'italia della corporate social responsibility che condurrà al Salone di ottobre a Milano. Confronto fra varie esperienze di uso di intelligenza artificiale, supercalcolo e big data, che connotano l'area bolognese facendone un importante distretto nazionale. E un gruppo di giovani dipendenti di imprese aderenti a Impronta etica vince l'hackaton sull'economia circolare con un progetto

di Giampaolo Cerri

Il Salone va. Sì, quel Salone, il Salone della responsabilità sociale di impresa e dell’innovazione sociale, che marcia spedito verso la sua 11ma edizione, il 4-5-6 ottobre a Milano, accompagnando l’evento con una serie di presentazioni intermedie, un vero e proprio Giro d’Italia della Csr, che ieri a Bologna ha percorso la sua tappa numero sette.

Questa "gioiosa macchina della sostenibilità" – tanto per parafrasare l’ex leader pidiessino Achille Occhetto tornato, proprio in questi giorni, a parlare di pace e di non violenza – rappresenta un racconto, fresco e originale, della csr italiana, mettendo insieme storie di transizione ecologica, economia circolare, responsabilità d’impresa delle varie aree del Paese, da Nord a Sud. In pratica un mini-road-show delle buone pratiche messo in piedi da Rossella Sobrero con la sua Koinetica insieme a un bel gruppo di realtà promotrici (dalla Bocconi a Sodalitas, dall’Asvis a Unioncamere, dal Global Compact Italia ai Sustainability Makers) tiene desta l’attenzione del mondo imprenditoriale italiano, accademico e di Terzo settore implicato nei temi della sostenibilità, andando a stuzzicarlo in giro per il Bel Paese.

Nel capoluogo emiliano, quelli del Salone hanno scelto di mettere a fuoco lo sviluppo digitale: «C’è stato un po’ di dibattito nel gruppo fondatore», ha ammesso la stessa Sobrero, «fra chi voleva privilegiare, in questa tappa, un tema del genere e chi, viceversa, insisteva sull’impatto sociale». Alla fine è stato digitale ma forse non poteva essere diversamente in un territorio che, grazie alla lungimiranza di qualche amministratore – il visionario Duccio Campagnoli, storico assessore regionale allo Sviluppo economico per tre lustri 1995-2010 – si è trasformato in grande distretto del supercalcolo, fra università (Cineca), ricerca, aziende, enti regionali (cfr. l'immagine sopra, tratta da una presentazione, ndr). Gli emiliani lo chiamano, non senza orgoglio, la Data Valley, aggiungendoci “del bene comune” perché, insomma, siamo nel cuore dell’Italia cooperativa. E infatti la tappa bolognese, era focalizzata, ricordava una nota della vigilia, «sul valore condiviso derivato dalla digitalizzazione sostenibile, con numerosi esempi di realtà virtuose sul territorio emiliano».

La Csr nel distretto digitale

«Innovazione sostenibile e trasformazione digitale sono termini sempre più collegati», ha ripetuto la stessa Sobrero, «perché cresce la consapevolezza che per “abitare il cambiamento” (tema 2023, ndr) è necessario utilizzare tutti gli strumenti che consentono di ridurre i consumi, contenere gli sprechi, facilitare l’inclusione. E la convinzione che investire nel futuro significa trovare soluzioni che nascono anche dal confronto tra i diversi attori del territorio».

Sulla stessa lunghezza d’onda il partner locale, quella “Impronta etica” che raggruppa, sotto il cappello della responsabilità sociale, tutto il bel mondo industriale e cooperativo dell’area: dalla Coesia di Isabella Seràgnoli alla multiutility Hera, da Unipol alle bancarie Bper ed Emilbanca, dagli Aeroporti di Bologna ai big della cooperazione, come Legacoop, Coop Reno, Camst, Alleanza 3.0.

«La Regione Emilia-Romagna sta fortemente lavorando per rendere il proprio territorio più digitale», ha ricordato la presidente di questo rassemblement, Giuseppina Gualtieri, «e, nel farlo, si è deciso di investire su capacità, risorse e competenze diffuse e inclusive supportando uno sviluppo sostenibile che valorizzi gli impatti positivi della digitalizzazione». Con un giusto triplo urrà per il Salone, la cui tappa petroniana, ha ricordato Gualtieri «rappresenta un’importante occasione per imprese, istituzioni e altri stakeholder del territorio per dialogare circa la relazione che intercorre tra sostenibilità, digitalizzazione e territorio». È così è stato: il suggestivo DamsLab di Piazzetta Pier Paolo Pasolini, una delle zone ex-produttive delle città recuperata con un certo pregio, ha visto raccontare belle storie e bei pensieri. Di come cioè la “Valle dei dati” possa lavorare, appunto, per il bene di tutti.

Lo si è capito dagli interventi di persone e realtà economiche diverse. Da quella del gigante assicurativo, Unipol, una delle anime di UnipolSai, che utilizza i dati delle scatole nere di 5 milioni di autovetture assicurate, per fornire agli amministratori locali informazione preziose sulla mobilità sostenibile e sulle sue mille sfaccettature: «In un recente rilevamento pilota in Veneto», ha raccontato Maria Luisa Parmigiani (foto sotto, ndr), responsabile csr e stakeholder management, «abbiamo potuto verificare i dati di sosta, percorrenza, tragitto medio, constatando che già ora il 40% degli automobilisti non avrebbe nessuno problema a passare dall’endotermico all’elettrico».

Oppure Marco Becca, direttore generale dell’International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development – Ifab, fondazione nata da Regione e che ora mette assieme centri pubblici di supercalcolo e big data, cloud e 36 aziende di eccellenza, che dice: «Il valore è chiaro e condiviso: una delle missioni è costruire ponti con le Pmi e fra le scienze dure e le scienze umane e il sociale».

L’incrocio hard e soft sciences lo pratica già, e da tempo, la Fondazione Golinelli, nata negli anni ’80 dalla lungimiranza straordinaria dell’industriale farmaceutico Marino Golinelli: a raccontarlo l’infaticabile direttore generale (nonché vicepresidente), Antonio Danieli (sotto col microfono nel tavolo sul "futuro", ndr) che, sul digitale, ha ricordato l’impegno per l’innovazione e il trasferimento tecnologico, con l’incubatore G-Factor e il varo di 25 start-up, alcune delle quali ancora partecipate. Lavoro che è tutt’uno però quello di educazione e formazione dei bambini e dei giovanissimi e l’altro, grandissimo, sull’arte. «I valori etici sono però fondamentali.», ha avvertito Danieli, «Perché ci interroghiamo sull’idea dello sviluppo sostenibile? Perché è il futuro del nostro Paese, dei nostri figli. L’orizzonte è fatto di innovazione e di solidarietà e questo passa per valori etici e responsabilità».

Ed ecco spiegato perché lo sviluppo digitale c’entri con la responsabilità sociale di impresa.

Fra dibattito e hackton

A chiudere questa bella giornata – caratterizzata anche dai contributi, tra gli altri, di Alessandro Cillario, co-founder di Cubbit, ex-start-up ora vivace società tecnologica che lavora sullo sviluppo del cloud, di Marina Silverii, direttore operativo Art-Er, l’azienda regionale che sostiene innovazione e start, e di Andrea Baldazzini, ricercatore senior di Aiccon; che ha letto, da par suo, lo sviluppo digitale legandolo a quello del territorio, anche la premiazione dell’Hackton for Impact, una delle tante iniziative che cammina su e giù per l’Italia dentro al tour di lancio del Salone. Obiettivo dell’hackaton felsineo: creare soluzioni per aiutare le Pmi a scegliere l’economia circolare.

A Bologna hanno vinto sei giovani donne (foto sotto, ndr), ognuna impiegata in un’azienda aderente a Impronta etica: Anja Piazzini (The Rooom), Chiara Evandri (UnipolSai Assicurazioni), Annamaria Maffei (Camst), Federica Cipriani (Scs Consulting) e Giulia Khosravani (Igd). Pur lavorando in aree non immediatamente connesse ai temi della sostenibilità – dal gestionale alle coperture danni, alla comunicazione – hanno immaginato, fino al dettaglio del business plan, un servizio capace di offrire agli ospiti di certi alberghi un servizio di guardaroba con abiti usati, in modo da consentire ai turisti di viaggiare leggeri, inserendosi in una filiera virtuosa di riciclo e riuso: ReStyle che sta per Rent your stile, ossia noleggia il tuo stile, «Aspettiamo il venture capitalist», hanno detto ridendo al cronista che le intervistava (a breve su VitaPodcast, stay-tuned). E chissà che qualche investitore non si faccia avanti.

Magari la loro start-up eventuale potrebbe finire all'incubatore G-Factor di Golinelli, per un caso di filiera straordinariamente corta e virtuosa.

Prossimo appuntamento col giro d’Italia della sostenibilità a Padova, il 19 aprile.


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