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Riforma non autosufficienza, stiamo imboccando la via sbagliata?

Maria Grazia Breda, Presidente della Fondazione promozione sociale, critica la legge di riforma della non autosufficienza da poco approvata dal Parlamento. Sotto accusa il fatto che gli anziani malati non autosufficienti passeranno dal perimetro di competenza del Servizio sanitario nazionale con i suoi Lea al comparto delle prestazioni di assistenza sociale (con più recenti e meno finanziati Leps) vincolate a parametri socio-economici

di Maria Grazia Breda

Riceviamo da Maria Grazia Breda, Presidente della Fondazione promozione sociale, questo contributo molto critico sulla legge di riforma della non autosufficienza, da poco approvata dal Parlamento. VITA è uno spazio aperto alle idee e al confronto e sta seguendo con attenzione, da tempo, la necessaria riforma dei servizi dedicati alla non autosufficienza: ben vengano il dibattito e il confronto, anche perché solo se questo diventerà un tema centrale del dibattito pubblico sarà anche un tema centrale per l'agenda della politica. Su VITA abbiamo sostenuto la necessità di dare corso a questa riforma, raccogliendo l'urgenza delle famiglie. Abbiamo dato conto dei vari passaggi politici, dall'assenza della riforma nella prima versione del Pnrr all'approvazione della legge delega in Consiglio dei Ministri. Stiamo raccontando cosa cambierà concretamente nella vita delle persone non autosufficienti e dei loro familiari e racconteremo anche delle buone pratiche già esistenti. Continueremo a presidiare questo tema, con tutti quelli che vorranno contribuire. Certamente la legge n. 33/2023 (il 30 marzo è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale) non è una legge perfetta e certamente la fase che inizia ora, quella reativa alla stesura dei decreti attuativi da adottare entro il 31 gennaio 2024, sarà cruciale: questo è un punto di cui tutti hanno ampia consapevolezza. Come cruciale è che il Parlamento e il Governo trovino risorse da mettere sulla riforma, che nasce senza finanziamenti esattamente per la sua collocazione all'interno del Pnrr che non prevede aumenti della spesa corrente: ora però le risorse servono e vanno trovate già dalla prossima legge di bilancio. La riforma, come ogni novità, ha rischi di insuccesso. Quel che ci pare evidente però è che la non autosufficienza sia una condizione che necessita una presa in carico specifica, con una componente sanitaria, una assistenziale, una sociale che dialoghino veramente fra loro, considerate in modo coingiunto. Ancor più evidente ci pare il fatto che la situazione esistente non vada bene e la necessità di cambiamento sia urgente e radicale: non basta cioè mettere più risorse per allargare il permetro dei servizi attuali, se vogliamo fare passi avanti rispetto all'attuale ed insoddisfacente per tutti situazione. Il vero pericolo è che le buone intenzioni e gli obiettivi genericamente condivisibili contenuti nel Disegno di legge restino sulla carta, senza tradursi in interventi nuovi e concreti: miglioriamo la legge con i decreti attuativi, premiamo per trovare le risorse, diamo concretezza al cambiamento, insieme [SDC]


L’approvazione della legge delega in materia di politiche in favore delle persone anziane non è «una svolta storica per il nostro Ssn» nel senso dichiarato a Vita.it da Giuseppe Milanese, presidente di Confcooperative sanità: un provvedimento che «restituisce finalmente dignità ai nostri anziani, riconoscendo loro il diritto ad essere curati nel modo più idoneo». La «svolta», semmai, è di segno opposto, come hanno indicato le 14 associazioni del Coordinamento nazionale per il diritto alla sanità delle persone anziane malate e non autosufficienti: gli anziani malati non autosufficienti non riceveranno cure universalistiche di lunga durata, tanto meno dal Servizio sanitario nazionale, ma prestazioni di assistenza sociale (Leps) vincolate a parametri socio-economici. Il previsto “Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente” (Snaa) sarà collocato nell’ambito delle politiche sociali e al suo interno si programmeranno (articolo 4, punto 2, lettera c. della legge) «in modo integrato i servizi, gli interventi e le prestazioni sanitarie, sociali e assistenziali rivolte alla popolazione anziana non autosufficiente».

Traduciamo in concreto. L’erogazione di tutte le prestazioni di lunga durata per gli anziani malati non autosufficienti – quelle sanitarie comprese – sarà vincolata ad una «valutazione» che terrà conto «dei fabbisogni assistenziali» (Articolo 4, punto 2, lettera l, punto 2). Chi ha dimestichezza con i servizi socio-assistenziali, sa che dietro questa locuzione tecnica si nasconde una selezione dei richiedenti in base all’Isee e a valutazioni dell’intero nucleo familiare. Per cui sarà per esempio penalizzante per il malato avere una famiglia presente e attenta alle sue esigenze, perché sarà per il Snaa un soggetto su cui scaricare oneri di cura che la pratica quotidiana di consulenza a casi individuali ci rivela essere insostenibili per costo e impegno.

Risultato prospettato dalla stessa legge: gli anziani malati cronici non autosufficienti, superata la fase acuta e sub-acuta della malattia (che continua ad essere a carico del Servizio sanitario nazionale), saranno "selezionati" dal settore delle politiche sociali in merito al diritto e alla concreta fruizione non solo delle prestazioni domiciliari di lunga durata, ma anche dei centri diurni e dei ricoveri in strutture residenziali socio-sanitarie, anche per la parte sanitaria di questi servizi. La legge, insomma, intacca il diritto esigibile alla parte prevista dai Lea sanitari e socio-sanitari come diritto soggettivo universalistico, oggi senza valutazione socio-economica per tutti i cittadini.

Si dirà: anche oggi gli anziani malati non autosufficienti finiscono in lista d’attesa e non ricevono la quota sanitaria. È vero, ma accade per regole regionali in contrasto con la normativa vigente (legge 833/1978 e Lea) che sono impugnabili in sede giudiziaria dalle associazioni di tutela e sui quali i singoli casi ottengono ragione senza nemmeno andare in tribunale, semplicemente contestando le valutazioni sociali e i vincoli economici con cui le Asl pretendono di non erogare la quota sanitaria.

Mettiamoci per un attimo nell’ottica di chi ha scritto questa legge emarginante. La selezione degli utenti «a valle» della loro richiesta di prestazioni è necessaria al Snaa per la limitazione delle risorse impegnate. Ma la limitazione è anche «a monte» (fenomeno inconcepibile nel Servizio sanitario nazionale che conguaglia con assestamenti di bilancio il costo di prestazioni non previste erogate): per ben otto volte viene ripetuto nel testo della legge delega che le prestazioni verranno erogate compatibilmente con le risorse disponibili. Per questo, le prestazioni Leps del Snaa non sono diritti esigibili neppure per gli anziani malati «poveri», perché sono comunque condizionati dalle limitate risorse messe preventivamente a bilancio dalle istituzioni. Cristiano Gori ha precisato a Vita.it che di risorse «non ce ne sono».

Ancora più inquietante è la fonte da cui il rappresentante del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza prospetta di prenderle per finanziare il provvedimento: l’indennità di accompagnamento, non più erogata in liquidità al beneficiario, ma inserita (potremmo dire dispersa) all’interno del pacchetto di prestazioni destinato solo ai richiedenti che passeranno la selezione socio-economica. La legge delega prevede esplicitamente la revisione della legge 18/1980, ovvero dell’indennità di accompagnamento: sarebbe una riforma a danno di almeno un milione di malati non autosufficienti che oggi hanno diritto all’indennità «al solo titolo delle minorazione», senz’altro criterio restrittivo.

Allo stato attuale, l’impegno di chi ha a cuore la sanità pubblica universalistica e la tutela di tutti noi, che un giorno vicino o lontano possiamo diventare malati non autosufficienti, andrebbe diretto alla vigilanza sulla scrittura dei decreti attuativi affinché tutelino i diritti già oggi esigibili in sanità (Lea) e nella previdenza (indennità di accompagnamento) e rafforzino le prestazioni domiciliari sanitarie con il riconoscimento di un assegno di cura del Servizio sanitario nazionale.

*Maria Grazia Breda, Presidente della Fondazione promozione sociale onlus /Ets

Foto Pexels


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