Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

L’assenza di un’educazione sessuale è un’ingiustizia sociale

Garantire giustizia sessuale e riproduttiva, dunque, non significa solo garantire i basilari diritti sessuali e riproduttivi, ma anche il diritto alla vita, alla privacy, all’educazione, all’informazione, alla libertà da ogni forma di violenza. Presentato il report di WeWorld “We Care. Atlante della salute sessuale, riproduttiva, materna, infantile e adolescenziale nel mondo”

di Barbara Polidori

Ogni due minuti una donna muore nel mondo per cause risolvibili legate a parto e gravidanza. I rischi sono alti anche per chi decide di interrompere la gravidanza, se si considera che il 45% degli aborti praticati nel mondo non sono sicuri: sono solo due dati sulla prevenzione femminile, che ci restituiscono però quanto la salute e l’educazione sessuale non siano ancora diritti per molte donne, ma preclusi. È quanto emerge nel report “We Care. Atlante della salute sessuale, riproduttiva, materna, infantile e adolescenziale nel mondo”, presentato a Roma presso la nuova sede dell’Aics (Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo) da WeWorld, organizzazione italiana impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, compresa l’Italia. Il dossier è stato realizzato per valutare se la giustizia sessuale e riproduttiva di donne e bambine venga promossa e garantita in Italia e nel mondo, collegando l’accesso a queste tematiche a tutta una serie di altri diritti e libertà fondamentali.

«L’Atlante», ha commentato Martina Albini del centro studi di WeWorld, «racconta cosa significa negare alle donne e alle bambine la giustizia sessuale e riproduttiva, intesa anche come il diritto di prendersi cura e di decidere per sé e per il proprio corpo. Dove non c’è spazio sicuro per cambiarsi un assorbente, per ricevere i controlli fondamentali in gravidanza o per decidere liberamente del proprio corpo, donne e bambine non hanno spazio per autodeterminarsi. In tutti questi casi, negando la giustizia sessuale e riproduttiva, viene di fatto negata la parità di genere».

Garantire giustizia sessuale e riproduttiva, dunque, non significa solo garantire i basilari diritti sessuali e riproduttivi, ma anche il diritto alla vita, alla privacy, all’educazione, all’informazione, alla libertà da ogni forma di violenza. Si tratta, in sostanza, di un veicolo fondamentale per la promozione dei diritti umani e della parità di genere.

L’indagine è stata presentata in un momento simbolico per l’Italia. Grazie a Education Cannot Wait, fondo globale delle Nazioni unite dedicato all’educazione nelle aree di crisi e nelle emergenze prolungate, l’Italia ha appena destinato 2 milioni di euro ai bambini in povertà educativa. «L’educazione è la chiave per avere un futuro di pace e stabilità», ha così commentato in collegamento Yasmine Sherif, Executive Director of Education Cannot Wait, la formazione è in tal senso uno strumento cruciale per contrastare molte disuguaglianze sui diritti femminili.

L’Atlante approfondisce le principali discriminazioni e negazioni di diritti che donne, bambini, bambine e adolescenti devono subire ancora oggi e si compone di 6 sezioni: salute natale, politiche del corpo, violenza di genere, wash e diritti sessuali e riproduttivi, salute mestruale e salute e benessere sessuale.

I dati, le analisi, le buone pratiche raccolte sul campo da WeWorld, unite a interviste a destinatarie degli interventi dell’organizzazione, confermano quanto i diritti sessuali e riproduttivi siano diritti umani e libertà fondamentali e veicoli di promozione di altri diritti umani fondamentali.

«L’educazione è fondamentale per lo sviluppo delle comunità», spiega Dina Taddia, direttrice generale di WeWorld, «In Ucraina ci sono adolescenti che non vanno a scuola e nelle peggiori delle ipotesi le loro giornate consistono nel guardare i soldati spostarsi da un paese all’altro, questo vuol dire escluderli socialmente. Anche l’Afghanistan ci sta dimostrando che in alcuni paesi nascere donna vuol dire essere percepite con un sesso sbagliato, a cui è negato il diritto all’istruzione. Non bisognerebbe mai ricorrere alla clandestinità per andare a scuola».

Molte di quelle bambine che non riescono a studiare, sono destinate al matrimonio precoce: 12 milioni di bambine e ragazze nel mondo si sposano prima dei 18 anni (23 ogni minuto) e si stima che circa 200 milioni di ragazze abbiano subito mutilazioni genitali (Unicef, 2023b)

In questo scenario, le ricerche e i dati emersi dall’indagine WeWorld suggeriscono che l'offerta di programmi di educazione sessuale a bambini, bambine e giovani a scuola può avere un effetto positivo su questioni sociali più ampie, come la parità di genere, i diritti umani e il benessere e la sicurezza delle nuove generazioni.

«Per esempio abbiamo analizzato come il libero accesso a fonti d’acqua sia strettamente connesso al diritto all’educazione», spiega Albini, «Oggi 546 milioni di bambini ancora non possono usufruire di acqua potabile nelle scuole. Per questo motivo vorremmo che ci fosse maggior attenzione per la campagna Wash in Schools di Unicef, che promuove l’igiene nelle scuole e migliora i servizi per tanti bambini in tutto il mondo». L’assenza di acqua complica anche la vivibilità degli ambienti scolastici, si pensi per esempio che nell’Africa Sub-Sahariana, 1 ragazza su 10 non va a scuola quando ha le mestruazioni (Unesco, 2014)

Come raccontato da Martina Albini di WeWorld inoltre, «I Paesi con minor accesso a strutture igenico-sanitarie, sono anche quelli che registrano una minor crescita educativa nei minori. In questi anni ci siamo impegnati molto anche sui progetti di Menstrual hygiene management per agevolare la comprensione di certe tematiche, perché in alcune comunità e culture è ancora molto difficile parlare di violenze, stupri o mutilazioni. Crediamo che l’educazione allora sia una prima porta d’accesso per poter parlare dei diritti nella loro totalità», basti pensare che secondo la ricerca WeWorld, oggi 1 ragazzo su 3 pensa che le mestruazioni debbano essere segrete.

Una reticenza che coinvolge anche altri livelli: 4 donne su 10 impegnate in una relazione nel mondo non utilizzano per esempio alcun metodo contraccettivo (Un, 2022). Inoltre nel 2022, 91 milioni di donne vivono in uno dei 23 paesi in cui l’aborto è proibito in qualsiasi circostanza (Walm, 2022) e il 97% degli aborti non sicuri avviene nei paesi in via di sviluppo (Who, 2021a).

Nel 2024 è in programma la prossima Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo (Icpd). In vista di questo appuntamento, l’Atlante vuole ribadire l’importanza di un’agenda per la giustizia sessuale e riproduttiva come veicolo per mantenere gli impegni presi nel 2019 durante il Summit di Nairobi, al fine non solo di garantire i diritti sessuali e riproduttivi in sé, ma combattere tutte quelle violazioni di altri diritti e libertà fondamentali e disparità sociali, politiche, culturali ed economiche.

«L’Italia ha sempre dato valore primario al supporto multi-laterale tra Paesi, fino a ora credeva però che l’educazione fosse possibile solo in paesi pacificati. Oggi l’approccio italiano in ambito internazionale è cambiato, visto che la situazione è sempre peggio: tramite Ecw abbiamo richiesto fondi per l’educazione per 1 miliardo e mezzo, dal momento esistono ancora 222 milioni di bambini senza istruzione nelle aree di crisi. Nel 2015 erano 75 milioni», così Emanuele Russo di Amnesty International, responsabile della campagna globale di educazione di We World.

«Sono numerose le categorie sociali che continuano a vedersi negato il diritto alla salute e subiscono discriminazioni: le donne, le bambine e i bambini, gli adolescenti, la comunità Lgbtqia+, le persone con disabilità, le popolazioni indigene, le minoranze etniche, i rifugiati. Le persone appartenenti a queste categorie pagano il prezzo più alto, e nelle aree del mondo come l’Africa Sub-Sahariana, l’Asia Centro-meridionale, il Medio Oriente e l’America Latina, spesso caratterizzate da conflitti e disuguaglianze la situazione peggiora drasticamente», spiega Martina Albini del centro studi di WeWorld. Non a caso, nel mondo, solo il 66% delle donne riceve i quattro controlli prenatali consigliati dall’Oms per garantire un corretto monitoraggio dello sviluppo del feto e delle condizioni della donna (Unicef, 2022a) oppure nel mondo 1,7 milioni di bambini e bambine tra 0-14 anni convivono con l’Hiv.

«In Sud Sudan su 12 milioni di abitanti, 3 milioni di bambini non hanno accesso alla scuola primaria, di quale futuro stiamo parlando e possono immaginare?», interviene Don Dante Carraro di Medici con l’Africa Cuamm, «Istruzione, salute ed educazione sono strettamente collegati: nella Repubblica Centro-africana ci sono 1 milione e mezzo di bambini che non ha accesso alla scuola primaria. Un’area dove, se un bambino si fa male, esiste un solo medico ogni 65mila abitanti, o un’ostetrica ogni 10mila mamme che partoriscono. Dobbiamo coniugare il rapporto formativo dell’Italia con l’Africa per poter costruire un futuro insieme e cambiare le cose».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA