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Molinara, come cambiare l’anima delle comunità

Giuseppe Addabbo ha 45 anni e dal 2012 è sindaco di Molinara, piccolo comune del Fortore campano in provincia di Benevento. A lui il compito di restituire alla comunità coesione e "pacificazione sociale" dopo anni di politica in cui esercizio del potere e rapporti sociali deteriorati avevano spento l'entusiasmo della partecipazione democratica. Nel nostro dialogo ci spiega come ci è riuscito

di Gabriella Debora Giorgione

Innovazione sociale, economia civile, progettazioni, cambiamento: con questa rubrica stiamo cercando di capire come e con cosa i sindaci dei piccoli comuni stiano trasformando le loro comunità. Mancava forse un aspetto: la coesione e una certa forma di "pacificazione" sociale. In questa tappa scopriamo quanto siano importanti.

Il borgo di Molinara all'imbrunire è ancora più suggestivo: tutto in pietra, nel silenzio, le luci calde che riempiono i vuoti di una sera a tinta blu indeciso.
Terra di uliveti Ortice, a Molinara, in una delle tante contrade che si chiama "Pezzo lo Cantero", è stata rinvenuta una varietà esclusiva e unica di oliva. Il merito della scoperta è di una Cooperativa Agricola, Terre di Molinara, che in questo pezzo di terra fatto di pianori degradanti con testimonianze di costruzioni primitive e sito di un leggendario Monastero e dell’antica cittadina di Molinara, hanno scovato 40 piante di ulivo che fino a poco tempo fa non avevano nome e che oggi è chiamato “Aulivello di Molinara”, risultato essere una nuova cultivar, unica in tutto il mondo.
Incontriamo il sindaco Giuseppe Addabbo nella Sala del consiglio comunale, in un edificio molto, forse troppo, moderno.

Sindaco Addabbo, lei è famoso per la definizione “énfant prodige”…
Eh, ma ormai sono al terzo mandato. Ho cominciato nel 2012, sono stato rieletto nel 2017 e poi nel 2022. Finalmente stiamo vedendo la rinascita di Molinara.

In che senso?
Quando sono stato eletto ho ereditato un comune molto difficile da gestire sia finanziariamente che moralmente, sotto l’aspetto dei rapporti sociali che erano davvero molto deteriorati. È stata una fase molto complessa, ho dovuto “normalizzare” il paese nella distensione dei rapporti.

Cosa stava accadendo?
C’era una gestione vecchia che operava anche ritorsioni sulle persone che non si sentivano libere, ma mentalmente “assoggettate”. Io mi sono opposto alla “cultura del suddito” ed ho cercato di restaurare un clima disteso. Una piccola comunità è come una famiglia allargata, o si è parenti o si è amici, il rapporto è forte con tutti.

Quindi quando entra la politica…
Vede, la politica non è esercizio di potere, ma dovere, servizio. Ma deve basarsi su cultura, rispetto e senso delle istituzioni. Dove manca la cultura purtroppo la comunità arretra e l’esercizio di potere diventa forte. Gli anni ’80 sono stati proprio un boom: Molinara con il sindaco Pasquale Santoro, persona molto emancipata e democratico cristiano vero, era considerata “la perla del Fortore”, era molto attrattiva. Ma quegli anni ci sono costati un forte indebitamento a causa di una forte spesa pubblica. Negli anni ’90 c’è stato invece il risanamento del Comune, grazie al sindaco Donato Sebastiano, diessino, un periodo che noi chiamiamo “il rinascimento”. Dopo ha vinto il partito di Clemente Mastella, con la sindaca Maria Cirocco ed è stato puro esercizio di potere. Quando sono arrivato, ho dovuto ricominciare daccapo.

In cosa era pesante?
C’era insoddisfazione mista a paura, le persone non si sentivano libere di esprimere la propria opinione. Aspettavano una politica che sapesse interpretare la “rivoluzione gentile”, come l’ho chiamata io riprendendo Niki Vendola. Una rivoluzione dei modi, della istituzione comunale, dei costumi.

Com’è riuscito a ricostruire la fiducia dei molinaresi nella politica?
Con quella che Antonio Gramsci chiamava la “connessione sentimentale”. Nell’ultima campagna elettorale ho sentito davvero forte questa connessione.

Da dove nasce questa sua dedizione alla sua comunità?
Io sono figlio di Cosimo, un agricoltore di Molinara che ha fatto il consigliere comunale di opposizione nelle file del Partito Comunista dal 1970 al 1990. Mio zio, Donato Sebastiano, di cui le parlavo prima, è stato sindaco dal 1992 fino al 2002.

Beh, si direbbe “tanta roba”…
Fin da ragazzo ho amato l’impegno nella politica: mi piaceva ascoltare le discussioni, leggere l’Unità, partecipare alle riunioni in campagna…

In campagna?
Sì sì. Nel periodo estivo, durante la mietitura era una festa, gli agricoltori nell’attesa di mietere si fermavano a discutere di politica, dei problemi del paese…persone con la quinta elementare ma con una forte dirittura morale ed un grande senso delle istituzioni. Sono cresciuto così e forse questo ha influenzato anche la mia scelta di studiare Scienze politiche, di militare in Rifondazione comunista di cui sono stato Segretario provinciale, dopo essermi candidato alle regionali ed avere avuto un bel successo, anche se non eletto. Purtroppo nel 2008 l’esperienza in Rifondazione è finita molto male a seguito del congresso di Chianciano.

Però si apre una pagina nuova…
Io sono sempre stato presente a Molinara, nelle animazioni della parrocchia oppure della compagnia teatrale del paese, nelle feste. Le racconto questo perché io credo che tutto sia politica, a partire da come sei in relazione costante con la tua comunità.

È per questo che l’hanno candidata?
No, non ho aspettato che il mio nome arrivasse dall’alto, ma ho parlato spontaneamente con la mia comunità. Ho cominciato a parlare agli amici dell’ex circolo di Rifondazione e a tutti i giovani di Molinara, tutte persone che volevano, come me, uscire dalla cappa che vivevamo. Andavamo a discutere e progettare nel bosco di Mazzocca, all’aria aperta, oppure in una trattoria a San Giorgio la Molara, un piccolo comune qui vicino.

Ma, alla fine, questa Molinara l’abbiamo cambiata o no?
Credo che sia cambiata l’anima, di questa comunità. E penso che questo non sia poco. Poi ovviamente c’è stato anche un cambiamento sostanziale, come il recupero di tutto il borgo antico. E grazie ad un finanziamento di 5milioni di euro abbiamo attivato una casa di riposo ed una Rsa. E ad oggi abbiamo una vasta zona industriale. Ma dobbiamo ancora continuare.

E c’è anche l’accoglienza della migrazione con il progetto Sai…
Sì, dal 2018, una esperienza che viviamo in maniera entusiasta. Abbiamo sei nuclei familiari, in totale 26 persone con 11 bambini che frequentano le nostre scuole che in questo modo non hanno chiuso. Io e la mia amministrazione abbiamo abbracciato in pieno il senso politico della Rete del Welcome. Il nostro dato delle nascite è tutt’altro che entusiasmante, quindi il nostro futuro passa anche attraverso il percorso di apertura a persone che arrivano da ogni parte del mondo. Come dice Franco Arminio, però, è importante “dare senso” a quello che ci circonda: Molinara, come tanti altri piccoli comuni, emoziona fino alle lacrime per l’abbraccio della piazza, i vicoli, il borgo, il sorriso delle persone, le campagne, gli ulivi, il giorno del Santo patrono quando indossi la fascia tricolore e ti senti unito non solo ai molinaresi che stanno qui, ma anche a tutti quelli emigrati e a quelli che qui sono immigrati.

Ci rimettiamo in viaggio perché sabato 22 aprile incontreremo Oriano Mercante, sindaco di Camerano, provincia di Ancona.


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