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Cooperazione & Relazioni internazionali

Protezione speciale, l’esperto europeo: «Meloni sbaglia, non esiste solo in Italia»

Collaboratore dell'Onu e della Commissione europea, Salvatore Petronella spiega come l’Italia non sia l’unico Paese europeo a prevedere la protezione speciale, sono 14 quelli che offrono ai migranti forme di protezione complementare. Nel nostro Paese, è prevista per cittadini stranieri a cui, pur non essendo riconosciuti né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, non possono essere espulsi o respinti verso uno Stato in cui possono essere vittime di persecuzione

di Salvatore Petronella

Da qualche giorno divampa un dibattito interno sulla protezione speciale, ovvero se si tratta di un’eccezione italiana come indicato da alcune dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni o piuttosto di un’approccio previsto anche in altri paesi dell’Unione Europea. La risposta è semplice: permessi di soggiorno molto simili alla protezione speciale vengono garantiti in molti paesi Unione.

Per la precisione, quattordici come indicato dalla mappatura condotta nel 2019 dallo European migration network – Emn, rete di esperti coordinata dalla Commission Europea e di cui l’Italia è parte attiva. Il numero salirebbe a 60 annoverando tutte le varie tipologie di protezione garantite nei 25 paesi che hanno contribuito allo studio. Nei paesi che offrono questo tipo di permesso lo status ha il nome che aveva in Italia prima dell’abolizione con i cosiddetti “decreti sicurezza”, cioè protezione per ragioni umanitarie. Il gruppo annovera, tra gli altri Belgio, Grecia e Spagna ma anche paesi su posizioni più rigide circa i temi relative ad immigrazione e accoglienza, quali Svezia e Ungheria.

Questa categoria di status nazionali si riferisce a casi in cui lo status di rifugiato o i motivi di protezione sussidiaria non sono applicabili. Questi status coprono una serie di casi umanitari o "compassionevoli", tra cui il divieto di espulsione per il principio di non respingimento, le esigenze sanitarie e mediche, la protezione dei minori, i conflitti e i disordini nel Paese di origine, nonché considerazioni legate al livello di integrazione nel Paese ospitante. In Italia, la protezione speciale mantiene molti punti cardine della precedente normativa. È prevista per cittadini stranieri a cui, pur non essendo riconosciuti né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, vengono tuttavia escluse l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

Secondo quanto riportato dallo studio Emn nella maggior parte dei casi, il contenuto della protezione è simile agli standard minimi stabiliti dal diritto dell'Ue, in particolare per quanto riguarda la durata del permesso di soggiorno, l'accesso all'assistenza sanitaria e ai servizi di integrazione.

È raro invece che gli status di protezione nazionali offrano standard più favorevoli rispetto al diritto comunitario, piuttosto condizioni meno favorevoli rispetto agli status armonizzati dall'Ue possono riguardare la durata (inferiore) dei permessi di soggiorno o restrizioni nell'accesso al mercato del lavoro, all'istruzione, ai servizi di integrazione e alle prestazioni sociali. Infine, in molti casi tali normative sono stati oggetto di dibattito. In Svezia come in l'Italia ad esempio, l'abolizione di tutti gli status di protezione nazionale è stata difesa da esponenti politici che hanno affermato che la protezione internazionale dell'Ue copre tutti i motivi di protezione pertinenti, non senza polemiche da parte della società civile che ne chiede invece l’amplimento per determinate categorie vulnerabili ma non tutelate dalle normative in vigore.

*esperto di politiche migratorie comunitarie e collaboratore di diverse organizzazioni internazionali, tra cui la Commissione Europea, le Nazioni Unite e il Centro Internazionale per lo Sviluppo di Politiche Migratorie.


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