Cooperazione & Relazioni internazionali

Senza migranti non riparte l’Italia

Il demografo Alessandro Rosina, sul canale Instagram di VITA, spiega: «nel 2050 gli over65 saranno cinque milioni in più di oggi. La popolazione giovanile in età attiva diminuirà e quindi peggiorerà la crescita economica. Per ripartire bisogna concentrarsi sulle politiche del lavoro, della famiglia, della conciliazione vita lavoro, dell'occupazione femminile. Politiche che però devono necessariamente essere messe in campo insieme all'integrazione e inclusione vera dei migranti che arrivano nel nostro Paese»

di Anna Spena

Lo scorso anno i beneficiari della protezione speciale in Italia sono stati 10.865. Un numero più alto rispetto a quelli che hanno ottenuto l’asilo politico, 6.161, e la protezione sussidiaria, 6.770. Le domande esaminate per tutte e tre le tipologie di protezione sono state 52.625. Più della metà, il 53%, è stata rigettata. E ora in discussione la possibilità di abolire la protezione speciale, ma a che costo?

C’è una divisione oggettiva nel Paese: chi è a favore dell’immigrazione e chi invece no. Il Governo è evidentemente spostato verso la seconda. E all’osservazione – che prescinde dall’aspetto umanitario – “i migranti ci servono sia essere immessi nel mercato del lavoro e sia perché in Italia c’è un’emergenza della natalità”, la premier Meloni ha ribattuto: non ci servono i migranti perché svilupperemo politiche per piantare sulla natalità e agevoleremo l’occupazione femminile. Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia nella facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Milano, spiega perchè le due questioni non sono legate.

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«In Italia», spiega, «la metà delle donne non lavora e la media dei figli è di 1,24 contro una media di 1,5 degli altri Paesi dell’Unione Europa». Quindi agevolare un flusso migratorio regolare e integrare le persone che arrivano in Italia può garantire una crescita economica e tenere in piedi il sistema di welfare.

«Nel 2050 gli over65 saranno cinque milioni in più di oggi. La popolazione giovanile in età attiva diminuirà e quindi peggiorerà la crescita economica. Per ripartire bisogna concentrarsi sulle politiche del lavoro, della famiglia, della conciliazione vita lavoro, dell'occupazione femminile. Politiche che però devono necessariamente essere messe in campo insieme all'integrazione e inclusione vera dei migranti che arrivano nel nostro Paese e di cui abbiamo bisogno».


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