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Russia: l’ultimo eroe

Il 17 aprile il tribunale russo ha condannato il giornalista e attivista politico, vincitore del premio Vaslav Havel, Vladimir Kara-Mursa, a 25 anni di prigione, per aver diffuso fake news sull’esercito, per aver collaborato con un’organizzazione indesiderata e di alto tradimento. È il primo caso, nella Russia contemporanea, in cui una persona viene condannata ad un periodo di reclusione così lungo per i propri interventi e per la propria attività in difesa dei diritti umani, equiparandola ad attività terroristica

di Alexander Bayanov

La mia figlia minore, al liceo, sta studiando l’Odissea. Riflettevo su quanto oggi nella nostra società contemporanea “senza volto” manchi questo archetipo. Lo studioso americano Joseph Campbell sosteneva che tutte le storie e tutti i miti di tutti i popoli seguono uno stesso percorso. Chiamava la propria ricerca “Il cammino dell’eroe”, e in esso dimostrava in modo convincente che tutti gli eroi mitici dell’umanità percorrono lo stesso cammino, a prescindere dal tempo e dalla cultura cui appartengono, formando così un “monomito”.

Stupisce il fatto che, se si osservano attentamente le circostanze e gli avvenimenti, questo cammino dell’eroe continua anche oggi, diventando dunque parte di questo unico mito.

Il 17 aprile il tribunale russo ha condannato giornalista e attivista politico, vincitore del premio Vaslav Havel, Vladimir Kara-Mursa, a 25 anni di prigione, riconoscendolo colpevole di aver diffuso delle fake sull’esercito, di aver collaborato con un’organizzazione indesiderata e di alto tradimento.

Tutte le accuse sono totalmente inventate, si fondano su alcuni interventi fatti negli Stati Uniti e in Europa sui crimini commessi dall’esercito russo verso la popolazione civile in Ucraina, sulla collaborazione con il fondo Free Russia Foundation, e sui suoi interventi in difesa dei prigionieri politici in Russia. È il primo caso, nella Russia contemporanea, in cui una persona viene condannata ad un periodo di reclusione così lungo per i propri interventi e per la propria attività in difesa dei diritti umani, equiparandola ad un terrorista.

Nel suo intervento conclusivo al processo, Kara-Mursa ha detto: “Durante la sua arringa, il pubblico ministero mi ha ricordato che una delle circostanze attenuanti è il ‘pentimento per le proprie azioni’. Anche se c’è poco di divertente intorno a me ora, non sono riuscito a trattenere un sorriso. Sono i delinquenti che devono pentirsi delle proprie azioni. Io sono in prigione per le mie opinioni politiche. Per i miei interventi contro la guerra in Ucraina. Per la mia lotta pluriennale contro la dittatura di Putin, contro i violatori dei diritti umani. Non solo non mi pento di nulla di tutto questo: ne sono orgoglioso. Nell’intervento conclusivo si chiede di solito l’assoluzione. Per una persona che non ha commesso crimini, l’assoluzione dovrebbe essere l’unica conclusione. Ma non chiedo nulla a questo tribunale. So che sarò condannato, ma so anche che verrà il giorno in cui l’oscurità che avvolge il nostro paese si disperderà. In cui si potrà chiamare nero il nero, bianco il bianco. In cui anche a livello ufficiale si riconoscerà che due per due fa comunque quattro, in cui la guerra verrà chiamata guerra, e l’usurpatore usurpatore. In cui si riconoscerà che i criminali sono quelli che hanno scatenato questa guerra e non quelli che hanno cercato di fermarla. Quel giorno verrà, così come la primavera viene dopo anche il più gelido degli inverni. E allora la nostra società aprirà gli occhi e si renderà conto dei terribili crimini compiuti in suo nome. Da questa presa di coscienza comincerà un lungo e difficile cammino, fondamentale per ciascuno di noi, un cammino di risanamento e di guarigione della Russia, il suo ritorno nella comunità dei paesi civilizzati”.

Il coraggio con cui Vladimir ha lanciato la propria sfida al regime criminale che ha preso il potere in Russia non solo suscita rispetto, ma mostra anche la grandezza dell’animo umano, che riesce in una situazione estrema a ritrovare il proprio volto.

Rifiutando di considerare la propria sicurezza, sfida il male. Ci sembra che le tenebre in Russia si facciano più fitte, che con il silenzioso assenso del popolo si stiano commettendo crimini inauditi dai tempi delle repressioni staliniani, ma non è così. Una parte della società è ancora in grado di reagire ai dolorosi colpi del potere.

Due giorni prima della condanna di Vladimir Kara-Mursa, il solista del noto gruppo punk-rock Naiv, Aleksandr Ivanov, durante un concerto a Mosca, si è presentato sul palco con una maglietta con la scritta Masha Moskaleva. Ha raccontato al pubblico le persecuzioni subite da questa famiglia: Il padre di Masha, Aleksej Moskalev, è stato condannato a due anni di detenzione, e Masha è stata messa in orfanotrofio per aver disegnato, durante l’ora di arte, un disegno contro la guerra in Ucraina.

“Amici, approfitto dell’occasione: non posso far finta di niente, ho cercato di non pensarci, ma non ci sono riuscito. Quello che è successo a Masha Moskaleva non mi esce dalla testa. Forse perché mia figlia è sua coetanea, ha 14 anni e Masha 13. Amici, vi chiedo questo: cercate su Google, saprete ciò che è accaduto, resterete inorriditi da ciò che è successo a lei e alla sua famiglia per un disegno fatto durante una lezione a scuola” ha detto il cantante.

La sala ha accolto le parole di Ivanov applaudendo, e scandendo “Fanculo la guerra!”

È probabile che Aleksandr Ivanov fosse cosciente che sarebbe stato l’ultimo concerto del suo gruppo. E infatti il concerto successivo è stato annullato, probabilmente le autorità impediranno altri concerti.

E sorge questa domanda: che cosa spinge un uomo a mettere in gioco tutto, a volte anche la propria vita? Forse solo ciò che il cristianesimo chiama “cuore”. Il cuore non può tacere, non può rassegnarsi ad essere ridotto.

E come ha detto Vladimir Kara-Mursa, verrà il giorno in cui le tenebre che incombono sul nostro Paese si dissiperanno. Le tenebre si dissiperanno sul cammino dell’eroe, che comincia con il mito di Prometeo e continua fino alla leggenda di Danko di Maksim Gorkij, in cui l’eroe si strappa il cuore affinché l'oscurità scompaia e la luce mostri la strada ai derelitti che lo seguono.

(traduzione di Simonetta Ferrario)

Foto da Twitter @vkaramurza


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