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Famiglia & Minori

Così siamo diventati genitori di due sorelle adolescenti

Con il sostegno dell'associazione Kairòs i coniugi emiliani Raffaele Landuzzi e Barbara Vitali con l'affido hanno accolto in famiglia due sorelle di 15 e 17 anni. Le stanno accompagnando in un percorso di crescita, che sta permettendo loro di progettare un futuro migliore

di Veronica Rossi

«Quando si affronta un affido bisogna avere una grande consapevolezza: si sta facendo un servizio, è un impegno verso l’altro. Non si può intraprendere questo percorso per colmare la mancanza di un figlio». A parlare così sono i coniugi Raffaele Landuzzi e Barbara Vitali, a Bologna genitori affidatari di due ragazze di 15 e 17 anni, arrivate con la mediazione di Kairòs, un'associazione specializzata nel dare una famiglia a ragazzi comunemente considerati "troppo difficili" per l'affido. Non è la prima volta che la coppia affronta questa esperienza: per sei anni ha accolto un altro minore, che poi è stato ricollocato in casa famiglia perché aveva bisogni molto grandi, che necessitavano un supporto uno a uno.

«Come spesso accade, siamo partiti dalla consapevolezza di non poter avere figli», racconta Landuzzi. «Così abbiamo iniziato un percorso per l’adozione. Quando stavamo per ritirare l’idoneità, mia moglie ha ricevuto una mail di Kairòs che la invitava ad un incontro conoscitivo sull’affido. Ci siamo andati e – un po’ per una propensione al servizio, un po’ perché non volevamo che i bambini “perdessero” le loro origini – abbiamo scoperto di essere più adatti a questo tipo di proposta».

Dopo una formazione di un anno, è arrivato il primo nome: un ragazzo di Empoli, entrato poi in famiglia nel 2016. «Nel 2021, dopo il lockdown, c’è stata una caduta nel percorso educativo di questo adolescente, legata anche alla relazione con il padre», spiega l’uomo. «Il ragazzino è rientrato in comunità perché manifestava una serie di problematiche per cui una famiglia che lavorava non bastava più per lui, serviva che venisse seguito più da vicino, in un rapporto uno a uno». Un percorso di questo tipo mette alla prova la tenuta di una coppia. «Avrebbe potuto distruggere il nostro matrimonio», dicono infatti i due, «invece ci ha resi più uniti, rafforzando moltissimo il nostro rapporto coniugale».

Dopo qualche mese, Landuzzi e Vitali hanno deciso di rimettersi al gioco e si sono resi disponibili a un nuovo affido. Inizialmente, avrebbero dovuto accogliere solo la più grande di due sorelle ma poi, in seguito alla rinuncia di un’altra famiglia, si sono offerti di prendere entrambe le ragazze con loro. «In questo caso la richiesta di un percorso di affido è arrivata dalla speranza di avere un futuro migliore», dice Landuzzi. «La maggiore si era trovata a sopperire l’assenza dei genitori ed entrare nella famiglia per lei è stato un sollievo; si tratta di una scelta più matura. Sta andando molto bene: i nostri vicini dicono che mentre all'inizio ci sentivano anche gridare ora ci sentono ridere tantissimo, ed è una cosa bellissima. Questa esperienza ci sta portando grande gioia». La sorella più grande, dopo la maturità, vorrebbe continuare gli studi, in un istituto tecnico superiore o all’università. La piccola deve ancora uscire dal suo guscio, ma sta facendo un percorso educativo che le permetta di esprimersi al meglio e di aumentare la sua socialità.

«La figura del tutor, che viene a casa, le incontra, le porta anche fuori a mangiare, chiacchiera con loro, è fondamentale», dicono infatti i due affidatari. «Sono degli “angeli custodi”, che aiutano sia noi sia le ragazze». Queste figure, disponibili 24 ore su 24, costituiscono un supporto e una guida durante tutto il percorso di affido. A chi dovesse decidere di dare disponibilità per l'affido, Landuzzi e Vitali consigliano di informarsi e prepararsi bene: si tratta di un grande impegno, che richiede determinazione e consapevolezza. «Conoscere la storia del minore è importante, per capire davvero a cosa si andrà incontro», dice l’uomo. «Così ci si rende anche conto se si è in grado o no di gestire la situazione con le competenze e le risorse che si hanno e si realizza la necessità di fare dei corsi di formazione».

Anche avere una buona rete di famiglie che possano essere d’aiuto nei momenti in cui si ha bisogno di decantare le esperienze è fondamentale. E bisogna essere disposti a versare qualche lacrima alla fine del percorso. «Certo che lasciare andare le ragazze sarà un dolore», conclude infatti Landuzzi, «l’abbiamo già sperimentato. I pensieri, però, come vengono se ne vanno, perché torniamo sul nostro cammino: abbiamo piena consapevolezza del nostro ruolo e del nostro impegno».


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