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Sanità & Ricerca

Ancora una volta, un cavallo apre le porte della salute mentale

Sabato 13 maggio terminerà a Trieste il suo cammino Esso, un equino persano che sta attraversando la Penisola, facendo tappa nei servizi e nelle comunità terapeutiche, per sensibilizzare la società civile sul disagio psichico e l'inclusione

di Veronica Rossi

Cinquant’anni fa un grande cavallo di cartapesta, Marco Cavallo, ha sfondato le porte del manicomio di San Giovanni, a Trieste, per riportare i «matti» nella società. Da allora, questo animale è il simbolo della lotta per i diritti e per la salute mentale. Sabato 13 maggio, in occasione del quarantacinquesimo anniversario della Legge 180, nel capoluogo giuliano terminerà il suo viaggio – in un simbolico incontro con il suo predecessore e ispiratore – un altro cavallo. Si tratta di Esso, un persano – questa la razza dell’equino – che ha attraversato l’Italia in solitaria, dalla Campania al Friuli Venezia Giulia, facendo tappa nei centri di salute mentale e nelle comunità terapeutiche di tutta la Penisola. Il progetto, ideato e sviluppato dall’associazione non profit European culture sport organization – Ecos e dalla Fondazione Terzo pilastro, cofinanziatrice del progetto, assieme alla Fondazione Real sito di Carditello e Rai per la sostenibillità, punta a stimolare la partecipazione della società civile agli interventi complementari alla psichiatria.

Promotore dell’iniziativa è il medico Santo Rullo, famoso per l’utilizzo dello sport nei trattamenti riabilitativi per i disagi psichici e presidente della Società italiana di psichiatria sociale, disciplina che si occupa delle determinanti sociali del disturbo psichico, non ultima la solitudine, a cui hanno contribuito l’isolamento dovuto alla pandemia prima, la crisi economica e la guerra poi. «Se cause sociali possono aumentare le problematiche legate al disagio mentale», dice Rullo, «allo stesso modo possono anche attivare dei fattori di protezione; la solitudine aumenta il rischio di patologia, mentre l’inclusione è un elemento fondamentale, che fa parte della cura». E anche a questo serve il «Viaggo del persano», a ricordare a tutti, alla società civile in particolare, che una parte della riabilitazione deve essere condivisa con la cittadinanza. Tra i luoghi storici attraversati dal cavallo, anche il Campidoglio e Assisi; al suo arrivo, è stato salutato dalla cittadinanza e dalle autorità e ha portato all’attenzione temi importantissimi. «Si è parlato delle comunità terapeutiche, che non dovrebbero essere luoghi chiusi, ma aperti alla cittadinanza», afferma lo psichiatra. «Ragionare sulla salute mentale, sull’inclusione e sulla cura è fondamentale in un momento storico in cui le risorse, in questo settore, scarseggiano».

Esso, il cavallo persano, vuole però ribadire con forza lo slogan reso famoso dall’Organizzazione mondiale della sanità – Oms: «Non c’è salute senza salute mentale». «Non si può lasciare una persona con forti disturbi mentali sola, chiusa in una stanza», continua Rullo, «Bisogna alimentare dei servizi che negli ultimi dieci anni si sono fortemente depauperati; le Regioni, coi piani di rientro economico non hanno potuto nemmeno sostituire chi andava in pensione. Bisognerebbe riprendere in mano gli atti istitutivi dei Centri di salute mentale – Csm e adattare l’organico alla legge, tornando almeno alla situazione che c’era 20 anni fa». Ma, in realtà, rispetto al passato, servirebbero ancora più risorse. «Ci siamo ritrovati con un aumento evidente dei disagi psichici», aggiunge infatti il medico, «c’è un problema molto importante di salute mentale in età evolutiva, ci sono tante più difficoltà di socializzazione nei giovani legate alle nuove tecnologie. Pensiamo per esempio al fenomeno degli hikikomori, ragazzi che si chiudono in casa e comunicano con l’esterno solo attraverso strumenti informatici». La maggior parte dei disturbi può essere curata attraverso un approccio integrato, che non dimentichi medicinali e terapia, ma che comprenda anche tutta quell’attività sociale necessaria a dare vita a un vero percorso di inclusione. «Servono degli interventi complementari, che non significa che siano sostitutivi a quelli psicologici e farmacologici», conclude il medico. «Per esempio, portiamo avanti l’idea che lo sport sia un’importante fattore di protezione rispetto alla salute mentale; sono anche convinto, poi, che far lavorare una persona, farla sentire utile alla società, possa essere rilevante in un cammino di cura».

Foto in apertura da Pixabay


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